C’era una volta un momento in cui si aspettava con ansia l’uscita di un episodio di True Detective per leggere la recensione, scoprire elementi che non si erano notati, confrontare le rispettive opinioni e, fondamentalmente, approfondire il momento post-visione che rappresentava un momento catartico. Rappresentava.
In retrospettiva non si dice che sarebbe stato meglio non avere una nuova showrunner ma sicuramente non c’era il bisogno di presentare questa storia sotto l’egida “True Detective“. Non ce n’era il bisogno perchè la profondità della trama, dei personaggi e l’indagine nel suo insieme facevano discutere per tutta la settimana tra una puntata e l’altra da quanto complesse ma interessanti erano. E questo è un qualcosa che lo spettatore amava e a cui si era abituato, elemento fondante che motiva la recensione negativa di questo season finale perchè in retrospettiva, a parte delle protagoniste abbastanza tridimensionali ma mai veramente approfondite, sono così tante le trame aperte e mai chiuse che nell’insieme l’insoddisfazione regna sovrana.
Il tutto senza nemmeno considerare il bassissimo realismo del caso in sè.
IL CASO ISSA LÓPEZ
Nic Pizzolatto, creatore della serie e penna dietro le precedenti tre stagioni, pur essendo accreditato come produttore esecutivo non ha avuto alcun tipo di impatto nella realizzazione di questa quarta stagione, venendo praticamente estromesso anche per scelte personali. Fa specie però leggere i suoi commenti (antecedenti questo finale) circa la gestione di Issa López con delle piccate risposte su Instagram che ora sono state cancellate, risposte che però Internet non ha dimenticato.
Tralasciando la neanche tanto velata critica di Pizzolatto e l’amaro in bocca che lascia visto che questo genere di dissapori non dovrebbero essere lasciati trapelare perchè danneggiano sia chi li fa che chi li subisce, non si può negare che l’opinione, maggiorata dalla visione di questo finale, sia piuttosto negativa e che sia dovuta principalmente a Isaa López e anche ai vertici HBO che l’hanno scelta nonostante un curriculum non proprio illustre (Efectos Secundarios, Tiger Are Not Afraid) e votato al crime. HBO che proprio mentre si scrivono queste righe, forte degli ascolti racimolati dalla 4° stagione, ha appena rinnovato la serie per una 5° annata tenendo saldissima al timone proprio la López, in faccia a tutti i detrattori.
UN BUCO NELL’ACQUA NEL GHIACCIO
Con a disposizione 1 ora e 15 minuti di questo season finale, ci si aspettava che tutti (o almeno una buona parte) delle trame e sottotrame aperte venissero chiuse o spiegate, ed invece la stragrande maggioranza è stata ampiamente ignorata oppure risolta a vino e tarallucci. Verrebbe infatti da pensare che il collegamento sganciato nella seconda puntata circa la famiglia Tuttle, e poi con la confermata conoscenza dei genitori di Rust Cohle nella terza, venissero espansi invece di essere completamente dimenticati per lasciar spazio ad una spirale creata con la buccia d’arancia. Errore dello spettatore.
Lo stesso si potrebbe dire circa la relazione tra Danvers e il suo capo Ted Connelly, lasciata completamente naufragare. Se si vuole far naugragare maggiormente questo finale, allora si può far mente locale ripensando al collegamento mostrato nella scorsa puntata in cui Kate McKitterick ha sostanzialmente commissionato l’omicidio di Otis Heiss a Hank Prior. Momento clou che, a parte aver creato un hype improvviso ed un interesse crescente per questo finale, è poi finito completamente nel dimenticatoio perchè, in fin dei conti, non c’è nessun bisogno di giustificare cose e fatti se si getta fuma in faccia allo spettatore.
“All those years. All that potential to do so much good, she just obliterated it.“
Passando invece alla trama principale, il ritrovamento iniziale Raymond Clark e la sua cattura (seguita poi dal suo omicidio/suicidio) permette di gettare luce sulle condizioni che hanno portato alla morte di Annie K, morte che però sembra fin troppo esagerata con gli scenziati della stazione Tsalal che diventano improvvisamente efferati assassini che non si fanno problemi ad accoltellare la donna come un branco di animali. E se si presta attenzione si noterà come nella scena ci siano addirittura un paio di scienziati che, “arrivati tardi al party”, non solo si affrettano a correre in direzione di Annie per pugnalarla ulteriormente, ma non si pongono nemmeno il minimo dubbio circa le possibili conseguenze. Totalmente animalesco.
E sempre parlando di brutalità che non si può trovare in natura ma solo nell’uomo, va poi discussa la gigantesca lacuna della rivelazione finale che vede il linciaggio collettivo dei ricercatori da parte di una ventina di donne indigene e donne delle pulizie della Tsalal che all’improvviso, senza lasciar alcun tipo di traccia perchè sono delle killer professioniste e perchè la polizia è al solito volutamente cieca a qualsiasi tipo di indizio, hanno deciso di farsi giustizia da sole. Il sarcasmo del commento dovrebbe essere chiaro a tutti, la motivazione dietro la scrittura di questa scena invece è da chiedere direttamente a Issa López.
IL FINALE
Dulcis in fundo è poi doveroso parlare del finale: aperto, buonista e con un salto temporale tanto non necessario quanto fastidioso. Se la scelta di non dare spiegazioni chiare circa la scelta di Evangeline Navarro può essere apprezzabile perchè lascia libera interpretazione allo spettatore se credere al suo suicidio vista la morte della sorella o ad una fuga in un luogo remoto e distante da ogni forma di tracciamento, dall’altro il salto temporale con tanto di “e vissero tutti felici e contenti” è in piena controtendenza con quello che ci si aspettava.
Oggettivamente, assistere a zero conseguenze per Danvers e Prior Jr. sembra un po’ troppo banale ma banale è anche il modo in cui López ha chiuso la stagione, quindi almeno in questo c’è un po’ di coerenza.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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True Detective: Night Country si chiude con una delusione generale abbinata alla notizia di un rinnovo che non è poi così gradito. Ancora scottati dalla visione e dalla chiusura superficiale di questo finale, è probabile che molti spettatori non si avvicineranno più alla quinta versione dello show, ma questo lo potrà dire solo il tempo. Rimane comunque il bisogno di un netto miglioramento e soprattutto più coerenza narrativa.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.