Per chi scrive questa recensione, la visione del finale di Vikings: Valhalla è coincisa con la lettura del libro “L’Arte del Riassunto” di Filippo La Porta edito Treccani.
Così, mentre scorrevano i titoli di coda di “Destinies”, non è stato difficile ricordare questo preciso passo: “La cultura attuale sembra oscillare tra citazione e riassunto, tra pillole ed estratti, proprio perché deve adattarsi a un’epoca in cui nessuno può perdere tempo. […] L’intero, la struttura, la durata, la coerenza interna sembrano ormai vecchiumi da mettere in soffitta: all’enfasi del frammento corrisponde, nella narrativa, il fenomeno della sparizione dei finali – le serie televisive spesso finiscono quando finiscono i soldi del produttore o (se ci sono) i finali sembrano deludenti agli stessi fan“.
Una descrizione che ben si presta a questo series finale velocizzato all’estremo e, per questo, contenitore di contenuti abbastanza vacui.
GUERRA DI SUCCESSIONE
Mentre in questi ultimi episodi si assiste alla salita in cattedra di due esaltati (da un lato Eric Thorvaldson, dall’altro Magnus), a tenere alto lo spirito dello show ci pensa la figura di re Canuto.
Come già sottolineato negli scorsi episodi, il personaggio di Canuto è sempre stato uno dei più dinamici e interessanti dell’intera serie. A dimostrarlo ulteriormente arrivano anche i suoi ultimi momenti in vita, che hanno regalato un vero e proprio show nella sala del trono di Kattegat.
La decisione del suo successore potrebbe sorprendere, in realtà rispecchia pienamente questo personaggio. Mai banale o scontato, Canuto non si è mai piegato all’ovvietà, e la scelta di Emma come prossima regina d’Inghilterra conferma ulteriormente la caratterizzazione consistente del suo personaggio.
Una decisione che, ovviamente, come Godwin già inizia a sussurrare, non rimarrà legge alla sua morte scatenando svariati ribaltamenti di fronte.
Ma a parte Canuto, in questo episodio emerge anche un altro character degno del nome di re. In parallelo alle parole di Leif che parla di forza fisica e intelligenza come valori primari nella figura di un re, Harald dimostra entrambi durante la sua fuga da Costantinopoli. In questo caso, l’unico punto a sfavore è, come già sottolineato in precedenza, una storia velocizzata e dunque priva di profondità.
DESTINI GIÀ SCRITTI
E alla fine, tutto quello che ci si aspettava (e temeva) si è realizzato. Con una lungaggine che si trascinava dalla scorsa stagione, Vikings: Valhalla ha sprecato tutto il tempo per poi chiudere le storyline in un unico episodio.
A livello di storia il finale funziona anche, con tutti i personaggi lasciati a quello che è sempre stato il loro destino, ma è dal punto di vista di costruzione narrativa che non funziona.
Anche sul finale sono Canuto ed Emma i personaggi ad essere meglio gestiti. Gli ultimi momenti del re vengono messi in scena con profondità e fragilità, dando modo di mostrare un buon lavoro dal punto di vista della caratterizzazione. Elemento ben sviluppato anche per Emma, già nelle ultime scene pronta a tutto pur di mantenere il trono mettendo a segno un primo splendido punto contro Godwin.
Tutto il resto invece? Qui la situazione peggiora. Diverse circostanze vengono chiuse in maniera raffazzonata: dalla morte di Svein e sua madre, fatti fuori per lasciare libera Kattegat, alla fine di Magnus. Soprattutto per quest’ultimo, che sembrava il nuovo “villain” di stagione, la risoluzione è stata così immediata e senza una reale conseguenza da non lasciare nessuna soddisfazione nello spettatore.
Di pari passo vanno le storyline del trio protagonista. Fredyis e Leif lasciano la Norvegia per cercare la loro terra promessa, mentre Harald ha giusto il tempo di sedersi sull’ambito trono e terminare l’episodio. Una conclusione che risulta insipida, con reunion effimere e una consistenza che è mancata in tutto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Nessuno si aspettava il livello della serie madre Vikings, ma l’inizio di questo show aveva comunque attirato l’interesse dello spettatore. Con tre stagioni a disposizione si poteva gestire decisamente meglio il tutto, ma gli autori hanno avuto fretta. É proprio vero che non si riescono più a creare i finali.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.