“Oh, it was on the internet. You told lies. Lies leave trails. 15 minutes, that’s all it took, once the thought occurred. You’re not clever. I just wasn’t looking. I mean…what were you thinking? That you were gonna fuck a confession out of me? Hit me over the head, tip me overboard?”
Il thriller di casa BritBox confeziona l’episodio della svolta, del cambiamento e del tanto atteso passo avanti di cui la serie aveva necessità per allontanarsi da un attendismo, e da uno studio dell’avversario, che stava diventando oltremodo snervante.
Dopo essere riuscita, progressivamente, ad accaparrarsi la fiducia della famiglia Rattery, Frances si ritrova ad imbastire il proprio piano per far confessare ed uccidere George. Un piano decisamente semplice che prevede, unitamente all’uscita in barca di loro due in solitudine, un increscioso incidente che coinvolgesse George e lo scaraventasse in mare privo di coscienza. Un piano semplice, sì, ma funzionale e ben architettato.
IL PRIMO COLPO DI SCENA
Ma, e qui The Beast Must Die presenta il primo colpo di scena dopo tre puntate di immobilismo, George ha fatto ricerche su Frances e sa benissimo chi è, oltre a conoscere il motivo della sua presenza a villa Rattery e su quella barca. Lei sospetta di lui; lui, dal canto suo, conosce benissimo le carte in tavola e sfrutta la solitudine per mettere all’angolo Frances intimandole di allontanarsi dalla famiglia.
Durante il violento scontro verbale tra i due, tramutatosi ben presto in un monologo di Jared Harris, George non si trattiene e più di una volta addossa buona parte della colpa dell’incidente a Frances, incapace di tenere d’occhio il proprio figlio.
Un’accusa che sembra trovare terreno fertile considerato il vistoso silenzio con cui Frances accoglie l’attacco. Ma è anche un’accusa che scalfisce nel profondo la donna che, probabilmente, realizzando l’impossibilità di scoprire la verità dei fatti, tenta il suicidio lasciandosi affogare in mare aperto. L’ironia della sorte è che, parallelamente all’indagine privata di Frances, l’ispettore Strangeways sta lentamente stringendo il cerchio delle ricerche riuscendo a trovare l’automobile-arma del delitto (Mr Mercedes docet) per poter incastrare George.
“Maybe I wasn’t there. Maybe it was someone else and all this is because you, perhaps understandably, are fucking insane! You’ve got nothing! The police have nothing! And believe me, if they ever do decide to knock the scabs off this thing, it’ll be Lena, mm, not me, who pays the price. Now take us back. If you think a dodgy shoulder means that I can’t hurt you… I could beat you so you’d crawl off this yacht in a trail of your own fucking slime. I’m angry enough. Now take us back.”
IL SECONDO COLPO DI SCENA
Ma è proprio a questo punto, mentre l’uomo informa i restanti membri della famiglia del doppiogioco di Frances (semplicemente descritta come una donna in cerca di soldi), che lo show inserisce il secondo colpo di scena che, a ridosso del finale, rimescola tutte le carte in tavola e rende ancora più avvincente la visione del quinto ed ultimo episodio. Nigel entra a villa Rattery per arrestarlo, ma l’uomo si trova sdraiato sul divano, con gli occhi sbarrati, vacui e fissi nel vuoto, privo di vita.
Una morte attesa quella di George, sicuramente, ma che lo spettatore si aspettava sopraggiungesse in altri modi ed in altro luogo, non tra le sicure mura domestiche.
Eppure, come ben descritto nei precedenti episodi, la famiglia Rattery si porta appresso una sequela infinita di segreti, inimicizie, antipatie e verità nascoste. A questo punto della narrazione, infatti, il colpevole dell’omicidio di George (sempre che si tratti di una persona sola) potrebbe essere chiunque: Violet, la moglie, ha più di un motivo considerata la vita parallela del marito e le storie d’amore che sembra aver sempre accettato con riserva e mascherando il proprio dolore; Lena, colpevole di aver tradito la fiducia della sorella andando a letto con George, e seconda persona coinvolta nell’incidente del figlio di Frances; Phil, il figlio che George raramente ha dimostrato d’amare e che con i suoi scatti d’ira potrebbe aver compiuto un insano gesto di vendetta.
Un colpo di scena che riscrive la serie e che proietta lo spettatore in un’ultima ora intensa, facilmente devoluta alla risoluzione del caso. Nulla da dire, quindi, se non un semplice: chapeau.
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Che episodio. Tutto sommato sembra quasi esserne valsa la pena aver occupato quattro ore della propria vita per seguire questo show.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.