The Girls On The Bus 1×01 – PilotTEMPO DI LETTURA 3 min

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The Girls On The Bus 1x01 recensioneChe la politica mondiale stia attraversando l’ennesima preoccupante crisi non è certo una novità. Dall’est all’Europa, fino all’America, la situazione non è certo delle più floride. In questa confusione generale, per avere una visione più chiara di tali dinamiche, sarebbe utile avvalersi di un buon giornalismo politico.
Forse sulla scia di questa convinzione, arriva oltreoceano su Max (ancora non si hanno notizie di distribuzioni italiane) il nuovo political drama The Girls On The Bus. Un prodotto ambientato in un contesto politico, ma che non vuole di certo salvare la politica o il giornalismo mondiale data la sua essenza prettamente più comica.

“[…] But as any political journalist can tell you, these days, the truth is whatever you want to believe.”

L’ISPIRAZIONE OLTRE LA SERIE


Seguendo la caratteristica principale della politica, The Girls On The Bus ha affrontato un percorso prettamente instabile. Pensata e poi abbandonata sin dal 2019 per Netflix, la serie è prima passata dalla The CW per poi stabilirsi solo nel 2022 su HBO Max. Tuttavia, la storia dietro questo political drama ha radici più solide. La serie è infatti basata sul libro della giornalista Amy Chozick, “Chasing Hilary, in cui la scrittrice racconta la vita politica di Hilary Clinton durante i suoi tentativi di arrivare alla Casa Bianca in qualità di Presidente. Una storia che l’ha vista per dieci anni da un lato seguire le campagne elettorali della Clinton, dall’altro perseguire la sua carriera di giornalista.
Data la caratterizzazione fortemente personale del libro, quindi, l’opera non si sofferma esclusivamente sulla politica, bensì assume contorni più intimi. Sia raccontando aneddoti esclusivi delle due campagne elettorali americane in oggetto, sia dal punto di vista privato della stessa giornalista. Questo porta il romanzo, e di conseguenza la serie, ad assumere elementi narrativi più leggeri, lasciando dietro di sé un resoconto non esclusivamente professionale, ma più ironico e realistico.
Detto dell’ispirazione dietro la serie tv, alla base di tutto risiede però un altro prodotto. “The Boys On The Bus è infatti l’opera scritta da Timothy Crouse in cui racconta l’esperienza dei giornalisti sul bus politico mentre seguivano le elezioni americane del 1972. Avendo facilmente assunto da dove proviene il titolo della serie, tuttavia, la versione al femminile riproposta questa volta non disturba affatto. Anzi, risulta organica nel suo racconto, sicuramente favorito dalla base del libro e della vera esperienza di Amy Chozick.

TUTTI SUL BUS


A livello seriale, The Girls On The Bus oltre a contare la stessa Amy Chozick in veste di creatrice insieme a Julie Plec, si compone di un cast prettamente al femminile. Trainati dall’ex Supergirl Melissa Benoist, seguono Carla Gugino (volto del trio di horror drama di Mike Flanagan per Netflix, che comprende The Haunting Of Hill House, The Haunting Of Bly Manor e The Fall Of The House Of Usher), Christina Elmore e Natasha Behnam. Come controparte maschile, invece, oltre Brandon Scott, tra i recurring character spicca l’attore Scott Foley.
Un cast variegato che porta in scena un gruppo di character ancor più disomogeneo. Volendo rientrare nelle dinamiche moderne, infatti, le protagoniste della serie rappresentano tutte prototipi diversi, favorendo un approccio abbastanza ampio da questo punto di vista.
The Girls On The Bus mira quindi a raccontare in dieci episodi il punto di vista professionale di queste giornaliste, mentre seguono la campagna elettorale americana. Vista così, un focus prettamente politico sembra la base della serie; in realtà, a partire dai primissimi minuti, che aprono con un flashforward per poi tornare indietro e iniziare la narrazione ben 7 mesi prima, il tono appare sin da subito più leggero e ironico. Niente political drama: tra ostacoli professionali, scandali politici e crisi sentimentali, sembra proprio di assistere alla solita comedy drama senza alcun elemento distintivo.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Gruppo di protagoniste disomogeneo ma ben funzionale
  • Presa in considerazione di più punti di vista della realtà di oggi (es. il giornalismo praticato dalle influencer)
  • Alcune situazioni fin troppo telefonate per raggiungere obiettivi di storia ben precisi
  • Solita serie molto più comedy che drama 

 

Una serie leggera e facile da guardare, ma se si cerca un prodotto più serio e politico, non è questo il posto giusto in cui cercare.

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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.

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