Buona notte a tutti.
Ritorna per la seconda stagione il Late Night Show, l’appuntamento bimensile più atteso dagli appassionati delle serie tv e dagli stessi recensori di Recenserie, finalmente chiamati a dire la loro con opinioni non richieste al di fuori delle “restrizioni” delle recensioni. Così come i famosi Late Night Show americani da cui traiamo apertamente ispirazione, anche questo appuntamento, previsto ogni due giovedì notte, è necessariamente costituito da alcuni “ospiti” che in quest’occasione portano il nome di Giacomo, Salvatore e Valerio. Il tema di questo secondo appuntamento verterà sul ruolo sempre più preminente delle piattaforme di streaming nella produzione/distribuzione di film, divenute centrali come conseguenza della chiusura delle sale. Siamo giunti ad un punto di svolta per il mercato cinematografico mondiale? La parola ai nostri esperti.
- Successivamente alla chiusura delle sale, gli accessi alle piattaforme streaming si sono moltiplicati. Come conseguenza, le case di produzione hanno rilasciato le loro pellicole direttamente in formato digitale. Come valutate questo cambiamento? Pensate che il mercato del cinema ne abbia giovato o abbia perso qualcosa nel processo?
GIACOMO: Con l’avvento della pandemia il cinema non poteva fare altro che adattarsi alla nuova situazione. È ovvio che anche le case di produzione abbiano agito di conseguenza. Oltretutto se si considera il fatto che le piattaforme streaming raggiungono senza alcun dubbio un pubblico più ampio rispetto alla sala. Da questo punto di vista il cinema inteso come produzione e distribuzione di film ne ha decisamente giovato, creandosi un’ulteriore finestra distributiva che viene a costare molto meno della sala e rende di più. Poi certamente lo streaming ha anch’esso dei limiti (molto banalmente, la dipendenza dalla connessione Wi-Fi) per cui non è la soluzione a tutti i problemi, però sicuramente al momento si configura come finestra distributiva primaria.
SALVATORE: Penso che sia stato un passo necessario, una soluzione obbligata per sopravvivere. La distribuzione sulle piattaforme in streaming era una cosa che esisteva già pre-covid, ed era l’evoluzione del “direct to video”. La differenza sta che anni fa erano i B-movie ad andare direttamente in cassetta, mentre adesso anche prodotti di qualità, questo perché il cinema sta diventando a tutti gli effetti un luogo di intrattenimento. Avremo, secondo me, in futuro cinema di intrattenimento con tutti i blockbuster o “film evento” e i cinema destinati ai film “d’autore”. Sicuramente la finestra di permanenza in sala si accorcerà, perché ormai nessuno va a vedere un film dopo un mese per paura di spoiler, ma il cinema non morirà.
VALERIO: Senza nulla togliere alla suggestione di una sala cinematografica, di un bel multisala, del fastidiosissimo odore di pop-corn, i dispositivi audio e video a nostra disposizione nel quotidiano sopperiscono parzialmente a livello qualitativo. Ma a questo si aggiunge una netta impennata a livello quantitativo. Che lo si voglia vedere come pregio o come difetto, il concetto di noia nel tempo libero grazie alle piattaforme streaming viene totalmente meno. L’eccezionalità di un pomeriggio al cinema viene sostituito dalla possibilità di un consumo seriale e cinematografico compulsivo tra le mura domestiche. Da tutto ciò il mercato del cinema, essendo favorita un’impennata quantitativa, potrebbe uscirne tristemente vincente.
- Sicuramente favorite dalla pandemia, le piattaforme di streaming si sono imposte progressivamente come unico mezzo per poter vedere un film. Credete che questa nuova modalità di distribuzione abbia “salvato” tutti quei film rimandati a causa della chiusura forzata delle sale oppure che li abbia privati di qualcosa in termini di esperienza di visione?
GIACOMO: Da cinefilo penso che per alcuni film sia necessaria la sala cinematografica più che il semplice streaming. Penso a film pensati per un determinato formato cinematografico (appunto) o con un sonoro particolare pensato appositamente per il Dolby Surround. Per tutti gli altri sicuramente lo streaming ha giovato sicuramente, soprattutto per alcuni autori, magari giovani o di nicchia, che in sala sarebbero stati sacrificati all’altare della programmazione. Ma penso, in generale che la vera differenza fra sala e streaming sia il tipo di fruizione che si cerca. Lo streaming è oggettivamente più comodo per quanto riguarda la visione “da single”, in quanto permette la possibilità di autonomia per quanto riguarda tempi e modalità di visione, soprattutto se si vuole stoppare e rivedere nel dettaglio determinate scene. Per quanto riguarda la visione “collettiva” la sala rimane lo strumento migliore, soprattutto per creare dibattito e diffondere la cultura cinematografica, mentre sui web-forum e sui social questo aspetto è meno spontaneo e più “mediato”.
SALVATORE: Sicuramente, ma non credo sia una soluzione percorribile anche in futuro. La dimostrazione è Disney, che ha aspettato fino all’ultimo pur di non rinunciare alla distribuzione cinematografica dei suoi film di punta. Una soluzione peggiore è stata, secondo me, quella della WB che, con Wonder Woman 1984, distribuita in mesi diversi in tutto il mondo, ha fatto letteralmente “harakiri”. Netflix, Prime Video lo sanno e si stanno attrezzando: è sotto gli occhi di tutti come Netflix stia in ogni modo provando a far partire un proprio franchise cinematografico, e Amazon lo stesso.
VALERIO: Pur avendo parzialmente risposto nella precedente domanda, si può aggiungere che l’esperienza della sala cinematografica è destinata a venir ricordata come un qualcosa di romantico e terribilmente sorpassato. Certo, da un punto di vista strettamente sociale è indubbio che l’esperienza del cinema non potrà non essere apprezzata ancora di più come prova del superamento della fase pandemica.
- Cambiando per un attimo punto di vista: pensate che la visione online abbia di fatto portato a revisionare la figura dello spettatore stesso, creando una differenziazione tra l’affezionato alla sala e lo spettatore da divano?
GIACOMO: Certamente c’è una differenza fra questi due tipi di spettatore dovuta soprattutto alla diversa modalità di fruizione, come già detto nella mia risposta precedente. Dal mio punto di vista lo spettatore “da sala” è quello che cerca qualcosa di più dal film rispetto al semplice intrattenimento (che si può trovare benissimo anche dal divano); c’è sempre alla base il discorso che la sala è soprattutto un’esperienza di tipo collettivo che ha a che fare con l’aspetto più culturale del cinema che non è solo intrattenimento o svago.
SALVATORE: Io, personalmente, questa differenziazione l’ho sempre vista. Non è assolutamente una discriminazione, ci mancherebbe. Ho tanti amici che rientrano nella categoria di “spettatori da divano”, è un gusto loro, vedono il cinema sotto un’altra lente e ci sta, sono un target dell’industria cinematografica anche loro. La visione “forzata” online, secondo me, ha solo fatto crescere la nostalgia e la voglia di tornare in sala a persone come me.
VALERIO: La questione è che lo spettatore da divano può non stare esclusivamente sopra a un divano. La differenza qualitativa tra prodotti cinematografici e seriali spinge lo spettatore a creare una personale scala di gradimento operando una scelta tra le modalità di fruizione del prodotto. La serie tv o film in questione può diventare oggetto di visione attenta, concentrata, quasi sacrale, così come può essere compagnia distratta di chi si trova a fare tutt’altro, quasi come una lontana radio. Inutile dire come in tutto ciò sia estremamente differente la quantità di prodotti consumati; di conseguenza anche la qualità diviene una discriminante molto (forse troppo?) relativa.
- A questo punto però è lecito chiedersi: si tornerà indietro a com’era prima del Covid o alla fine ci saranno sempre meno sale e più piattaforme?
GIACOMO: Per quanto riguarda il “post-Covid” bisogna considerare che il fenomeno della riduzione delle sale era già presente ben prima della pandemia; basti pensare alle numerose polemiche, negli anni scorsi, per la candidatura di film Netflix a cerimonie importanti come i Premi Oscar o i vari festival internazionali. Una delle conseguenze già evidenti in questi giorni è che, ad esempio, la pandemia ha completamente sdoganato questo pregiudizio. I prodotti Netflix e Prime Video dominano quasi tutte le categorie per quanto riguarda Golden Globes e Premi Oscar. Mentre per quanto riguarda le sale invece voglio essere ottimista: secondo me proprio la pandemia potrebbe essere una buona occasione per valorizzarle, conferendo loro un nuovo significato. La piccola parentesi estiva di Tenet l’anno scorso ha dimostrato che il pubblico ha voglia di uscire e andare in sala ed è presumibile che, alla prima occasione, ci sarà un ritorno alle sale senza precedenti, almeno nel primo periodo. Poi certamente il destino della sala sarà legato agli aspetti di cui abbiamo già parlato: un concetto di fruizione legato più agli “eventi” e all’esperienza emozionale e collettiva che la sala è in grado di creare. Sarà semplicemente un nuovo modo di intendere certi luoghi, ma credo che in questo senso un futuro ci possa essere anche per la sala.
SALVATORE: Come già detto, credo che la sala non morirà. Magari si differenzierà, velocizzando un processo già in essere in precedenza. Per esempio, per vedere The Irishman dovevi cercarti il cinema d’essai che aveva l’accordo con Netflix, mentre il multisala della catena (UCI, The Space, ecc.) aveva i suoi film blockbuster che gli assicuravano i biglietti venduti. Alcune sale chiuderanno a causa della crisi economica e lo sappiamo tutti, ma non credo nasceranno troppe piattaforme perché finirebbero per pestarsi i piedi tra loro, ottenendo l’effetto inverso.
VALERIO: Il covid probabilmente ha accelerato un processo che era già in atto, teso a riempire le abitazioni della gente di tutto ciò che un tempo occorreva andare a cercare all’esterno.
Grazie e buona notte a tutti.
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