0
(0)
A conti fatti, come già appuntato nelle precedenti recensioni, questa seconda stagione di The Terror (dal titolo Infamy), tratta essenzialmente del terrore della guerra, della distanza che si viene a creare tra persone amiche (addirittura intime) fino a pochi attimi prima dello sciagurato giorno dell’attacco a Pearl Harbor. Ma può una tematica così abusata come il terrore verso la guerra riuscire a bucare lo schermo e colpire lo spettatore?
La prima stagione aveva cercato (e sotto molti aspetti c’era riuscita alla grande) di raccontare un avvenimento sconosciuto ai più, racchiudendolo in una confezione scenica di indiscutibile bellezza ed in grado di calamitare l’attenzione. Il freddo glaciale, il totale silenzio che vigeva tra i ghiacci ed un mostro che seminava il panico all’interno di un gruppo di persone messe alla strette con la più bestiale delle prove di sopravvivenza: questi erano i compagni di viaggi del primo arco narrativo. Dei compagni che, seppur a tratti non in grado di tenere sotto braccio una valida evoluzione della storia episodio dopo episodio, all’occhio dello spettatore continuavano ad apparire di inoppugnabile bellezza.
Di quel The Terror, però, Infamy ha mostrato ben poco fino ad ora.
Manca un vero elemento soprannaturale assetato di sangue (anche se l’accenno all’argomento è chiaramente presente), manca un contesto storico (e geografico) in grado di poter suscitare curiosità. Insomma, il vero tratto distintivo che continua a palesarsi all’interno di The Terror è rappresentato dalla lentezza evolutiva con la quale la storia cerca di essere dipanata. Una lentezza che a tratti assume il senso di pregio, nel momento in cui la scena richiede maggiore intimismo o un focus particolarmente attento e studiato (vedasi la scena di addio tra la giovane coppia di protagonisti). Ma prevale, purtroppo, il lato negativo di questa lentezza (o staticità): personaggi poco carismatici, per lo meno rispetto alla prima stagione; una fotografia che non permette allo spettatore di distaccarsi, per lo meno in parte, dalla storia in sé; l’assenza di una trama principale in grado di catturare l’attenzione.
Si preferisce addentrarsi nel vago ed abbozzato contesto socio-politico esponendo allo spettatore la diatriba riguardante i civili di origini giapponesi che l’esercito americano ha fin da subito additato come spie. Un elemento di cui, guardando al contesto storico moderno, se ne comprende il senso, ma che calato all’interno di una serie di questo tipo non fa che snaturare quello che idealmente avrebbe dovuto rappresentare una serie tv incentrata sull’horror sovrannaturale. Elemento, come appuntato, presente, ma che per ora fatica ad essere posto al centro della storia in ogni suo aspetto.
La prima stagione aveva cercato (e sotto molti aspetti c’era riuscita alla grande) di raccontare un avvenimento sconosciuto ai più, racchiudendolo in una confezione scenica di indiscutibile bellezza ed in grado di calamitare l’attenzione. Il freddo glaciale, il totale silenzio che vigeva tra i ghiacci ed un mostro che seminava il panico all’interno di un gruppo di persone messe alla strette con la più bestiale delle prove di sopravvivenza: questi erano i compagni di viaggi del primo arco narrativo. Dei compagni che, seppur a tratti non in grado di tenere sotto braccio una valida evoluzione della storia episodio dopo episodio, all’occhio dello spettatore continuavano ad apparire di inoppugnabile bellezza.
Di quel The Terror, però, Infamy ha mostrato ben poco fino ad ora.
Manca un vero elemento soprannaturale assetato di sangue (anche se l’accenno all’argomento è chiaramente presente), manca un contesto storico (e geografico) in grado di poter suscitare curiosità. Insomma, il vero tratto distintivo che continua a palesarsi all’interno di The Terror è rappresentato dalla lentezza evolutiva con la quale la storia cerca di essere dipanata. Una lentezza che a tratti assume il senso di pregio, nel momento in cui la scena richiede maggiore intimismo o un focus particolarmente attento e studiato (vedasi la scena di addio tra la giovane coppia di protagonisti). Ma prevale, purtroppo, il lato negativo di questa lentezza (o staticità): personaggi poco carismatici, per lo meno rispetto alla prima stagione; una fotografia che non permette allo spettatore di distaccarsi, per lo meno in parte, dalla storia in sé; l’assenza di una trama principale in grado di catturare l’attenzione.
Si preferisce addentrarsi nel vago ed abbozzato contesto socio-politico esponendo allo spettatore la diatriba riguardante i civili di origini giapponesi che l’esercito americano ha fin da subito additato come spie. Un elemento di cui, guardando al contesto storico moderno, se ne comprende il senso, ma che calato all’interno di una serie di questo tipo non fa che snaturare quello che idealmente avrebbe dovuto rappresentare una serie tv incentrata sull’horror sovrannaturale. Elemento, come appuntato, presente, ma che per ora fatica ad essere posto al centro della storia in ogni suo aspetto.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Le aspre righe di critica che compongono questa recensione potrebbero risultare discordanti rispetto alla votazione affidata a questo episodio, ma è da valutare il forte elemento di confronto che ci si ritrova a dover fare con il primo ciclo narrativo. Il paragone appare, almeno fino a questo punto, impari: anche il solo protagonista risulta irraggiungibile, con un Jared Harris semplicemente inavvicinabile.
La qualità continua ad essere alta, ma la storia (e la consueta disarmante lentezza) la depotenzia ingiustamente. Ma le possibilità che The Terror: Infamy riesca a ritrovare quota sono molto alte, così come i nostri ringraziamenti e/o le nostre benedizioni. Basta saper aspettare. Sperando che accada qualcosa.
La qualità continua ad essere alta, ma la storia (e la consueta disarmante lentezza) la depotenzia ingiustamente. Ma le possibilità che The Terror: Infamy riesca a ritrovare quota sono molto alte, così come i nostri ringraziamenti e/o le nostre benedizioni. Basta saper aspettare. Sperando che accada qualcosa.
All the Demons Are Still in Hell 2×02 | ND milioni – ND rating |
Gaman 2×03 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.