Vorrei partire da un dato di fatto: la tempistica con la quale viene concluso ogni episodio è da mani sui capelli. Non c’è una volta in cui non abbia bisogno dei titoli di coda per rendermi conto che la puntata è veramente finita da quanto improvviso è il taglio dell’ultima sequenza. Esattamente nel pieno dell’hype costruito faticosamente in 40 minuti ecco che nella scena clou, dove finalmente la nostra
attenzione è al massimo, partono i titoli di coda a decretare una pausa forzata per i prossimi 7 giorni. Normalmente sarei felice di avere questa sensazione ma per The Walking Dead provo un senso di frustrazione perchè basterebbero quei pochi secondi in più per digerire lo shock finale ed invece veniamo catapultati dritti dritti ai crediti finali, cosa che provoca un senso di rabbia latente che non fa bene alla nostra salute.
Detto ciò diamo il bentornato ad il Governatore o, come preferisce farsi chiamare ora dalla sua nuova famiglia, Bryan. Sparito per ben 5 puntate e ricomparso magicamente nei famigerati secondi finali dello scorso episodio, si è guadagnato il diritto di una puntata tutta sua in modo da farci capire cosa è successo dopo il season finale della scorsa stagione, e le cose non sono andate come ci saremmo aspettati.
Per prima cosa il clima di guerra che si respirava nella sua ultima apparizione è completamente scomparso ed ha lasciato il passo ad un vuoto nel cuore e nell’anima del Governatore che appare come un involucro di carne senz’anima che fatica perfino ad evitare gli zombie. Quello che vediamo è un uomo che ha perso tutto: il potere, la sua città e soprattutto la battaglia. “Live Bait” riprende li dove lo avevamo lasciato e ci mostra il percorso che il Governatore Bryan ha dovuto fare per ritornare ad essere la persona cinica ed apparentemente invincibile che avevamo cominciato ad apprezzare. Questo è però un viaggio che Philip Blake comincia a fare da solo visto che i suoi “fedelissimi” sgherri lo hanno abbandonato alla prima occasione buona. Nel percorso di riscoperta del personaggio facciamo l’incontro di una famiglia che col tempo diventerà la sua famiglia visto il legame che stringerà con la bambina, che gli ricorda chiaramente sua figlia, e con la madre, che gli ricorda cosa significa essere un toro da monta.
Una trama tutto sommato scorrevole direte voi, peccato che per metterla in piedi ci siano voluti la bellezza di 35 minuti buoni in cui in pratica abbiamo visto il Governatore alla ricerca del gioco da tavolo perduto ed il Governatore e l’ospizio maledetto, mancava solo di assistere a lui che si faceva la barba e la scritta lampeggiante “stiamo guadagnando tempo” sarebbe comparsa in sovrimpressione. E’ questo il vero difetto della puntata, un girovagare inutile che poteva essere soppiantato da un plot più veloce ed importante, invece si è scelto di spezzare in due puntate la “Governor story” finendo per rallentare il ritmo, cosa ormai fin troppo tipica di The Walking Dead.
La puntata di per sè l’episodio è piacevole, non dico il contrario, ma la sensazione di “perdita di tempo” è innegabile e vivida per tutto il corso dell’episodio, e purtroppo momenti importanti come l’emulazione di Nerone a Woodbury o la costruzione del legame con la bambina non bastano a colmare questa sensazione. Occasione sprecata per un buon episodio? Direi proprio di si…
- Stima per il Governatore che, pur con una benda da pirata sull’occhio e nel bel mezzo di un’apocalisse zombie, riesce a trovare il tempo per castigare la prima pollastrella a tiro. Se uno ha il fascino ha il fascino…
- Interessante il legame padre-figlia instaurato dal Governatore
- Un episodio senza la gang della Prigione non dispiace, un po’ come quando ai bei tempi Andrea non compariva e la gente il giorno dopo si prendeva ferie da lavoro per festeggiare la sua assenza
- Puntata lenta che poteva essere vivacizzata in più modi e a più riprese
- Il vizietto del cut finale
Governor is back in town ma non basta a sfornare un buon episodio, solo uno sufficiente. Si potrebbe fare di meglio se solo si osasse di più.
VOTO EMMY
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.