“Do you really want to know what happened in Alexandria?”
C’è un detto, tanto antico quanto veritiero, che dice: “Anche i migliori possono sbagliare”. Ebbene nell’odierno episodio Scott M. Gimple, in quanto sceneggiatore di “Bury Me Here”, ha cannato un po’ tutto. Eccome se ha cannato…
L’uomo dei miracoli, colui che con i suoi interventi riesce solitamente a riportare in auge questa serie, ha fallito nell’intento di rendere questo episodio godibile. Sia chiaro, le speranze erano al solito blande, pochi ingredienti e di qualità alquanto scadente. Morgan, Carol ed Ezekiel in questa stagione non hanno ancora regalato gioie allo spettatore, sperare che lo facessero ancora in tempo di “pre-guerra” era pura utopia. Inoltre mancano ancora “troppi” episodi al season finale di questa settima stagione, e si sa come si comporta The Walking Dead nei suoi episodi non di punta: sfida lo spettatore a restare incollato allo schermo, mostrandogli di tutto tranne ciò che vuole vedere andrebbe veramente mostrato. Solitamente questa sfida finisce per vincerla la serie, lo spettatore inorridito spegne tutto e si concentra su qualcos’altro, e a dimostrarlo sono i rating sempre più in discesa (picco negativo la scorsa settimana che ha riportato il rating ai livelli della terza stagione).
Fermandosi a riflettere sull’andamento della stagione, c’è molta tristezza nel rendersi conto della piattezza della trama orizzontale con il reale potenziale nascosto dietro questa situazione. L’unico obiettivo dei character, che praticamente li rende tutti uguali (tranne Eugene), è disfarsi dei Saviors, in particolare diNegan. L’assenza proprio di quest’ultimo, l’unico che desta veramente interesse nella serie, è ingombrante ma probabilmente anche essenziale per non far logorare il villain. A fare le sue veci, riscuotendo ciò che è di suo possesso nel Regno, c’è Gavin, personaggio caratterizzato il minimo indispensabile e ovviamente ben lontano dall’essere anche lontanamente al pari del suo boss, lontano anche da Simon che è il “referente” di Alexandria e che sprigiona il giusto charme per il ruolo di braccio destro. La causa di questo problema di caratterizzazione dei personaggi (soprattutto di Rick & Co.), che si è diffuso come un virus nelle ultime stagione, è dovuto alla mancanza degli scopi dei singoli: si è capito che in questa serie l’obiettivo principale è quello di sopravvivere, ma non può essere l’unico ed una volta era diverso. Ogni personaggio dovrebbe avere una meta precisa e unica, così da potersi realizzare in essa, un problema, questo, a cui si dovrebbe trovare una soluzione.
“He set it all up.
He blocked the road yesterday, made us late.
It was all him.
And we had your offering when we left — had it all.
He took one from the cargo, and he hid it — when we stopped.
He wanted to get something started between the Kingdom and the Saviors.”
Il tema di “Bury Me Here” verte sul rapporto sempre più inclinato tra il Regno e i Savior. Se la prima parte sembra un Ctrl+C e Ctrl+V di vecchi episodi, nella seconda ci pensa Richard a fare qualcosa per smuovere le acque. Il piano ovviamente fallisce, creando un equivoco all’italiana che porta alla morte telefonatissima (e non compianta) di Benjamin, uno dei tanti agnelli sacrificali supporter character sacrificabile. Telefonatissima perché il personaggio aveva avuto nei primi 25 minuti più spazio di quanto ne avesse mai avuto, e si sa che quando un personaggio secondario riceve più attenzioni del solito è destinato probabilmente alla morte. La tecnica ricorda molto i cartoni animati anni ’90 in cui un oggetto che veniva usato per compiere qualche azione era di colore più intenso degli altri, così da metterlo in luce e rischiare di non confonderlo con il resto.
Se lo spettatore non si sente minimamente coinvolto dalla morte del giovane ragazzo, lo è sicuramente di più col ritorno di Psycho Morgan. Questa involuzione può essere vista come un passo indietro, ma non lo è realmente. Serve per ridare linfa vitale ad un personaggio stantio che viveva di ottime intenzioni ma non era quasi mai decisivo per i suoi compagni. Ora, dopo aver smascherato Richard e averlo ammazzato, torna ad essere interessante in quanto instabile. Il momento di pazzia è da ritenersi una vera perla all’interno di questa tediosa puntata ed un complimento va sia a Lennie James che al regista di puntata, Alrick Riley.
“Bury Me Here” è da considerarsi come l’ennesimo episodio filler, e questo fa star male. Da un Gimple che ritorna sceneggiatore, dopo la straordinaria season premiere, di certo ci si aspettava ben altro, almeno la sufficienza, ma come già detto non è tutta colpa sua. I soggetti sono quello che sono e solo Morgan è riuscito a destare interesse. Carol rimane nel suo anonimato ed i bei tempi di “JSS” sembrano essere ormai un lontano ricordo. A -3 dal termine di questa stagione non rimane che sperare che gli episodi di condimento siano finiti, ma è dura. Molto dura.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Say Yes 7×12 | 10.16 milioni – 4.7 rating |
Bury Me Here 7×13 | 10.67 milioni – 4.9 rating |
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Detto anche Calendario Umano, si aggira nel sottobosco dei prodotti televisivi e cinematografici per trovare le migliori serie e i migliori film da recensire. Papà del RecenUpdate e Genitore 2 dei RecenAwards, entra in tackle in pochi ma accurati show per sfogarsi e dire la propria quando nessuno ne sente il bisogno.