Westworld 1×02 – ChestnutTEMPO DI LETTURA 5 min

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“Are you real?”
“Well, if you can’t tell, does it matter?”

Non che si voglia trovare sempre del meta-televisivo ovunque, però Westworld induce nella folle tentazione di andare a scovare segnali di palese meta-narrazione in diversi particolari di questo secondo episodio.
Partiamo da quello macroscopico, da quello noi riteniamo sia ciò che ha dato il via alla creazione della serie, utilizzando proprio il film di Crichton: il Far West in salsa seriale, condito dai preziosismi marcati HBO. Analizzando rapidamente il vecchio West come forma narrativa si riscontrano: costumi entrati nell’immaginario tradizionale, tanta polvere, violenza e sparatorie disperate. Come raccontare tutto questo senza cadere nel banale e nel già visto? Utilizzando il Western come scenario finto all’interno della finzione: un Far West come oggetto della reale trama fantascientifica. Tant’è vero che cercando di rendere il tutto plausibile e verosimile in un contesto fantastico, assistiamo ad uno dei maggiori stereotipi/forzature del genere Western: la sparatoria uno contro tanti in cui il pistolero solitario viene sempre mancato dai proiettili. Il misterioso personaggio interpretato da Ed Harris, infatti, come tutti i Newcomers, non viene ferito dalle pallottole degli Hosts, creando verosimiglianza in un tipico momento che normalmente nel genere richiede sospensione dell’incredulità.

“You know what he said? He said ‘This is the new world, and in this world you can be whoever the fuck you want.'”
Ed in questo mondo Western, dove ogni ospite può soffermarsi su piccoli ed inesplorati particolari – come evidentemente nel finale capita a Bill -, vengono costruite grandi storyline, vengono tirati i fili dei personaggi chiave dello scenario, vengono modificate personalità, cancellati ricordi e sostituiti personaggi. Abbiamo forse già abusato degli accostamenti meta, quindi sorvoliamo su come tutti questi aspetti ricordino le dinamiche dietro la realizzazione di opere di finzione, proprio come le serie TV. Occorre però soffermarsi su quello che la HBO sembra aver utilizzato come vero e proprio asso nella manica.

The guests don’t return for the obvious things we do, the garish things. They come back for the subtleties. The details. They come back because they discover something they imagine no one noticed before. Something they fall in love with. They’re not looking for a story that tells them who they are. They already know who they are. They’re here because they want a glimpse of who they could be.

Quasi come una bestia ferita messa all’angolo dopo insuccessi (Vinyl) e pietre miliari che stanno volgendo al termine (Girls e Game Of Thrones), il canale via cavo, da sempre sinonimo di qualità scenica, sferra il colpo decisivo, cala l’asso. In questi due episodi di Westworld, l’impressione è quella di essersi seduti in una poltrona, spente le luci, e aver iniziato a guardar scorrere, nel grande schermo di un cinema, le immagini di un lungometraggio. Totalmente scomparsa la dimensione televisiva, fatta di particolari e trame lasciate sviluppare lentamente. Ogni cambio di scena prevede un’inquadratura maestosa o di un paesaggio, o di uno scenario in costume o di una fantascientifica distesa di apparecchiature. Le domande non mancano – il non comprendere ancora il senso di certe sequenze è per ora l’unica pecca, dato che le rallenta – ma la direzione della trama la si sta già intuendo. Una trama che forse non è la più originale nella storia della Fantascienza ma che sicuramente dalla sua ha la già citata fattura di altissima scuola. Non sono forse le serie con delle sinossi apparentemente poco attraenti che hanno poi fatto la storia della TV?
In conclusione, sembra che Westworld voglia dire allo spettatore: cerca in questa serie ciò che vuoi, stiamo curando tutti i singoli aspetti per un risultato soddisfacente, da qualsiasi lato lo si guardi. Ambizioso, sicuramente. Rischioso, anche. Ma la HBO sembra volersi giocare il tutto per tutto.

Girl: The maze isn’t meant for you.
The Man In Black:What’d I tell you, Lawrence? Always another level. I’ll take my chances, sweetheart.
Girl: Follow the blood arroyo to the place where the snake lays its eggs.”

In tutto ciò, quello che veramente disarma l’attento occhio dello spettatore, è la sensazione di essere l’unico a porsi delle domande che magari Nolan e la Joy nemmeno vogliono creare. Se “The Original” ha presentato questo nuovo mondo suscitando i primi quesiti, “Chestnut” esplora più livelli narrativi senza però mai dare una stoccata finale. La scena d’apertura che segue l’arrivo di un cliente ed il suo ingresso a Westworld è tanto spettacolare quanto ricca di domande che forse non ci si dovrebbe neanche porre (“Does it matter?“), lo stesso effetto è provocato dallo scambio di battute riportato qui sopra e che porta direttamente a concepire l’idea che effettivamente esista un altro livello della narrazione concepita o dallo stesso Dr. Ford o da Bernard (che tra le altre cose ha una relazione con Theresa).
Westworld viene raccontata in un modo talmente naturale che i punti interrogativi creatisi lungo la visione rimangono ma vengono anche percepiti come delle problematiche meramente personali e non come domande concettuali globali. Anche questo è merito di un’attenzione al dettaglio e alla narrazione sopra i massimi sistemi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • “No Surprises” dei Radiohead in versione pianistica
  • Le sequenze con Anthony Hopkins alzano di molto il livello lirico della scrittura
  • Maeve che si fa un giretto nel mondo reale
  • Cambio di prospettiva sui Newcomers
  • Una trama di cui si percepisce la direzione
  • La mancanza di conoscenza su alcuni aspetti tende a rallentare alcune enigmatiche sequenze

 

Se le attese dovessero mantenersi i Bless si sprecheranno. Se così non dovesse essere, sarebbe invece una grande delusione. In un caso o nell’altro, per questi primi episodi, conviene quindi andarci cauti, pur esprimendo una preliminare soddisfazione.

 

The Original 1×01 1.96 milioni – 0.8 rating
Chestnut 1×02 1.49 milioni – 0.7 rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

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