Your Honor 1×10 – Part TenTEMPO DI LETTURA 5 min

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Your-Honor-1x10Your Honor conclude il proprio percorso narrativo con questo decimo appuntamento lasciando l’amaro in bocca per la sensazione di finale tronco. “Part Ten” ha la peculiarità di avere dietro la macchina da presa lo stesso Bryan Cranston, ancora una volta personaggio magnetico e attorno al quale gira tutta la vicenda, nonostante Adam sia ormai riconosciuto da tutti come il vero e proprio colpevole.
Il processo si conclude in farsa; la disseminazione di false prove viene disintegrata; la verità torna a galla travolgendo prima Michael, costretto a mentire e a farsi odiare dalla stessa persona che ama, e successivamente Adam, ignaro ingranaggio di un meccanismo da cui pensava di poter fuggire. D’altra parte, come diceva Benjamin Linus a John Locke, “il destino a volte è un bastardo capriccioso” che non guarda in faccia a nessuno e non tiene in considerazione alcun tipo di sacrificio fatto dalle persone, volendo semplicemente punire e ristabilire il karma nel mondo.

“WAS THAT A LIE? OR WAS THAT LOVE?”


Tutta la serie ruota attorno a questa difficile categorizzazione: Michael infrange il proprio credo lavorativo ed il proprio orgoglio per proteggere il figlio. Bugia o atto d’amore? Esiste una linea di demarcazione tra le due cose per cui diventa accettabile oppure la verità, la giustizia andrebbero sempre e comunque messe in cima alle priorità?
Quello che è certo è che Michael non pensa minimamente ad esporre il figlio e corre fin da subito ai ripari aiutando a costruire dei falsi ricordi (smascherati in quest’ultima puntata), mascherandone le prove e soprattutto occultando l’arma del delitto, la famigerata automobile “rubata”. Proprio da quest’ultimo oggetto è iniziata a movimentarsi la serie: il furto, l’arresto di Kofi, l’incriminazione, la vendetta di Carlo e la morte dello stesso Kofi, il processo.
Un viaggio televisivo causato dall’amore di un padre che cerca di movimentare amici e parenti pur di salvaguardare il figlio, reo di aver commesso un terribile errore e di non aver avuto il coraggio di affrontarlo.

IL PROCESSO E UN MISERO DETTAGLIO


Il processo, elemento narrativo principale di questa puntata, si rivela essere d’intrattenimento e ben inserito all’interno dell’ora circa di visione. La ricostruzione di Carlo, se lo spettatore non fosse a conoscenza della verità, finirebbe per essere quasi convincente considerata l’emotività messa in gioco ed il continuo incedere sulla violenta scomparsa di Rocco (e quindi sul senso di terrore che Carlo potrebbe provare nel vedere Kofi). Ma la verità è ben altra e quando sta per essere esposta con la testimonianza del fratello di Kofi, Michael si oppone facendo definitivamente cadere qualsivoglia patina di credibilità e mostrandosi per quello che è realmente diventato: un ingranaggio del sistema corrotto e marcio che così duramente ha cercato di combattere nei lunghi anni di attività come giudice.
I nodi vengono al pettine in un crescendo di emozioni: prima il vagabondo che ricorda distintamente la data della visita dei due Desiato (che non combacia con la loro testimonianza); poi il fratello di Kofi estromesso dal processo che ben ricorda di aver già visto il giudice. Tutto precipita e Michael rivela la colpevolezza di Adam, cosa che continua a rimanere un segreto visto e considerato che la giuria delibera la non colpevolezza di Carlo.
Parallelamente a Michael che viene esposto, però, succede qualcosa che mette in moto gli articolati meccanismi del karma. Accade che Adam, colpito dal video in cui Kofi morente esce dalla cella di Carlo, abbandona l’aula di tribunale per prendere una boccata d’aria facendo uso del proprio inalatore.
Accade, poi, che i coniugi Baxter intravedono il ragazzo (che sanno essere il fidanzato di Fia) nell’atto di utilizzare proprio l’apparecchio, fatto che ricollega alla perfezione il rinvenimento dell’altro inalatore sulla scena dell’hit-and-run in cui è morto Rocco. I punti si ricollegano, Jimmy Baxter comprende quanto realmente accaduto e le carte in tavola, per l’ennesima volta, cambiano posizione.

DESTINO BEFFARDO


Difficile trovare il capo del filo di questa intricata matassa e il relativo principale colpevole.
Adam si ritrova alla festa di scarcerazione di Carlo perché invitato da Jimmy dopo che quest’ultimo lo ha visto con l’inalatore in tribunale. D’altra parte Eugene (il fratello di Kofi) si ritrova a cercare vendetta perché ostracizzato dal processo da parte di Michael e inizialmente convinto ad allontanarsi dalla strada per cercare la verità da Lee Delamere, l’avvocato di Kofi Jones.
Una matassa intricata, come detto, ma che predispone un destino beffardo nei confronti della famiglia Desiato intera. A far storcere il naso, tuttavia, è il finale tronco.
Michael che assiste Adam, mortalmente colpito al collo dal proiettile sparato da Eugene (ed indirizzato a Carlo), non può risultare come sufficiente conclusione di un percorso durato quasi 10 ore. L’emotività ed il sentimentalismo sollevato dalla triste evoluzione degli avvenimenti non può essere in alcun modo sufficiente, trasmettendo la sensazione di un finale tronco a cui si dovrebbe cercare di dare seguito con qualche sorta di epilogo (o episodio “coda”, come accaduto con The Stand, con risultati discutibili).
La sensazione di tradimento provata dallo spettatore, in attesa del momento della verità affinché tutti i nodi venissero al pettine, è forte e non può quindi essere arginata da un (per quanto d’intrattenimento) abbraccio cullato dalle lacrime tra padre e figlio. Destino beffardo, sì, ma anche il finale si rivela similmente beffardo nei confronti del pubblico.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’intera parte del processo a Carlo con relativa deposizione
  • Jimmy che coglie Adam alle prese con l’inalatore
  • Michael e Adam finalmente esposti
  • Gran finale, peccato per i minuti conclusivi
  • Confronto multiplo tra padri e figli
  • Finale tronco
  • Se l’accusa ha il video di Kofi che lascia la cella di Carlo, perché insistere così tanto su quel punto lasciando spazio alla difesa di creare alibi fasulli?
  • Ultimi quindici minuti di grande intensità, distrutti banalmente da un finale che non può convincere

 

Era lecito attendersi una conclusione di ben altro livello, soprattutto considerata la qualità in campo. Your Honor tradisce le aspettative e consegna al pubblico un finale tronco che, proprio nei minuti conclusivi, smonta quanto di buono costruito con fatica e rigore nelle precedenti dieci ore. Occasione mancata? Probabilmente sì.

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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.

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