Zero Day 1×03 – Episode 3TEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Zero Day 1x03

Continua la discesa verso la pazzia mentale di George Muller (Robert De Niro), capo della cosiddetta “Commissione Zero Day”, un incarico che sarebbe dovuto essere temporaneo ed imparziale ma che qui mostra tutti i suoi peggiori lati oscuri.
Come tutte le migliori serie fantapolitiche, Zero Day pone grande attenzione agli sviluppi caratteriali dei propri personaggi, scadendo a volte in “spiegoni” e sequenze fin troppo dialogiche, ma comunque mostrando anche con chiarezza quelle che sono le conseguenze di azioni politiche di persone che gestiscono un potere fin troppo grande per una singola persona. E, come direbbe un noto filosofo italiano, “il potere logora chi non ce l’ha“.

IL “CASO EVAN GREEN”


Evan Green:All over the country, Mullen is rounding up regular Americans. Hardworking men and women, he says, are tied to these Reapers. But where is the proof? Just filled up at the 76, headed toward the light at Killian Drive. Every single expert said Russia attacked us. But George Mullen, hiding in his black tower, decided this is the narrative we should buy, the tall tale we need to get behind.

L’episodio introduce la maggior minaccia per il lavoro di Mullen e soci. E non sono certamente i Mietitori (Reapers in originale), che ormai sono stati identificati come gli effettivi autori del cyberattacco agli USA nel Zero Day. Bensì la stampa e i media avversari, qui rappresentati da Evan Green (Dan Stevens, nella sua parte migliore dai tempi di Legion). Giornalista e podcaster (figura che sta avendo sempre più importanza nel dibattito pubblico): è il principale commentatore, in negativo, dell’operato di Mullen.
A parte l’incredibile interpretazione di Dan Stevens, è soprattutto la regia a valorizzare tutta l’ambiguità di squalo del giornalismo che vuole a tutti i costi fare share ma anche l’essere l’unico che pone dei dubbi legittimi sull’operato della Commissione Zero. La prima scena che lo introduce infatti lo vede più come una stella dell’entertainment, preoccupato più di apparire come “sofferente” per il proprio lavoro, anche se la sua situazione economica rivela il suo essere più che benestante. Ma anche il suo attaccamento alla propria famiglia, cosa che sarà essenziale per la scena finale del suo sequestro, tutta girata in un assordante silenzio, tale da renderla ancora più inquietante.

SHAKESPEARE AL PENTAGONO


Per il resto, l’episodio segue una linearità più che orizzontale con i precedenti episodi. Il leitmotiv che segue tutta la narrazione rimane pressoché lo stesso, ovvero la sanità mentale più che dubbia del protagonista. Che in una scena emblematica si mette letteralmente a parlare con il televisore, nella più classica delle demenze senili.
Interessanti sono però anche le reazioni dei principali personaggi secondari, che accorgendosi della pazzia del protagonista, non possono però fare a meno che assecondarlo, forse per paura di perdere anch’essi quel briciolo di potere che ne deriva da esso. Un vero e proprio dramma “shakesperiano” ambientato però all’interno dei servizi segreti americani, con De Niro nei panni del Macbeth della situazione, e la sua corte qui rappresentata dai meravigliosi comprimari scelti per il cast che comprendono un Jesse Plemons in stato di grazia e Connie Britton, qui maggiormente approfonditi nella loro personalità rispetto alle puntate precedenti.
Viene inoltre introdotto, per la prima volta, il character di Robert Lyndon (Clark Gregg), misterioso miliardario e lobbista con presunti legami con dei circoli pedofili, figura vagamente ispirata a Jeffrey Epstein. Per scoprire però i suoi veri intenti e il suo legame con il personaggio di Jesse Plemons bisogna per forza procedere verso i successivi episodi, visto che al momento gli autori hanno scelto l’opzione del mistero attorno a questa figura.

George Muller: “Who’s the idiot, now?”

CONCLUSIONI


Per il resto la puntata è una discesa continua verso l’incubo di una vera e propria dittatura legittimata all’interno dei “liberalissimi” States. Il ritmo scelto è frenetico, soprattutto negli ultimi minuti, in cui appare sempre più evidente come la pazzia stia prendendo il sopravvento su Mullen. E come questo stia abusando sempre di più del proprio potere. La scena finale mostra di fatto quest’incubo materializzarsi nella sua più cruda realtà. Bisogna vedere ora se questa boutade del protagonista è solo un modo per affermare il proprio potere (e quindi poi rinsavire per rimettersi in carreggiata) o se da qui in poi questo rappresenterà la prassi delle sue azioni.
E su questo, giustamente, cala il sipario anche su questo episodio, in attesa dei successivi sviluppi di questa storia.

 

THUMBS UP 👍 THUMBS DOWN 👎
  • Robert De Niro, as usually
  • Fra gli altri membri del cast su tutti Jesse Plemons e Dan Stevens
  • Il dialogo fra George e il televisore (Evan Green)
  • Regia e uso della musica
  • Scena finale
  • Serie ancora troppo dialogica
  • Fin troppa passività dei personaggi secondari

 

L’incubo della deriva autoritaria di Mullen diventa sempre più concreto in questo episodio di Zero Day, che si evolve in un vero e proprio dramma shakesperiano ambientato all’interno dei servizi segreti americani. Tutto è sempre lecito all’interno della lotta contro i “nemici della Nazione”? Questa domanda viene lasciata volutamente senza risposta.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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