L’intento è chiaro: tutto quello che ci sta succedendo è colpa degli alieni e, in seconda battuta, dei comunisti. Come sempre del resto, e stavolta viene spiegato il perché.
AREA 51
Come è ovvio che doveva essere, mancava all’appello la zona più “segreta” del pianeta (nota praticamente a tutti, del resto) che nasconde esattamente quello che tutti si aspettano: gli esperimenti che gli alieni stanno conducendo sugli umani per creare l’ibrido definitivo, adatto a sopravvivere in un’ambiente “ostile”. Qui forse il soggetto preferito di una delle teorie del complotto si mostra banalmente per quello che è: un luogo dove i “poteri forti” decidono cosa è meglio per tutti senza interpellarli, soprattutto se si è nella parte “giusta” del mondo.
LA STAGIONE DEL COMPLOTTO TOTALE
Il dinamico (e prolifico) duo Murphy/Falchuk (più il secondo che il primo) prendono un altro tema scottante del momento e lo usano mascherandolo con gli alieni: la necessità, tremendamente radicata nell’uomo, di spiegare le cose che risultano incomprensibili con altrettante ancor più implausibili. Allora perché non metterci dentro il falso allunaggio girato da Kubrick, Marilyn Monroe che sapeva troppo, Amelia Earhart, l’attentato a Kennedy, il robot Valiant Thor, l’Area51, i primi smartphone e chissà ancora cos’altro? Il tutto dotato di una perfetta coerenza logica che ricalca esattamente l’approccio tenuto da chi crede nel grande disegno cospirazionista. La parte ambientata nel passato svolge questo compito in maniera esemplare. Presenta un presidente Eisenhower come l’unico in grado di prendere decisioni fondamentali per l’umanità e il solo a sentirne il peso (col proprio senso di colpa). Nixon e la cara Mamie sostanzialmente non se ne curano affatto. Il tutto col sapore dell’inevitabile, che tanta fortuna ha avuto in quegli anni di guerra fredda.
IL PRESENTE È SEMPRE PEGGIO DEL PASSATO
La parte più fiacca della narrazione e anche un po’ avulsa dalle tematiche proposte è quella ambientata nel presente. Le disavventure dei quattro ragazzi, rapiti e ingravidati dagli alieni, per quanto offrano i momenti splatter più assurdi dell’episodio, non riescono a far presa sullo spettatore. Il primo a partorire del quartetto è Troy, in una sequenza che vuole essere inquietante e sostanzialmente non promette quanto mantiene. Certo, vedere il proprio figlio appena nato essere sgozzato fa un certo effetto ma il legame affettivo instaurato tra padre e figlio risulta fittizio poiché in nessuna maniera è stato mostrato finora e quindi risultano artificiose le decisioni prese successivamente: aiutare Cal a partorire il suo senza essere condizionato dall’aliena (o ibrida?) Theta. Senza considerare la possibilità di esplorare le possibilità narrative di mostrare una coppia omosessuale composta da due individui biologicamente maschi che danno alla luce un bambino. Si ricorda infatti che questo è solo il terzo episodio di quattro, quindi ogni spunto può seguire solo due strade: svilupparlo pochissimo o lasciarlo cadere nel dimenticatoio.
In sostanza, quindi, questa parte non rende nessun tipo di sensazione (anche fosse solo di paura o paranoia) come invece l’altra parte ci prova anche decentemente.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Peccato che si sia scelto di sviluppare il tema “alieni” soltanto in quattro episodi visto che gli indizi seminati fin dalla seconda stagione sembravano portare ad una trama (e stagione) ben più corposa di quella che si sta rivelando. Ci sarebbe stato spazio per molto altro visto che le idee, come al solito, non mancano ma la mancanza di equilibro tra le parte rimane sempre il limite con cui la serie si misura praticamente da sempre.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.