Continua la seconda parte di questa dodicesima stagione di American Horror Story, per fortuna con la promessa di durare soltanto altre due puntate e, sempre mantenendo l’entusiasmo e il coinvolgimento spettatoriale ai giusti livelli (quindi molto bassi), si può già affermare con certezza che questo settimo atto della parentesi “Delicate” sia il migliore visto finora. Un giudizio positivo che trova la sua genesi non tanto in un effettivo miglioramento qualitativo dello show, quanto invece per la sua capacità di spiegare, in modo breve e parzialmente esaustivo, ciò che si nasconde dietro gli avvenimenti dei primi sei episodi.
A soli due episodi dalla fine è già chiaro come il sole come si stia procedendo incontro all’ennesimo finale disastroso nello stile classico della coppia Murphy/Falchuk, patologicamente incapaci di scrivere una conclusione decente per i loro soggetti. Ma comunque, in attesa di godere dell’ennesimo fallimento narrativo della serie, ci si può comunque ritenere soddisfatti del mediocre lavoro compiuto in questo settimo appuntamento stagionale, in parte salvato dalla regia di Jennifer Lynch (figlia di David) già dietro la macchina da presa nel secondo e terzo episodio della stagione e in altri 8 episodi nel corso delle passate, e dall’interpretazione di Annabelle Dexter-Jones (Succession, The Deuce) che in pratica monopolizza l’intera puntata interpretando Adeline e la sua gemella cattiva Sonia deviando così l’attenzione dalle altre interpreti e dalle loro ben più dimenticabili performance.
MOTHERHOOD IS ALWAYS A BLESSING
Nei primi momenti di “Ave Hestia”, si viene immediatamente trasportati indietro al 42 d.C., in una località non ben precisata dell’Europa Occidentale, dove una figura misteriosa e sofferente, interpretata da Cara Delevingne, emerge dall’oscurità di un fienile ubicato chissà dove nelle highlands (presumibilmente) irlandesi.
Qui, si assiste al sanguinoso parto di una coppia di gemelli, avvenuto grazie a un brutale taglio cesareo autoinflitto, un’immagine raccapricciante che riesce nell’impresa di creare un modesto disgusto nello spettatore che sicuramente sta recuperando la puntata in pausa pranzo, ma che, come solito, non aiuta granché dal punto di vista dell’effetto orrorifico vero e proprio, del tutto assente in questa dodicesima stagione della serie di Murphy e Falchuk.
Una presenza misteriosa vestita di nero, tende quindi la sua mano guantata al personaggio della Delevingne, in un’imposizione di caselliana memoria, mentre sullo sfondo una macabra litania rivolta a Satana chiude bene questo quadro introduttivo, il quale sicuramente aiuta dal punto di vista della comprensione del background del character ma che, purtroppo, continua a essere completamente inefficace se si parla invece di coinvolgimento e curiosità in merito a quanto si sta guardando.
Il resto dell’episodio cerca quindi di spiegare e contestualizzare, attraverso i racconti della vita millenaria di Adeline e Sonia, il legame che intercorre tra il personaggio di Ivy e quello visto all’interno del fienile nel 42 d.C., suggerendo implicitamente che si tratti sempre della medesima donna, apparsa anche secoli dopo a Galway in Irlanda nel 1243, e probabilmente resa immortale in seguito al suddetto rituale satanico.
YOU CAN NEVER ESCAPE YOUR FAMILY
La presenza di Annabelle Dexter-Jones, nota ai più per il ruolo di Naomi Pierce in Succession, ha aggiunto un tocco di mistero e complessità alla trama di questo finora molto deludente AHS: Delicate. In “Ave Hestia”, la focalizzazione sull’arco narrativo del suo personaggio ha così permesso di chiarire i dubbi su Anna e sul culto delle donne in nero, confermandone l’esistenza e il coinvolgimento da parte di Adeline.
Durante il già menzionato flashback ambientato a Galway nel 1243, Adeline interroga sua madre, Ivy, riguardo al loro impegno in una missione che viene soltanto vagamente definita dal personaggio di Cara Delevingne. Lei di tutta risposta la attacca ferocemente, sputando sangue sulla parte del viso dove ora campeggia lo stesso segno rosso mostrato da Anna fin dalle prime puntate della stagione (ora è confermato che non si trattasse della pajata di zia Nuccia), e spingendo la sorella più obbediente di Adeline a non metterla mai in discussione.
Nel presente, invece, Adeline è una ristoratrice di successo, felicemente sposata con Dex, ma ancora indecisa riguardo alla maternità e, quando quest’ultimo suggerisce che la coppia dovrebbe considerare l’idea di avere figli, Adeline si rifugia nel lavoro. Ma con l’arrivo dell’auto-proclamatasi “gemella cattiva” Sonia, naturalmente il passato non può far altro che bussare nuovamente alla porta. Si tralascerà volutamente l’insulsa sfida ad “acchiappa la falange” che ha il solo pregio di distrarre lo spettatore dall’orribile parrucca nera che hanno messo in testa alla Jones per interpretare Sonia.
Attraverso la rivelazione dei segreti sepolti nel passato e l’esplorazione delle oscure forze che plasmano il destino dei protagonisti, l’episodio cerca di offrire una riflessione profonda sulle sfide che si affrontano nel perseguire la propria strada, in un mondo dove luce e oscurità si mescolano, invitando a esplorare i confini dell’animo umano e a confrontarsi con le proprie paure più profonde, aprendo la strada a una nuova comprensione di se stessi e del mondo che ci circonda. O forse no.
E invece si sta nuovamente assistendo all’ennesimo vicolo cieco narrativo che è ormai divenuto cifra stilistica del duo Murphy/Falchuk, e non vi è alcuna riflessione a monte se non quella fasulla che un recensore può e deve trovare quando ha davvero bisogno di tirar fuori un centinaio di parole in più per raggiungere la lunghezza richiesta per la recensione.
NO EYE CONTACT, SON
La conclusione dell’episodio, sebbene fornisca diversi spunti narrativi e anche una giusta dose di violenza gratuita che arriva proprio nel momento del dessert della pausa pranzo dello spettatore malcapitato già menzionato in precedenza, sembra essere stata scritta e diretta da qualcuno sotto l’effetto della stessa sostanza stupefacente utilizzata da Phil Collins per creare la colonna sonora di Tarzan. Il risultato è visivamente molto bello, a maggior ragione in funzione degli ancor più deludenti episodi che hanno preceduto “Ave Hestia”, e nel complesso tutta la sequenza del rituale ai danni della povera Adeline riesce nell’impresa di chiudere l’episodio con un bel momento di horror, coronato anche dalla rivelazione del tradimento di Talia. Purtroppo però, l’alone di terrore che circonda l’eventualità che negli ultimi due episodi Murphy e Falchuk mandino puntualmente tutto in vacca, proponendo allo spettatore un finale stupido, debole e scontato, fa molta più paura del rituale stesso.
Menzione particolare per la sequenza in cui Dex prima scopre il corpo di sua madre senza vita con due stimpak di Fallout piantati nelle braccia e poi incrocia lo sguardo con suo padre in atteggiamenti quantomeno equivoci con una delle donne nere mascherate appartenenti alla setta, apprendendo anche (quantomeno finché non gli cancelleranno la memoria in qualche modo che non verrà mai spiegato) che è così che lui è stato concepito. In piedi, con l’imbracatura bondage acquistata a 7,95 euro su Temu.
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La migliore delle puntate viste finora in questa stagione. Non un gran complimento se si guarda al valore complessivo di questa dodicesima stagione, ma nella vita bisogna accontentarsi delle piccole cose.
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.