Torna dopo qualche mese (forzati dal lungo sciopero degli sceneggiatori e degli attori) la dodicesima stagione di uno degli antologici prodotti horror delle serialità americana. Bisogna vedere però se nel frattempo non ci si è dimenticati di dove erano rimasti.
RECAP
La divisione in due parti, non prevista, non aiuta nel riprendere le fila della narrazione. La nuova star del cinema Anna, interpretata da Emma Roberts, si trovava a vivere la sua gravidanza turbolenta, e nel mentre la sua agente faceva di tutto per farle vincere il Golden Globe. Quella che si era invece rivelata come vincitrice, Babette, si scopre essere morta in un gravissimo e rocambolesco incidente il giorno stesso della vittoria.
Anna si trova quindi a presenziare la cerimonia di consegna dedicando, con un discorso toccante, il premio “scippato” alla sua rivale, fingendo una finta amicizia con la stessa, pressata da Siobhan (Kim Kardashan mai troppo fuori posto in questo suo ruolo d’attrice), nonostante il medico le avesse richiesto di non volare e stancarsi troppo durante la sua gravidanza a rischio. Intorno a lei, ogni figura che compare nelle serie sembra nascondere più di quanto dichiara, in un mega-complotto ai danni di Anna e, forse, di suo marito.
MATERNITÀ
Guardando il prologo dell’episodio, il tema della maternità continua ad invadere e condizionare la vita di tutti i protagonisti della serie. In questo caso scopriamo come Anna ha perso la madre fin dalla nascita, e quanto il padre risulti inadeguato nel prendersi cura di una figlia che forse non era neanche voluta. Il tutto, mentre avviene la prima comparsa di Nicolette nella storia. Il problema principale di questa stagione sta nel fatto che ci sono troppe situazioni ambigue, con altrettanti personaggi di cui non si riesce ad incastrare le motivazioni e le azioni. Di per sé non è un problema, ma il tutto risulta confuso e, soprattutto, non permette di simpatizzare per nessun personaggio in particolare.
Il tema del rapporto con la maternità offre spunti molto interessanti, che vengono tentati in ogni episodio. Tuttavia questi risultano spesso slegati tra loro, rendendo la coerenza narrativa difficile da cogliere. Ad esempio, nel caso in cui muoiano determinati personaggi, la prima reazione suscitata non è legata al dispiacere di averlo perso (o il suo contrario) quanto proprio capire il perché succeda e spesso questo lo si capisce troppo tempo dopo.
INTENTO ED ESECUZIONE
È chiaro che questa suspense serva a tenere avvincente la narrazione, ma finora è più confusione e la mancata comprensione che porta a slegare la trama (sicuramente complessa negli intenti) dal coinvolgimento. Non è accettabile che dopo sei episodi ancora non si capisca dove si voglia andare a parare. Ci sono sette legate alle gravidanze “malvagie”, madri e padri degeneri, figli e figlie disturbati con intorno un mondo dello spettacolo senza scrupoli, ma in questo marasma continua a mancare quel qualcosa che, anche in una narrazione complessa, lascia coinvolgere lo spettatore.
La confezione è sempre la solita ormai consolidata di AHS, stavolta senza troppi eccessi dilungati nel tempo (su quelli puntuali, si riserva il giudizio). La parte attoriale non brilla ma non è neanche da buttare. Il tutto sembra solo un’occasione mancata che si lascia vedere solo per chi vuole sapere come andrà a finire, a prescindere dal coinvolgimento.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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A quattro episodi dalla fine della stagione si progredisce poco e ancora in maniera disomogenea. Tra colpi di scena e scene laccate, si continua a guardare AHS alla ricerca perenne di guizzi narrativi che la risveglino da un sostanziale torpore.
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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.