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Ripley 1×01 – A Hard Man To FindTEMPO DI LETTURA 4 min

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recensione Ripley 1x01In un’epoca di reebot e remake ecco arrivare, su Netflix, una nuova miniserie ispirata al fortunato romanzo di Patricia HighsmithIl Talento di Mr. Ripley“, già portato sul grande schermo dal regista Anthony Minghella, con protagonista un giovane Matt Damon.
Qui il testimone, di questo adattamento “netflixiano”, passa all’attore Andrew Scott che ha il compito di rendere comunque iconico un personaggio certamente non facile da trasporre, fra i più camaleontici e ambigui della letteratura noir contemporanea.
Da questo punto di vista però va detto che l’ex Moriarty di Sherlock si dimostra perfettamente a suo agio nel ruolo, non facendo affatto rimpiangere i suoi predecessori.
Tuttavia, per vedere fino a che punto può reggere la sua interpretazione, bisogna innanzitutto capire chi è “il Signor Ripley” (già abbastanza complicato di per sé), e poi approfondire le scelte stilistiche non banali apportate a questa particolare trasposizione.

CHI È TOM RIPLEY?


Descrivere un character come quello di Tom Ripley richiederebbe praticamente un capitolo a parte. Lo si può definire, di fatto, un uomo che cerca in ogni modo di tirare avanti come può. Che nella New York degli anni ’50 vuol dire soprattutto rubare e inventarsi stratagemmi per estorcere denaro al prossimo. La prima parte dell’episodio gioca molto su questo “talento” (da cui il titolo originale) del personaggio, anche se qui ne viene accentuata maggiormente l’umanità mostrandone anche i difetti e gli errori commessi.
Un giorno Tom viene avvicinato da un uomo di nome Herbert Greenleaf, industriale nautico, il cui figlio Dickie (Johnny Flynn, il giovane Albert Einstein di Genius), abita da anni in Italia e ha rotto completamente i rapporti con la famiglia. Greenleaf si è autoconvinto che il figlio e Tom fossero grandi amici ai tempi della scuola, e così lo convince a farsi pagare per andare in Italia per riportargli a casa suo figlio. Un’occasione che il giovane Tom Ripley non si lascia certo scappare (chi rifiuterebbe una vacanza gratis, e pure stipendiato?). Da qui in poi inizierà un sottile gioco di inganni, da parte di Tom, che cercherà in tutti i modi di ingraziarsi l'”amico Dickie” ed ottenere così uno status sociale che, fino a poco prima, sembrava per lui irraggiungibile.

FOTOGRAFIA E REGIA DA 10 E LODE


La parabola di Tom Ripley è dunque quella del classico parvenu che sfrutta le ingenuità delle classi dominanti per farsi strada nel loro mondo. Un tipo di storie che evidentemente trovano un enorme favore di pubblico. Ne è prova un prodotto come Saltburn, più recente ma molto affine all’opera della Highsmith. Ed è forse questo il motivo principale che ha spinto il regista Steven Zaillian (già sceneggiatore premio Oscar per Schindler’s List e candidato per The Irishman) a buttarsi in questa trasposizione.
Ovviamente Zaillian dimostra di aver ben appreso il mestiere dai suoi maestri (Spielberg e Scorsese), in quanto la mini-serie trasuda classicità hollywoodiana da tutti i pori. A cominciare dal maestoso bianco e nero che si rifà ai classici noir degli anni ’30, ma che riesce anche a dare consistenza e mistero in tutte le inquadrature, così come il calore della costiera amalfitana, una delle ambientazioni principali della storia, qui ripresa da numerose vedute metafisiche che la rendono estremamente affascinante (e fanno capire bene l’atavico problema degli americani con i paesaggi che presentano solo scale).

NOIR E VIAGGIO DELL’ANTI-EROE


Tale bianco e nero infatti  cambia a seconda dei vari paesaggi mostrati (qui principalmente New York e Atrani) e riflette anche l’umore stesso del protagonista, prima più cupo e preoccupato per il futuro, poi raggiante nell’aver trovato una nuova dimensione a cui cercherà, a tutti i costi, di aggrapparsi. Per questo primo episodio il regista sceglie una narrazione volutamente lenta e prolissa, in cui è soprattutto il protagonista ad emergere con tutta la sua personalità, i suoi tic nervosi e tutto ciò che contribuisce a far sviluppare empatia nello spettatore su di lui.
E, nonostante alcune scene si sarebbero potute tranquillamente eliminare, ciò non toglie che lo scopo sia pienamente raggiunto. Il fascino magnetico di Andrew Scott e le sue espressioni facciali allo specchio, restituiscono la complessità psicologica di tale character ed ottengono l’obiettivo di suscitare curiosità per le prossime mosse che questo particolare anti-eroe farà per ottenere lo status sociale desiderato.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Fotografia (B/N fenomenale)
  • Regia e cast
  • Bilinguismo inglese/italiano
  • Gli americani e il complicato rapporto con le scale
  • Soundtrack italiana un po’ banalotta ma efficace
  • Come episodio pilota forse un po’ troppo lento

 

Nuovo adattamento by Netflix del romanzo di Patricia Highsmith, capolavoro della letteratura noir classica. Andrew Scott è un perfetto Tom Ripley, in un prodotto che guarda molto alla classicità della Hollywood vecchio stampo con un’attenzione però particolare alle ultime tendenze. Di fatto un capolavoro del regista Steven Zaillian.

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Laureato presso l'Università di Bologna in "Cinema, televisione e produzioni multimediali". Nella vita scrive e recensisce riguardo ogni cosa che gli capita guidato dalle sue numerose personalità multiple tra cui un innocuo amico immaginario chiamato Tyler Durden!

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