Assunta per rilanciare l’immagine pubblica della NASA, Kelly Jones (Scarlett Johansson), ragazza prodigio del marketing, si scontrerà con Cole Davis (Channing Tatum), direttore del programma di lancio, creando scompiglio nel suo già difficile compito. Quando la Casa Bianca ritiene che la missione sia troppo importante per fallire, Kelly Jones viene incaricata di inscenare un finto sbarco sulla Luna come piano di riserva. A quel punto il conto alla rovescia inizia davvero. |
Due anni fa Apple, che ha recentemente comunicato la volontà di ridurre le produzioni originali, annunciava Project Artemis con protagonisti una coppia ben nota ai fan del Marvel Cinematic Universe come Chris Evans e Scarlett Johansson, che avevano fatto scintille in Captain America: The Winter Soldier. Una storia si direbbe “verosimile”, che sfiora il complotto dell’allunaggio, giocandoci, ma tornando sempre con lucidità sui piedi per terra, ispirata al libro “Marketing the Moon” di David Meerman Scott e sceneggiato da una figlia d’arte come Rose Gilroy.
L’albero genealogico di quest’ultima comprende nomi abbastanza importanti come suo padre Dan, candidato agli Oscar per Nightcrawler, e suo zio Tony, recentemente noto per l’ottima parentesi in Star Wars con Andor. Buon sangue non mente, ma probabilmente servirà un po’ di tempo all’ultima Gilroy per sgrezzarsi e riuscire ad ottenere un risultato più fluido e ritmato rispetto al sufficiente Fly Me To The Moon.
VENDERE LA LUNA
Partendo dal sopra menzionato libro, l’idea alla base del film di Greg Berlanti è quella di portare in scena la grande spinta promozionale che fu messa in atto per risollevare la considerazione delle missioni spaziali nel pubblico statunitense, in modo da garantire così i mezzi necessari per la realizzazione dello storico allunaggio del 1969. Tutto ciò è portato in scena attraverso il brillante personaggio di Kelly Jones, una Scarlett Johansson in versione diva, capace di trainare più di due ore di commedia romantica sulle sue sole spalle. Sì, perché mentre la Jones cerca di insinuare negli americani il sogno della luna, Channing Tatum non fa niente per vendere la pellicola allo spettatore.
Il suo Cole Davis, personaggio di finzione che ricopre il ruolo di direttore di lancio per la missione Apollo 11, non riesce ad emergere dall’ombra dell’ingombrante figura di Kelly, nonostante lei non abbia occhi che per lui. Tatum, dal canto suo, non si sforza di andare oltre alla sua prestanza fisica per riuscire ad immergersi nella parte designata per lui in una rom-com come Fly Me To The Moon, e finisce per minare significativamente il risultato finale.
When I’m done, these men are going to be bigger than the Beatles.
GIOCARE CON IL COMPLOTTO
Bisogna però parlare dell’enorme elefante nella stanza, il complotto del falso allunaggio, su cui si è costruita anche l’intera campagna promozionale del film, riportando sempre la stessa battuta in cui viene citato Kubrick. Un divertente richiamo alle innumerevoli teorie, su cui si sono basate molteplici opere tra cui anche il molto affascinante documentario Room 237. Fly Me To The Moon è, però, un film che non si erge a vera verità cercando di smantellare la realtà sull’allunaggio, bensì cerca di dare una motivazione plausibile alla nascita di tutte le teorie, costruendoci sopra una storia divertente, che si basa però su un fatto storico.
Ovvero, la forte campagna promozionale che accompagnò negli anni la NASA per arrivare alla missione dell’Apollo 11. Anzi, le riprese del falso allunaggio arrivano anche troppo tardi nel film, appesantendo molto il secondo atto e allungando un terzo atto che più volte sembra volgere al finale senza poi farlo effettivamente. Il ritmo ne risente e quando si inizia a parlare di girare un finto allunaggio sembra quasi iniziare un altro film, quasi come se fosse un prodotto strutturato in quattro atti anziché tre e provocando una certa discontinuità nella narrazione.
IL MIRACOLO DELL’APOLLO 11
Il più grande pregio di Fly Me To The Moon, però, è quello di mostrare e dare una tinta epica al grandissimo capolavoro compiuto dalla NASA. Sia chiaro, niente che non sia stato già portato in scena dal sempre ottimo First Man, così come anche da For All Mankind, sebbene in un modo abbastanza particolare. Però la sceneggiatura della Gilroy vuole rendere omaggio alle “persone dietro le persone”, che hanno fatto in modo che poi degli esseri umani abbiano messo effettivamente piede sulla luna.
I dialoghi sembrano quasi parlare allo spettatore, sciorinando dati in alcune scene fatte quasi per tirarsela un po’, o forse per strabiliare il pubblico ancora scettico. Si denotano anche vene di femminismo, in un prodotto ambientato in un contesto lavorativo maschile anni ’60 scritto però da una donna. Ed infine, non si tira mai indietro di fronte al lato meta-cinematografico, scegliendo di giocare con chi guarda, strizzandogli l’occhio mentre si racconta una classica storia d’amore, nata per vendere la luna.
Fly Me To The Moon di Greg Berlanti è un film abbastanza divertente, soprattutto grazie all’ottima prova di una Scarlett Johansson in forma smagliante, che però pecca di un partner non proprio ideale come Channing Tatum, e di una sceneggiatura che avrebbe avuto bisogno forse di qualche draft in più, per mettere in ordine le diverse idee e costruire meglio il ritmo dell’intera struttura narrativa. C’è spazio per il divertimento, così come per i riferimenti meta-cinematografici alla teoria del falso allunaggio e non manca un certo sense of wonder nel vedere la NASA all’opera, ma si rimpiange un potenziale che avrebbe potuto regalare qualche soddisfazione in più.
TITOLO ORIGINALE: Fly Me to the Moon REGIA: Greg Berlanti SCENEGGIATURA: Rose Gilroy INTERPRETI: Scarlett Johansson, Channing Tatum, Woody Harrelson, Jim Rash, Ray Romano DISTRIBUZIONE: Eagle Pictures DURATA: 132′ ORIGINE: USA, 2024 DATA DI USCITA: 11/07/2024 |