Those About To Die 1×01 – Rise Or DieTEMPO DI LETTURA 4 min

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Those About To Die sono i morituri, ad esempio i gladiatori che così si definivano, quando salutavano l’imperatore prima di scendere nell’arena a combattere.
A loro e a tutto il mondo che gravitava attorno a loro è dedicata questa serie, in arrivo su Peacock il 18 luglio e il 19 luglio su Amazon Prime.
Il soggetto è tratto da un libro di Daniel P. Mannix, la regia è di Roland Emmerich e Marco Kreutzpanter mentre lo showrunner è Robert Rodat che può vantare nel suo curriculum la sceneggiatura di Salvate Il Soldato Ryan.
Qualcuno, dopo avere visto pellicole come Stargate e Independence Day ha definito Emmerich “colui che non fa film, ma li commette” e ha persino consigliato di chiedere all’interlocutore se gli piacciono i film del regista tedesco per capire se annoverarlo o meno nel gruppo dei propri amici.
Chi scrive ricorderà sempre con affetto e grande piacere la prima volta in cui ha visto James Spader sul grande schermo. Questo comunque non le impedisce di vedere i difetti della serie in oggetto, di cui si parlerà subito.

PANEM ET CIRCENSES


La vicenda si svolge nell’antica Roma, intorno all’anno 79 d. C.
La situazione politica e sociale dell’Impero è fluida, per usare un eufemismo. Le rivolte delle classi inferiori sono all’ordine del giorno.
L’imperatore Vespasiano deve scegliere il suo successore fra i due figli: Tito, come lui prode soldato, e Domiziano. Quest’ultimo è più portato alla riflessione, agli intrighi di corte e sembra avere qualche problemino emotivo e comportamentale. Non sembra però lo stereotipo del pazzo psicopatico e ciò è un bene, per la trama e non solo. Intanto, l’imperatore sta facendo costruire l’anfiteatro Flavio e i patrizi della città non sono contenti. La nuova arena sarà infatti pubblica e disturberà gli interessi dei ricchi azionisti del Circo Massimo.
Nel ruolo di Vespasiano c’è Anthony Hopkins, nome di punta su cui la serie ha giocato buona parte della sua promozione. L’attore premio Oscar dosa sapientemente il suo carisma nel ridotto minutaggio a sua disposizione, un po’ come pronosticato anche nel podcast.

CHAOS IS A LADDER


Quando si parla di come una situazione instabile possa creare un’opportunità di scalata sociale anche per gli svantaggiati, i fan di Game Of Thrones avranno subito pensato a Lord Littlefinger. In realtà, Those About To Die aspira ad imparentarsi con la serie tv più famosa degli ultimi tempi già dalla sigla, con quella cascata di vernice rossa che vorrebbe essere sangue e invade i modellini dei palazzi romani. Peccato che l’effetto ottenuto non sia per niente fine. C’è poi, sin dai primi minuti, l’entrata in scena di Iwan Rheon nel ruolo di Tenax, gestore di una ricevitoria per scommesse presso il Circo Massimo. Veder tornare Rheon sulle scene fa piacere almeno quanto l’eliminazione del suo Ramsey Bolton in Game of Thrones.
A Tenax tocca anche dare spiegazioni come voce fuori campo, e questo purtroppo non crea un bell’effetto ma il personaggio, comunque, si fa seguire e promette soddisfazioni per il pubblico.
Per completare l’elenco di scelte tecniche e artistiche poco riuscite, vanno citati anche i filtri gialli usati per le scene ambientate in Africa che sembrano ambire a ricreare un’atmosfera da 300 spartani del tutto fuori luogo.

L’IMPERO E LE SUE PROVINCE


Come si accennava sopra, la finezza non è certo la cifra di questa serie. Ci sono poi altri stereotipi come la nobildonna romana (qui l’italiana Gabriella Pession) che si concede allegramente al gladiatore (o auriga) di turno. Un problema, però, Those About To Die ha saputo aggirarlo con grazia e intelligenza: quello dell’inclusività e della rappresentatività.
Molto semplicemente, è bastato introdurre nelle trame una famiglia proveniente dalla Numidia e alcuni simpatici mercanti di cavalli provenienti dalla provincia Betica (zona di Siviglia e dell’odierna Andalusia, in Spagna). Anche fra i piloti partecipanti alla corsa delle bighe sono rappresentate varie etnie e provenienze (si nomina Eliogabalo, divinità siriana).
L’omaggio al Ben Hur di Charlton Heston resta, appunto, un pallido omaggio, ma è piacevole vedere un quadro un po’ più ampio e capire qualcosa dell’economia schiavile e dei commerci su cui si basava la potenza dell’Impero Romano.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Bentornato Iwan Rheon
  • Anthony Hopkins
  • Inclusività e rappresentazione di un mondo ampio
  • Cura in certi dettagli storici
  • Scarsa finezza nella realizzazione
  • Poca personalità nella sceneggiatura

 

Nonostante una certa cura nel presentare i dettagli storici, la serie manca di personalità. Sembra voler copiare, ispirarsi a varie fonti (Game of Thrones in primis) ma non riesce a trovare una propria voce originale.
Ai tempi, il team Recenserie rinunciò a recensire Domina oltre il pilot, perché non era una serie “bella” né così brutta da potersi divertire a dirne male. Eppure, a modesto parere di chi scrive, là c’era una forza propulsiva che spingeva a vedere la puntata seguente.
Qui risulta più difficile orientarsi, data la forse troppa carne messa al fuoco da subito. Si spera nell’evoluzione di personaggi come Tenax e come i numidi o gli ispanici, per ora solo abbozzati.
In attesa degli sviluppi, il pilot strappa una sufficienza interlocutoria.

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Casalingoide piemontarda di mezza età, abita da sempre in campagna, ma non fatevi ingannare dai suoi modi stile Nonna Papera. Per lei recensire è come coltivare un orticello di prodotti bio (perché ci mette dentro tutto; le lezioni di inglese, greco e latino al liceo, i viaggi in giro per il mondo, i cartoni animati anni '70 - '80, l'oratorio, la fantascienza, anni di esperienza coi giornali locali, il suo spietato amore per James Spader ...) con finalità nutraceutica, perché guardare film e serie tv è cosa da fare con la stessa cura con cui si sceglie cosa mangiare (ad esempio, deve evitare di eccedere col prodotto italiano a cui è leggermente intollerante).

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