L’antica Roma può vantare un buon numero di serie televisive, sicuramente più di quelle dedicate agli Assiri o ai Maori.
Celebre resta tuttora Rome, uno dei primi kolossal della HBO, e molti appassionati ancora ricordano con nostalgia Spartacus, nonostante (o forse proprio per) il suo stile tamarro ed esagerato, sanguinario e volgare.
Più di recente ha destato molto interesse l’esperimento di Sky Romulus, una sorta di spin-off/reboot/remake/quel-che-è del film Il primo re di Matteo Rovere.
La piattaforma pay-TV deve voler puntare molto su questo periodo storico, perché a pochi mesi da Romulus arriva Domina. Sottotitolo: “L’imperatore più potente di Roma è una donna”. Pubblicata anche come la vera storia di Drusilla, in lungo e in largo, insieme a proclami roboanti sul suo messaggio femminista.
Ma Domina è davvero una storia vera? E soprattutto, è una storia scritta bene? Chissà…
L’AGONIA DELLA REPUBBLICA
Innanzitutto, bisogna fotografare bene il periodo storico in cui è ambientata la serie. Domina racconta, si è già detto, la storia di Livia Drusilla, terza moglie di Ottaviano Augusto, coprendo il delicato passaggio dalla repubblica al principato.
Siamo nel 44 a.C. e il tiranno Giulio Cesare, come recita la didascalia iniziale, è stato appena assassinato fuori dal Senato. Nemmeno un minuto e già bisogna fare uno sforzo notevole per chiudere un occhio sugli errori storici, su quel “tiranno” dalla connotazione squisitamente negativa affibbiato a Cesare e sul dettaglio del luogo dell’omicidio (semmai fu assassinato nel Senato).
Per fortuna nel prosieguo dell’episodio ci si riprende e, al netto di qualche inevitabile semplificazione, la sceneggiatura riesce a rendere bene sullo schermo tutta l’insicurezza e la brutalità della lotta politica dopo l’assassinio di Cesare. Da un lato c’è il triumvirato di Ottaviano, Lepido e Marco Antonio, bramosi di potere e decisi a spartirsi Roma come se fosse una loro proprietà; dall’altro la fazione repubblicana, che vorrebbe salvaguardare le istituzioni della res publica e conservare il potere nelle mani dell’aristocrazia senatoria.
E a quest’ultimo gruppo appartengono le gentes dei Livii e dei Claudii: della prima fa parte la nostra protagonista, Drusilla appunta, dell’altra è esponente l’uomo a cui va in sposa, Claudio Nerone. Così i due futuri coniugi, Ottaviano e Livia, sono presentati come fedeli a schieramenti opposti e la grande, travolgente passione che li unirà per decenni è ancora di là da venire, benché non manchino indizi.
NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE
La martellante pubblicità dei giorni e delle settimane precedenti la messa in onda ha fatto capire fin da subito al pubblico a cosa sarebbe andato incontro, e “Fall” conferma ampiamente tali impressione: Domina non è una serie che sappia essere innovativa o fedele alla storia, nonostante le sue esagerazioni aspirazioni in direzione opposta.
La vicenda di Livia Drusilla è costruita, almeno nel primo episodio (ma è lecito supporre che sarà così anche nei seguenti), su uno schema ampiamente visto in certa letteratura, sia storico-sentimentale sia semplicemente sentimentale o anche erotica: una giovane donna, bella ma inesperta, in balia di uomini che decidono il suo destino, ma con tutti gli strumenti per poter prendere in mano le redini della propria vita e aspirare a qualcosa di più.
Un copione già visto, per citare solo qualche serie storica con la medesima focalizzazione su un personaggio femminile, in The White Princess, The Spanish Princess e The Great. Cambia solo l’epoca storica, ma non la sostanza.
E fin qui non ci sarebbe niente di male, se non fosse che Domina non risparmia tanti altri stereotipi: così Livia ha un padre che stima tantissimo la sua intelligenza e le sue capacità, giusto per rimarcare allo spettatore che la protagonista è speciale; il giovane Ottaviano è un bello e dannato con cui c’è già una palpabile tensione erotica, giusto per rimarcare allo spettatore che lui e Livia finiranno insieme; il primo marito di Livia è un emerito imbecille, giusto per rimarcare allo spettatore che Livia è quella tosta, e via dicendo.
SONO LIVIA, SONO UNA DONNA…
La questione della caratterizzazione di Claudio Nerone rimanda a un altro elemento assai preponderante in Domina: il messaggio femminista. Scegliere una donna per raccontare la storia, per di più quella di una società estremamente patriarcale come quella romana, è un proposito lodevole; e poche donne nella storia dell’Urbe sono state determinate, forti, importanti quanto Livia.
Il problema è che la serie Sky, pur di far risaltare la protagonista femminile, distorce tutto il resto. Livia dev’essere quella intelligente, assennata, equilibrata, visionaria, ardimentosa, coraggiosa. Quindi tutti gli uomini che la circondano devono essere dei codardi, come il marito, o dei maiali malati di sesso, come Ottaviano. L’unico esentato è il padre Livio (ma solo perché è l’unico ad aver capito quanto la figlia sia speciale, mica per altro). E tutte le donne sono oche giulive invidiose e stupide, sottomesse ai capricci degli uomini, adultere e impenitenti.
L’approssimazione nella scrittura dei caratteri riguarda, purtroppo, anche Livia stessa. Nell’arco di poche scene si passa dalla ragazzina inesperta di uomini alla matrona che tiene testa alle avances del futuro Augusto prendendolo (letteralmente) per le palle. Peccato che subito dopo torni una ragazzina inesperta e in balia degli uomini, che però nel finale si trasforma ancora una volta, diventando una macchina da guerra omicida.
C’è da dire che quest’ultimo passaggio è giustificato, perché Livia viene da anni di latitanza che l’hanno fortificata. Semmai, fa storcere il naso il fatto che questo passaggio sia stato troppo repentino e sarebbe stato meglio diluirlo in due episodi. Evidentemente l’idea di chiudere il pilot con Livia sporca di sangue dopo aver ammazzato un soldato nemico piaceva troppo per posticiparla alla seconda puntata.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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A livello di fedeltà storica, Domina non è neanche tanto male, nonostante la brutta didascalia su Cesare con cui si apre. Il problema è che mostra personaggi scritti male e caratterizzati quasi con l’unico scopo di far risaltare Livia Drusilla. Il fatto che venga presentata come “la vera storia dell’imperatrice”, di conseguenza, finisce per essere un clamoroso autogol.
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Divoratore onnivoro di serie televisive e di anime giapponesi, predilige i period drama e le serie storiche, le commedie demenziali e le buone opere di fantascienza, ma ha anche un lato oscuro fatto di trash, guilty pleasures e immondi abomini come Zoo e Salem (la serie che gli ha fatto scoprire questo sito). Si vocifera che fuori dalla redazione di RecenSerie sia una persona seria, un dottore di ricerca e un insegnante di lettere, ma non è stato ancora confermato.