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“L’elemento fondamentale della filosofia dei supereroi è che abbiamo un supereroe e il suo alter ego.
Batman è di fatto Bruce Wayne. L’Uomo Ragno è di fatto Peter Parker.
Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker. Deve mettersi il costume per diventare l’Uomo Ragno.
Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere.
Superman non diventa Superman. Superman è nato Superman.“
Batman è di fatto Bruce Wayne. L’Uomo Ragno è di fatto Peter Parker.
Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker. Deve mettersi il costume per diventare l’Uomo Ragno.
Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere.
Superman non diventa Superman. Superman è nato Superman.“
(Kill Bill: Volume 2)
Le ultime tre puntate di Arrow possono rappresentare una sorta di trilogia dell’identità, per come sembrano confluire verso quest’unico tema all’interno di un percorso chiaro e definito, intrapreso non solo dal protagonista, ma da tutti gli ormai ex membri del team che fu.
“Crossing Lines” è il primo atto di tale percorso, che ha come fine ultimo quello di dimostrare l’assoluto bisogno dei Vigilanti a Star City, attraverso la loro mancanza. E quando manca qualcosa, la prima soluzione è quella di crearsi delle alternative. È infatti la ricerca di queste a caratterizzare l’episodio e le singole storyline di ciascun personaggio.
Così Felicity, nel tentativo di porre fino una volta per tutte alla minaccia Diaz, chiede aiuto prima a Diggle e la ARGUS, poi all’Agente Watson e all’FBI. La lotta nasconde nel suo sottotesto, un’altra sfumatura morale e psicologica: Felicity deve combattere col suo passato da “Overwatch”, gli viene continuamente chiesto di soffocare la sua natura se vuole collaborare con loro. Fallendo miseramente, però, ecco che la ragazza finisce col catturare Silencer in segreto, come se l’unica vera alternativa al team Arrow sia solo quella di dover “oltrepassare il limite”, moralmente quanto legalmente.
Stessa cosa dicasi per Diggle, in conflitto col personale rifiuto di indossare il cappuccio e raccogliere l’eredità di Oliver, perfettamente coerente col voltafaccia generale di tutti i protagonisti. La scelta di dare ora priorità alla propria famiglia sicuramente regge e funziona. Eppure, anche qui, l’ex guardia del corpo finisce con l’imbattersi nei segreti della moglie e dell’ARGUS stessa, riportando a galla quella mancanza di fiducia che ha già minato l’equilibrio del team Arrow, macchiando in questo modo la sua alternativa.
Naturalmente la crisi peggiore è riservata allo stesso Oliver Queen, paradossalmente più unito che mai all’identità di Green Arrow agli occhi della gente, eppure mai più distante interiormente. A ridestarlo nuovamente dalla sua dichiarata rinuncia ad indossare i panni dell’eroe è solo il ritorno di Diaz. Raggiungere il “Level Two” ed “oltrepassare il limite” sembra allora tutta una sottile metafora per l’inizio del suo percorso esistenziale: per ritrovare se stesso, deve prima rinunciare ad essere quello che è sempre stato.
Le alternative alla via dell’eroe tradiscono più o meno tutte le nuove identità dei protagonisti.
Oliver: “I’m Inmate 4587”
Nel secondo atto il percorso identitario dei personaggi si fa più intimo e personale. La parola chiave dell’episodio è allora resistenza. Da un lato c’è infatti Dinah che vuole mantenere ben salda la propria posizione lavorativa, dall’altro c’è Renè che invece parteggia per il nuovo vigilante. Allo stesso modo anche Laurel si trova a combattere su più fronti. Resiste per tutta la puntata Oliver, per difendere l’onore della sua lunga crociata, attaccato dal giudizio dello psichiatra e contro i fantasmi del proprio passato. Letteralmente, infine, viene introdotta questa fantomatica “Resistenza dei Vigilanti” nelle avventure future di Roy e di William.
A proposito del flashforward, va detto che la gestione col contagocce ha il merito di renderlo ancor più affascinante, regalando a fasi alterne precise e gustose rivelazioni. Il futuro sembra essere la diretta conseguenza della (cattiva) scelta di eliminare i vigilanti, rimanendo sempre in stretto legame col macro-arco narrativo della stagione. William stesso è di fatto alla ricerca della propria di identità, abbandonato com’è stato dalla sua famiglia e nel mentre continua a imbattersi in tristi e stantie copie di un passato glorioso.
A livello di trama, invece, lo spunto più rilevante è quello della morte di Felicity. L’ambientazione in una Smoak Industries caduta in rovina, unita all’informazione offerta da Laurel nel presente, ossia di una Felicity potente e di successo nella Terra-2, apre ad una suggestione: e se il futuro mostratoci fosse proprio quello della Terra alternativa? Si rivelerebbe sì una grande trollata degli autori, ma li salverebbe da eventuali incongruenze nell’immediato.
È in un interessante campo di battaglia interiore, che attraversa e incrocia diverse generazioni, che Oliver finisce con l’identificarsi come Inmate 4587. Certamente la cura dello psichiatria non è apparsa tanto irresistibile come la Ludovico di Arancia Meccanica, ma riesce comunque nell’intento di piegare la resistenza di Oliver. Siamo al punto più critico del viaggio dell’eroe, ma come ogni buon manuale di sceneggiatura insegna è solo il preambolo per una più luminosa risalita.
È in un interessante campo di battaglia interiore, che attraversa e incrocia diverse generazioni, che Oliver finisce con l’identificarsi come Inmate 4587. Certamente la cura dello psichiatria non è apparsa tanto irresistibile come la Ludovico di Arancia Meccanica, ma riesce comunque nell’intento di piegare la resistenza di Oliver. Siamo al punto più critico del viaggio dell’eroe, ma come ogni buon manuale di sceneggiatura insegna è solo il preambolo per una più luminosa risalita.
Oliver: “My name is Oliver Queen!”
Non poteva esserci conclusione migliore che questo terzo atto, utile ad offrire ai personaggi il loro riscatto, segnando un punto di svolta nel loro percorso stagionale.
La vera identità degli eroi è quella che indossa il costume, non il costume stesso. Lo dice a chiare lettere Diggle a Curtis, nella loro missione per l’ARGUS. Lo capiscono Dinah, Felicity e Laurel, che finalmente tornano a unirsi, nonostante le proprie divergenze. Lo comprende Oliver, che arriva finalmente a scendere a patti col proprio “demone”: il demone, Green Arrow, Oliver Queen, non sono entità nette e separate in perenne conflitto; sono invece loro, tutte insieme, che l’hanno formato e reso l’eroe che adesso è pronto finalmente ad impersonare.
Esattamente come “The Demon” si rivela essere nient’altro che Talia al Ghul, solo un altro nome, un’altra identità che fa capolino dal passato. Tra tutti i potenziali vecchi villain che gli autori potevano ritirare fuori, gli autori optano probabilmente per quello più incompiuto e per questo bisognoso di un’altra possibilità.
In “The Demon”, insomma, tutti riescono a trovare il proprio riscatto, all’insegna dell’empatia nei confronti di altre persone. Sta infatti nel loro desiderio di soccorrere il prossimo il loro grande eroismo, e malgrado alcuni, capiscono ora di dover tornare sui propri passi perché loro sono in grado di farlo: per citare un grande autore che ci ha lasciato di recente “da grandi poteri, derivano grandi responsabilità“.
La trilogia dell’identità si conclude qui liberando i protagonisti dei dubbi morali che li stavano bloccando e li tenevano separati, rendendoli allo stesso tempo più deboli che mai. L’operare alla luce del Sole non implica necessariamente il rinnegare ciò che sono stati, piuttosto è venendo a patti con ciò che erano e con le azioni, positive o negative, che hanno compiuto che possono vivere in una nuova veste, finalmente completa e priva di catene.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Arrow conferma l’ottimo momento di forma con un filotto di puntate in cui i protagonisti vengono letteralmente demoliti, per poi essere ricostruiti più forti e, soprattutto, più liberi. Dopo tanto e apprezzato intimismo, adesso però ci aspettiamo le botte vere.
The Longbow Hunters 7×02 | 1.18 milioni – 0.4 rating |
Crossing Lines 7×03 | 1.15 milioni – 0.4 rating |
Level Two 7×04 | 1.08 milioni – 0.3 rating |
The Demon 7×05 | 1.26 milioni – 0.4 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.