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“My name is Oliver Queen. After 5 years in hell I returned home with only one goal: to save my city. For 8 years, I’ve fought alongside brave men and women striving for justice, but then a Crisis came and I had to become someone else.
I had to become something else. I made the ultimate sacrifice, which helped birth an entirely new universe. Now my friends and family will have to go on without me and although I have become a Spectre, there is a part of me that will always be The Green Arrow.”
I had to become something else. I made the ultimate sacrifice, which helped birth an entirely new universe. Now my friends and family will have to go on without me and although I have become a Spectre, there is a part of me that will always be The Green Arrow.”
Le luci si spengono. Le porte dell’ascensore si chiudono. Un’era finisce, quella degli eroi, mentre un’altra sembra pronta ad iniziare, una fatta di pace e tranquillità a Star City. Arrow raccoglie le ultime (poche) forze rimaste nel proprio corpo congedandosi dal proprio pubblico con un episodio da un evidente, nonché ingombrante, sottotitolo: non necessario.
Questa sensazione, questo elemento che diventa minuto dopo minuto sempre più evidente, è tale da rendere “Fadeout” quasi un ectoplasma, un corpo estraneo a questa stagione altrimenti di buon livello (se non ottimo).
Star City è sicura, lo spettatore ne è venuto a conoscenza nella scorsa puntata e l’inizio dell’episodio si impegna nel ri-sottolineare questa novità con il documentario che viene girato in onore di Green Arrow, a.k.a. Oliver Queen. Un documentario nel quale Diggle si rivela al mondo come Spartan, una cosa che fa accapponare la pelle se si considera che per sette stagioni si è cercato di far di tutto pur di salvaguardare le identità segrete di tutto il team. Ma è il finale, quindi evidentemente tutto è concesso.
O almeno così devono aver pensato gli addetti ai lavori nel preciso istante in cui han pensato bene di rendere il ritorno in scena di Felicity il più apatico, strano e (è giusto ripeterlo) non necessario possibile. In poco meno di quaranta minuti di presenza colleziona una manciata di sguardi tristi e si mostra tutt’altro che disposta a riabbracciare la figlia, anzi, le nega anche il saluto cedendo solo sul finale. Un personaggio che appare svuotato di tutta quell’umanità che l’aveva resa vero cardine non solo dello show, ma anche di Oliver stesso. È grazie a Felicity che Oliver è riuscito, in un percorso durato otto stagioni, a progredire e soprattutto a maturare, portando in scena una delle evoluzioni caratteriali migliori nel panorama seriale.
Questa sensazione, questo elemento che diventa minuto dopo minuto sempre più evidente, è tale da rendere “Fadeout” quasi un ectoplasma, un corpo estraneo a questa stagione altrimenti di buon livello (se non ottimo).
Star City è sicura, lo spettatore ne è venuto a conoscenza nella scorsa puntata e l’inizio dell’episodio si impegna nel ri-sottolineare questa novità con il documentario che viene girato in onore di Green Arrow, a.k.a. Oliver Queen. Un documentario nel quale Diggle si rivela al mondo come Spartan, una cosa che fa accapponare la pelle se si considera che per sette stagioni si è cercato di far di tutto pur di salvaguardare le identità segrete di tutto il team. Ma è il finale, quindi evidentemente tutto è concesso.
O almeno così devono aver pensato gli addetti ai lavori nel preciso istante in cui han pensato bene di rendere il ritorno in scena di Felicity il più apatico, strano e (è giusto ripeterlo) non necessario possibile. In poco meno di quaranta minuti di presenza colleziona una manciata di sguardi tristi e si mostra tutt’altro che disposta a riabbracciare la figlia, anzi, le nega anche il saluto cedendo solo sul finale. Un personaggio che appare svuotato di tutta quell’umanità che l’aveva resa vero cardine non solo dello show, ma anche di Oliver stesso. È grazie a Felicity che Oliver è riuscito, in un percorso durato otto stagioni, a progredire e soprattutto a maturare, portando in scena una delle evoluzioni caratteriali migliori nel panorama seriale.
“I’m gonna miss this place.”
“We all will.”
“We all will.”
Felicity aveva aiutato Oliver ad abbandonare quel sentimento di rabbia e vendetta che lo avvelenava e che, talvolta, gli annebbiava la mente. Il risultato, sotto gli occhi di tutti, è l’Oliver Queen pronto a sacrificarsi in prima persona per poter salvaguardare la propria famiglia, i propri amici, il pianeta. Il sacrificio ultimo, avvenuto durante il crossover da poco passato, che ha sconvolto l’intera linea narrativa degli universi, facendo convergere tutte le Terre fin qui narrate.
Proprio di questa crisi e degli effetti sulla realtà in cui i personaggi vengono narrati allo spettatore meritano un piccolo approfondimento. Nonostante tutti dovrebbero essere allo scuro degli avvenimenti legati alla crisi (fatta eccezione per le persone a cui J’onn ha concesso questo privilegio), la gente ne parla come se fosse un fatto acclarato, certo e senza zone d’ombra. Un gigantesco buco di sceneggiatura a cui, semplicemente, nessuno sembra voglia prestare troppa attenzione.
La puntata si circoscrive a pochi elementi degni di interesse: i flashback che accompagnano lo spettatore durante l’intera visione; il funerale di Oliver Queen.
Il viaggio nei ricordi di Arrow, metaforico ma anche visivo, si conclude esattamente lì dove dovrebbe: con la morte dell’uomo, ma con il ricordo dell’eroe che gli sopravvive e che diventa mito, leggenda. Proprio gli amici di Oliver, Diggle in primis, riuniti per la triste occasione, si fanno portatori del compito di salvaguardare Star City ereditato da Green Arrow.
Ma è anche la conclusione dell’era degli eroi, come inizialmente appuntato in questa recensione: vedere il bunker segreto di Oliver che lentamente viene svuotato e spento ha un sapore di malinconia unico ed è a tutti gli effetti una delle scene migliori con la quale questa serie poteva concludersi.
“Fadeout”, purtroppo però, non è esente da difetti, a tratti addirittura macroscopici. Si è già parlato di Felicity e della sensazione di non necessarietà che trasuda dall’episodio, ma per completezza andrebbe anche fatto presente come risultino forzate alcune re-introduzioni di personaggi (solo, ovviamente, per dare un commiato completo ad Oliver e ad Arrow), così come alcune scelte di sceneggiatura del tutto insensate (proposte di matrimonio inserite in momenti del tutto impensabili, per esempio). Senza parlare poi del rapimento di William, utile ai fini di trama (per riunire insieme tutti i preziosi pezzi del puzzle che si chiama Arrow), ma del tutto futile ed insignificante. Un’appendice di troppo e che non lascia nulla dopo il suo passaggio.
L’elogio funebre di John non è invece qualcosa di semplicemente toccante ma, toccando tutte le corde giuste, riesce ad essere uno dei migliori monologhi conclusivi mai andati in onda: il sentimentalismo, lo sguardo verso il futuro ed il ricordo del passato sono tutti elementi che si mescolano in una esposizione come sempre ben ordinata e composta (è pur sempre Diggle), ma che riesce a colpire dritta al cuore.
Proprio di questa crisi e degli effetti sulla realtà in cui i personaggi vengono narrati allo spettatore meritano un piccolo approfondimento. Nonostante tutti dovrebbero essere allo scuro degli avvenimenti legati alla crisi (fatta eccezione per le persone a cui J’onn ha concesso questo privilegio), la gente ne parla come se fosse un fatto acclarato, certo e senza zone d’ombra. Un gigantesco buco di sceneggiatura a cui, semplicemente, nessuno sembra voglia prestare troppa attenzione.
La puntata si circoscrive a pochi elementi degni di interesse: i flashback che accompagnano lo spettatore durante l’intera visione; il funerale di Oliver Queen.
Il viaggio nei ricordi di Arrow, metaforico ma anche visivo, si conclude esattamente lì dove dovrebbe: con la morte dell’uomo, ma con il ricordo dell’eroe che gli sopravvive e che diventa mito, leggenda. Proprio gli amici di Oliver, Diggle in primis, riuniti per la triste occasione, si fanno portatori del compito di salvaguardare Star City ereditato da Green Arrow.
Ma è anche la conclusione dell’era degli eroi, come inizialmente appuntato in questa recensione: vedere il bunker segreto di Oliver che lentamente viene svuotato e spento ha un sapore di malinconia unico ed è a tutti gli effetti una delle scene migliori con la quale questa serie poteva concludersi.
“Fadeout”, purtroppo però, non è esente da difetti, a tratti addirittura macroscopici. Si è già parlato di Felicity e della sensazione di non necessarietà che trasuda dall’episodio, ma per completezza andrebbe anche fatto presente come risultino forzate alcune re-introduzioni di personaggi (solo, ovviamente, per dare un commiato completo ad Oliver e ad Arrow), così come alcune scelte di sceneggiatura del tutto insensate (proposte di matrimonio inserite in momenti del tutto impensabili, per esempio). Senza parlare poi del rapimento di William, utile ai fini di trama (per riunire insieme tutti i preziosi pezzi del puzzle che si chiama Arrow), ma del tutto futile ed insignificante. Un’appendice di troppo e che non lascia nulla dopo il suo passaggio.
L’elogio funebre di John non è invece qualcosa di semplicemente toccante ma, toccando tutte le corde giuste, riesce ad essere uno dei migliori monologhi conclusivi mai andati in onda: il sentimentalismo, lo sguardo verso il futuro ed il ricordo del passato sono tutti elementi che si mescolano in una esposizione come sempre ben ordinata e composta (è pur sempre Diggle), ma che riesce a colpire dritta al cuore.
“The Oliver that I met 8 years ago is not the one that we say good-bye to today. Oliver always told me that in order to save his city, he had to become someone else, he had to become something else.
I always thought that meant becoming the Green Arrow but… today, I realized that meant becoming a better man, the best man he knew how to be and he took all of us with him on that journey. He changed everything. Oliver brought heroes into the world, he inspired heroes, he inspired all of us here. I was his brother and Oliver Queen was mine. Of course, life will go on. It always does but how, what twists and turns it will take I can’t say. I don’t know what the future holds…Except to say to expect the unexpected.
Oliver may be gone but his mission endures. That mission lives on, Oliver lives on in the people he inspired. Some will take that mission to the rest of the world…Maybe even beyond that…
Because if the past 8 years has shown us anything…It’s that this universe is far bigger than any of us could have dared imagine…Even if it is a little less bright without him in it.”
I always thought that meant becoming the Green Arrow but… today, I realized that meant becoming a better man, the best man he knew how to be and he took all of us with him on that journey. He changed everything. Oliver brought heroes into the world, he inspired heroes, he inspired all of us here. I was his brother and Oliver Queen was mine. Of course, life will go on. It always does but how, what twists and turns it will take I can’t say. I don’t know what the future holds…Except to say to expect the unexpected.
Oliver may be gone but his mission endures. That mission lives on, Oliver lives on in the people he inspired. Some will take that mission to the rest of the world…Maybe even beyond that…
Because if the past 8 years has shown us anything…It’s that this universe is far bigger than any of us could have dared imagine…Even if it is a little less bright without him in it.”
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Suit up!“: Arrow saluta così, in maniera definitiva, il proprio pubblico. Un episodio fatto di luci ed ombre, esattamente come gli ultimi otto anni passati a Starling City-Star City ci hanno insegnato. Una Felicity tornata in scena in modo inguardabile ed un episodio che in più punti sembra voglia sottolineare il suo non essere necessario (non aggiungendo nulla a quanto di già visto negli episodi precedenti), pesano su di una puntata di ben altro valore (anche solo psicologico). Ma d’altra parte, forse non c’era effettivamente più nulla da dire se non concedere al buon Oliver Queen un degno saluto per gli otto anni passati insieme. A volte un silenzio vale molto di più di tante parole, ma il discorso di Diggle è la conclusione perfetta per questo show.
Green Arrow & The Canaries 8×09 | 0.89 milioni – 0.3 rating |
Fadeout 8×10 | 0.73 milioni – 0.2 rating |
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.