B: “Rhoades reached out to me..”
C: “Did you cut off his hand? […]
You did the other thing..”
B: “You would cut off his hand, right?”
C: “That’s me.”
Quando si tratta di recensire “Billions” la più grande paura è quella di risultare ripetitivi, di scrivere cioè sempre le stesse cose. Anche al termine di “The Oath” la sensazione che prevale è quella della delusione. Delusione perché, ancora una volta, Billions non riesce ad essere all’altezza di quelle aspettative che erano così alte dopo il “Pilot” andato in onda ormai un anno fa. Nella quarta puntata della seconda stagione, infatti, si assiste all’ennesima partita a scacchi tra le due fazioni: se Axe continua a inseguire il suo sogno di comprare una squadra di football, tentando nel mentre di tenere a bada i problemi del suo fido scagnozzo Mike (con tanto di riferimento al tatuaggio di Ted Mosby in HIMYM), Chuck è alle prese con il caso Boyd ormai diventato noto come caso Spartan-Ives.
Per avere, finalmente, un faccia a faccia tra le due star di questa serie c’è da attendere la fine della puntata e, ancora una volta, ad ogni punto conquistato da uno risponde puntualmente l’altro. L’equilibrio, insomma, regna sovrano e ci si domanda fino a quando questo teatrino possa durare prima di stancare definitivamente lo spettatore. Fino ad ora (e per “ora” intendiamo questi primi 4 episodi) entrambi si sono limitati ad attaccarsi reciprocamente per vie indirette, quasi più come se fosse un riscaldamento che altro, soltanto nel finale di “The Oath” si denota un certo cambio di marcia. Tutto però rimane ancora troppo blando e vago.
Nell’oceano di attendismo in cui sguazza Billions, menzione a parte va data alle storyline, inutili e insensate, delle due mogli: Lara, da consumata “business-woman“, manda al tappeto il suo avversario mettendolo nei guai con la giustizia (che novita!); Wendy invece capisce, dopo aver giudicato l’attitudine di un’aspirante astronauta prima di un viaggio nello spazio, che il suo vero scopo è quello di “sporcarsi le mani”, aiutare un paziente e non semplicemente giudicarlo. Magicamente alla sua porta bussa uno spaesato Wags. L’inutilità di queste due storyline riempitive si spiega da sola ma è importante sottolineare come danneggino in qualche modo “The Oath” proprio a causa dell’ennesima scena priva di mordente e non richiesta. Wendy, molto più che Lara, aveva un ruolo preciso e, trovandosi nel mezzo, riusciva ad interagire sia con Chuck che con Axe, ora tuttavia è fuori dal giro e, pur di mantenerla nella narrazione, si ricorre a mezzucci quali storyline di basso borgo. Chiaramente un errore.
“You have to protect the parent-child relationship.
Anyone else in the world will fuck you over friends, lovers bosses.
No, your father is the one person you’re gonna be able to count on when it matters.”
Billions spesso e volentieri regala dei monologhi importanti che possono essere presi e considerati come consigli di vita, “The Oath” non è esente. La parte migliore dell’episodio è senza dubbio il dialogo sul rapporto padre-figlio che Rhoades ha con Kate, un dialogo da mentore in cui Chuck spiega che l’unico uomo che non le volterà mai le spalle e che sarà sempre disposto a darle sempre una mano, a qualsiasi prezzo, sarà proprio quel papà (da 12 milioni di $ nel conto off-shore) che si è rivelato essere diverso da quello che aveva sempre professato. Un qualcosa che andrebbe sempre ricordato.
Sarebbe bello, alle porte della quinta puntata stagionale, che fossero affrontate, una volta per tutte, la situazione del divorzio tra i coniugi Rhoades e che fosse poi sviluppato quel “triangolo” che porterebbe solo dei vantaggi all’intera serie. Abbiamo compreso appieno la personalità un po’ infantile e vendicativa di Bobby e Chuck, senza però vedere nulla di sconvolgente, ma sempre e solo le solite stoccatine: è tempo di vedere il sangue.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Optimal Play 2×03 | 0.85 milioni – 0.2 rating |
The Oath 2×04 | 0.98 milioni – 0.3 rating |
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.