Breaking Bad 5×11 – ConfessionsTEMPO DI LETTURA 5 min

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C’è un unico motivo se Breaking Bad è diventato quel fenomeno di culto che è ora, e quel motivo non è il modo con cui sta tuttora raccontando il cambiamento di un uomo malato di cancro in un signore della droga. La sola ragione di questa adulazione di massa è dovuta alla capacità unica ed inimitabile di poter trasmettere tutte le emozioni, i pensieri e lo stato d’animo dei protagonisti senza l’utilizzo di dialoghi o anche di una singola parola. Quante volte ci siamo ritrovati a guardare minuti e minuti di show senza che venisse proferita una singola frase e al contempo ritrovarci adulanti di fronte a cotanta bravura di sceneggiatori e cast? Tante volte ma mai abbastanza. Ogni occasione in cui è capitata questa situazione, ci è stato dimostrato come distruggendo il concetto stesso di telefilm, inteso come rappresentazione visiva e uditiva di una storia in più atti, sia possibile esprimere ben più di quanto lo permettano le parole.
Tutta questa manfrina per dire che la scena di Jesse è stata adrenalina allo stato puro, ha generato uno stato di ansia e di coinvolgenza dello spettatore nel suo stato d’animo difficilmente riscontrabile in altri serial. Non sono mai stato un fan di Aaron Paul, si ok un bravo attore ma troppo elogiato per i miei gusti, soprattutto se paragonato ad altri attori che non hanno vinto l’Emmy a discapito suo. Premesso questo bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare ed ammettere che la performance di Paul è stata decisamente sopra le righe. L’immedesimazione nel personaggio è sublime, sembra che la sofferenza e la rabbia provata da Jesse sia reale e mai come ora davvera vivida e pulsante, insomma da Emmy meritato. In quegli attimi infiniti che si frapponevano tra l’Alaska e Jesse era come se a caratteri cubitali ma invisibili ci fosse stato scritto sullo schermo la parola “ricina”. E lampeggiava, lampeggiava sempre di più fino a diventare un pugno in faccia a Saul e un dito sul grilletto. La colonna sonora che accompagna gli ultimi istanti di un Jesse versione benzinaio è ancora in modalità repeat nel mio cervello e credo che rimarrà così fino alla visione del prossimo episodio.
La sigaretta alla ricina è sempre stata una grossa spina nel fianco di Walter dai tempi di Brock. Come sappiamo, anche dai flashforward, non è stata ancora usata ma non per questo ha perso la sua importanza, anzi. In maniera piuttosto hitckockiana, possiamo vedere la sigaretta come un MacGuffin che dà inizio alla fine. Proprio nel momento in cui Walter era riuscito a mettere fuori gioco Hank e Marie ecco che il MacGuffin della situazione svolge la sua mansione e fa scattare la bomba ad orologeria chiamata Jesse Pinkman. Non servono consigli paterni o abbracci e lacrime, finalmente Jesse ha fatto due più due, ha collegato la morte di Brock, la sigaretta alla ricina, la scomparsa di Mike ed il modo di fare di Heisenberg, ed ora è l’inizio della fine.
“Confessions” è quanto di meglio ci si possa aspettare da Breaking Bad, un inizio un po’ lento ma che ad ogni scena può riservare sorprese e direzioni inaspettate. La sceneggiatura, studiata come sempre a puntino dal minuzioso Gilligan ma stavolta firmata da Gennifer Hutchison (la stessa che ha scritto “Buyout“), si fregia di alcune perle stilistiche come ad esempio la confessione di Walter. I meme riportanti le facce di Hank e Marie che si trovavano già dopo qualche ora dalla fine della puntata lasciano ben intendere quanto d’effetto sia stato quel video. L’ammissione di colpevolezza che ci si attendeva è in realtà manipolata ad hoc per incastrare e per legare le mani ad Hank e, per quanto poco plausibile per noi spettatori, la testimonianza e la prova fornita dal pagamento dell’assicurazione per le cure post attentato possono reggere tranquillamente in tribunale, specialmente in quelli americani forniti di giuria che si beve qualsiasi tesi costruita ad hoc da un buon avvocato. Insomma, ci sta tutta come falsa confessione.
Tutto l’episodio è un crescendo ma purtroppo non è perfetto come si potrebbe pensare. A mancare sono ben due elementi se vogliamo dirla tutta: i primi 15 minuti e Skyler. Il quarto d’ora iniziale se messo a confronto con il resto dell’episodio è pura noia e sonnolenza, sembra quasi uno spezzone appartenente ad un altro episodio perchè, ammettiamolo, a noi di Todd non ce ne può fregare di meno ora come ora. Tuttavia se continuano a riproporcelo ci sarà pure un motivo che però ora è alquanto difficile da trovare. Altro anello debole è Skyler che vive un’ambivalenza di emozioni e di atteggiamenti in questa quinta stagione. Penso che voi tutti vi ricordiate le richieste di aiuto fatte dalla signora White tramite tuffi in piscina nel bel mezzo di una cena o con il trasferimento dei figli da Hank e Marie, sembra passata un’eternità da allora, per noi un anno ma in Breaking Bad solo qualche mese. Come è possibile allora un capovolgimento di ideali da parte di colei che un tempo avrebbe preferito ammazzarsi piuttosto che giacere nel letto con suo marito? Bella domanda, francamente la risposta non c’è oppure si chiama schizofrenia perchè per arrivare a difendere a spada tratta il marito/trafficante di droga/assassino/manipolatore bugiardo ce ne vuole, soprattutto se ne va di mezzo il rapporto con la sorella ed il cognato. Strano che Gilligan non ci abbia fatto caso, davvero molto strano…

PRO:

  • La confessione e le facce di Hank e Marie nel mentre
  • Puntata esplosiva e caratterizzata da un suo dannatissimo perchè
  • Jesse smette di fare l’autistico e si trasforma nella mina vagante che tutti si aspettavano
  • La pistola ghiacciata di Heisenberg
  • “Just kill yourself”
  • Soundtrack e scena finale da brividi
CONTRO:
  • In tutto questo ben di Dio non si può non constatare come la personalità di Skyler sia diventata alquanto volubile e discutibile visto i vari cambiamenti di opinione sul marito. Viene da chiedersi se effettivamente ci sia o ci faccia…
  • Primi 15 minuti noiosi e sprecati focalizzandosi su Todd

I due contro negano i 5 Emmy a questo episodio praticamente perfetto che segna l’inizio della fine. Solo due parole per voi: holy shit.

 

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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