0
(0)
Quando tra amici si parla di serie tv e, magari, se ne consiglia qualcuna, la domanda che obbligatoriamente ci si deve attendere ovviamente è: “Di che cosa parla?”. A volte, rispondere a questo quesito è perfino banale (basti pensare ai vari polizieschi, o legal drama, dove la trama è chiara e riassumibile con poche frasi); in altre situazioni, invece, questo compito risulta molto più arduo. Ciò si verifica nei casi in cui la trama orizzontale (e, a volte, anche quella verticale) non sono il focus principale sul quale si concentra lo show. Godless, miniserie western di Netflix, può rientrare tranquillamente in quest’ultima categoria. Giunti al quarto episodio (a soli tre dal series finale), infatti, si può osservare come le varie storyline procedano ad un ritmo incredibilmente blando e, soprattutto, siano relegate quasi esclusivamente in secondo piano.
Leggendo queste righe, un utente che non ha ancora visto questa serie potrebbe chiedersi, in modo legittimo, cosa venga dunque mostrato nel corso degli episodi, considerando anche la durata particolarmente lunga delle puntate (sempre superiore all’ora). La risposta è presto detta: ad essere mostrati con particolare attenzione sono i rapporti tra i vari personaggi, composti da interazioni, dialoghi e, talvolta, da sguardi e comunicazione non verbale (basti pensare a come, in “Wisdom Of The Horse”, si sia riusciti a mostrare con chiarezza la forte tensione tra i bianchi e la comunità afroamericana basandosi, quasi del tutto, sulle occhiate lanciate dai parenti di Louise nei confronti di Whitey e dalla loro aria infastidita all’arrivo del suddetto vice sceriffo).
Il risultato di questa scelta sarà un racconto meno frenetico e dinamico, meno propenso a narrare una grande epopea in favore della rappresentazione di uno scorcio più a 360° di quell’epoca, concentrandosi di più su aspetti che, in genere, sono considerati non particolarmente importanti. Quello che è più importante, e che va sempre tenuto a mente, è che una serie tv di questo tipo non è certo inferiore a quelle più improntate sugli avvenimenti e sull’avanzare delle storyline; ciò che conta, come sempre più spesso accade nella tv di questi anni, non è tanto cosa si racconta, bensì come lo si racconta, e Godless lo sta dimostrando in modo impeccabile.
Leggendo queste righe, un utente che non ha ancora visto questa serie potrebbe chiedersi, in modo legittimo, cosa venga dunque mostrato nel corso degli episodi, considerando anche la durata particolarmente lunga delle puntate (sempre superiore all’ora). La risposta è presto detta: ad essere mostrati con particolare attenzione sono i rapporti tra i vari personaggi, composti da interazioni, dialoghi e, talvolta, da sguardi e comunicazione non verbale (basti pensare a come, in “Wisdom Of The Horse”, si sia riusciti a mostrare con chiarezza la forte tensione tra i bianchi e la comunità afroamericana basandosi, quasi del tutto, sulle occhiate lanciate dai parenti di Louise nei confronti di Whitey e dalla loro aria infastidita all’arrivo del suddetto vice sceriffo).
Il risultato di questa scelta sarà un racconto meno frenetico e dinamico, meno propenso a narrare una grande epopea in favore della rappresentazione di uno scorcio più a 360° di quell’epoca, concentrandosi di più su aspetti che, in genere, sono considerati non particolarmente importanti. Quello che è più importante, e che va sempre tenuto a mente, è che una serie tv di questo tipo non è certo inferiore a quelle più improntate sugli avvenimenti e sull’avanzare delle storyline; ciò che conta, come sempre più spesso accade nella tv di questi anni, non è tanto cosa si racconta, bensì come lo si racconta, e Godless lo sta dimostrando in modo impeccabile.
Jim Goode: “Now, you wait for me right hereI’ll be back as soon as I get work. Promise. You don’t go nowhere, understand? You stay right here with Sister Lucy and wait for me to come back. OK, little brother?”
Esattamente come nella puntata precedente, una buona parte del minutaggio complessivo è dedicato a Roy Goode e al suo rapporto con i membri del ranch, in particolare con Truckee. Anche questa volta, infatti, il famigerato bandito veste i panni del genitore e decide di insegnare al ragazzo un’altra delle cose che suo padre non ha fatto in tempo ad insegnargli: l’andare a caccia. A loro due si è aggiunta, inoltre, Iyovi, la nonna di Truckee, nostalgica dei tempi nei quali cacciava spesso e volentieri. Questo trio, molto eterogeneo sia per età che per background (anche nonna e nipote, pur essendo parenti, vengono da percorsi totalmente diversi), si rivela molto funzionale, in quanto riesce a mescolare bene l’aspetto più caratteristico di ognuno dei personaggi: in particolare, si conferma particolarmente valido e solido il binomio tra i dubbi e le insicurezze di Truckee e la pazienza e la voglia di insegnare di Roy, che cerca sempre di non fargli pesare gli errori commessi (come, ad esempio, quando è inciampato o quando se l’è sentita di sparare al cervo).
Chi, invece, aveva un atteggiamento molto più duro verso questi passi falsi era Iyovi che, pur non parlando quasi mai, mostrava chiaramente il suo sdegno con ampi scuotimenti della testa e un’aria piuttosto imbronciata. La donna, però, con il suo modo di fare schietto e la sua energia, non è soltanto la voce critica e severa del gruppo, ma diventa ben presto un punto di riferimento anche per Roy. A proposito del personaggio di Jack O’Connell, si deve sottolineare come egli continui a mostrarsi in un modo assolutamente atipico per un criminale del vecchio West. La ragione di questo suo comportamento ci viene spiegata parzialmente, in questa occasione, tramite l’uso di alcuni flashback, che ci mostrano lui, suo fratello maggiore (colui che gli ha inviato la lettera) e Lucy Cole.
Dato che, nelle puntate precedenti, John Cook scoprì che Sister Lucy lo tenne con sé fino all’adolescenza, si può presumere che Jim non abbia mai mantenuto la promessa di tornare a prenderlo. Potrebbe essere questo il motivo, dunque, per il quale Roy tiene così tanto al giovane Truckee: con le dovute differenze, in qualche modo, si rivede in lui: un giovane senza un modello da prendere come punto di riferimento.
Chi, invece, aveva un atteggiamento molto più duro verso questi passi falsi era Iyovi che, pur non parlando quasi mai, mostrava chiaramente il suo sdegno con ampi scuotimenti della testa e un’aria piuttosto imbronciata. La donna, però, con il suo modo di fare schietto e la sua energia, non è soltanto la voce critica e severa del gruppo, ma diventa ben presto un punto di riferimento anche per Roy. A proposito del personaggio di Jack O’Connell, si deve sottolineare come egli continui a mostrarsi in un modo assolutamente atipico per un criminale del vecchio West. La ragione di questo suo comportamento ci viene spiegata parzialmente, in questa occasione, tramite l’uso di alcuni flashback, che ci mostrano lui, suo fratello maggiore (colui che gli ha inviato la lettera) e Lucy Cole.
Dato che, nelle puntate precedenti, John Cook scoprì che Sister Lucy lo tenne con sé fino all’adolescenza, si può presumere che Jim non abbia mai mantenuto la promessa di tornare a prenderlo. Potrebbe essere questo il motivo, dunque, per il quale Roy tiene così tanto al giovane Truckee: con le dovute differenze, in qualche modo, si rivede in lui: un giovane senza un modello da prendere come punto di riferimento.
Dyer Howe: “You go back into that sick house, Frank, there’s a good chance you don’t come out.”
Frank Griffin: “Don’t worry none about me. I ain’t gonna die of no smallpox.”
Dyer Howe: “What if it’s worse than that? Could be lepers in there.”
Frank Griffin: “I ain’t gonna die of no leprosy, neither. I already done seen what’s gonna get me, and it ain’t no sickness of any kind.”
Frank Griffin: “Don’t worry none about me. I ain’t gonna die of no smallpox.”
Dyer Howe: “What if it’s worse than that? Could be lepers in there.”
Frank Griffin: “I ain’t gonna die of no leprosy, neither. I already done seen what’s gonna get me, and it ain’t no sickness of any kind.”
Nella scorsa recensione, si era fatto un confronto tra Roy e Frank sottolineando come, mentre il primo mostrava delle caratteristiche abbastanza peculiari, il secondo rientrava nella classica definizione del bandito western. In questa occasione, gli autori hanno deciso di cambiare leggermente le carte in tavola facendo compiere al character di Jeff Daniels ben due buone azioni: prestare aiuto (perlomeno per un breve periodo di tempo) a dei malati e risparmiare la vita a Bill. Va fatta, però, molta attenzione: questi due atti non sono affatto inseribili nella stessa categoria. Mentre il primo, infatti, è caratterizzato da un po’ di determinismo e da una specie di “onore del criminale” (spesso inserita nella caratterizzazione dei villain e altrettanto spesso rivelatasi poco più che un evento unico e non ascrivibile ad un codice di condotta; basti pensare, infatti, a quanto fatto con i viaggiatori norvegesi), il secondo è dettato non tanto dalla bontà, quanto dalla scarsissima considerazione che Frank ha di Bill, un uomo quasi cieco e lanciatosi in una missione suicida. La scena finale, in questo senso, è emblematica e rappresenta in modo perfetto la piccolezza dello sceriffo davanti a quella banda. Non è detto che, però, in un disperato tentativo, lo sceriffo non riesca a creare qualche problema al leggendario bandito (del resto, come mostrato anche nel flashback relativo al salvataggio di Alice, ai suoi tempi era un gran pistolero e la grinta, unita alla rabbia per le continue denigrazioni, non gli mancano di certo, vedasi scena iniziale).
In alternativa, potrebbe fare ritorno a LaBelle e fronteggiare Ed Logan, il quale ha ormai preso controllo della città, complice anche l’attenzione di Whitey rivolta esclusivamente verso Louise (a proposito, la scena delle punizioni corporali è tra le più drammatiche e intense dell’intera serie, così come il flashback di cui sopra). In ogni caso, se il livello sarà mantenuto su questi standard, non ci si potrà lamentare.
In alternativa, potrebbe fare ritorno a LaBelle e fronteggiare Ed Logan, il quale ha ormai preso controllo della città, complice anche l’attenzione di Whitey rivolta esclusivamente verso Louise (a proposito, la scena delle punizioni corporali è tra le più drammatiche e intense dell’intera serie, così come il flashback di cui sopra). In ogni caso, se il livello sarà mantenuto su questi standard, non ci si potrà lamentare.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Dopo tanti ringraziamenti, ci si aspettava il definitivo salto di qualità. Questo step è stato effettuato e, per questo, noi benediciamo.
Wisdom Of The Horse 1×03 | ND milioni – ND rating |
Fathers And Sons 1×04 | ND milioni – ND rating |
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Romano, studente di scienze politiche, appassionato di serie tv crime. Più il mistero è intricato, meglio è. Cerco di dimenticare di essere anche tifoso della Roma.