Se c’è una cosa a cui i fan di Grey’s Anatomy sono preparati, dopo ben 18 stagioni, è che le tragedie possono colpire da un momento all’altro le vite dei medici del Grey Sloan Memorial Hospital.
Ne è stata l’ennesima prova lo scorso mid-season finale che ha lasciato il pubblico con un cliffhanger pieno di dubbi su Owen Hunt, chiedendosi se sarebbe sopravvissuto all’incidente che lo vedeva coinvolto.
L’ENNESIMO CROSSOVER
È chiaro come il sole che Krista Vernoff (showrunner sia di Grey’s Anatomy che di Station 19) stia puntando ad amalgamare per bene tutte le storyline al fine di realizzare una sorta di coeso megashow, forse per favorire gli ascolti di entrambe le serie. Il risultato è che, considerando la non scontata visione dello spin-off da parte dei fan di Grey’s Anatomy, la scelta di sfornare l’ennesimo crossover potrebbe non rivelarsi vincente.
Il salvataggio di Owen, infatti, non solo avviene interamente nella prima parte del crossover in Station 19, ma in Grey’s Anatomy non ne viene fatta nemmeno menzione se non in pochi screen velocizzati.
Non c’è nulla di sbagliato nei crossover finché si tratta di un caso importante che possa coinvolgere pompieri e medici. Quando si tratta invece della sorte dei character principali della serie madre, è sconveniente che l’esito avvenga tutto nello spin-off, obbligando di fatto il pubblico a sorbirsi le vicende dei pompieri di Station 19.
Basta pensare a DeLuca, e a come il suo destino finale sia stato rivelato interamente al di fuori di Grey’s Anatomy, per comprendere come la situazione è ormai sfuggita di mano. A suo tempo, a differenza di Station 19, Private Practice è riuscita a cogliere appieno il senso di serie spin-off, senza snaturare la serie madre e mantenendo la sua peculiarità.
L’ADDIO INASPETTATO
Nonostante tutto, Grey’s Anatomy è riuscito ancora una volta a sorprendere, scegliendo di far sopravvivere Owen (sembra ancora inconcepibile viste le premesse) a discapito di Hayes, che invece lascia definitivamente Seattle.
Si tratta dell’addio di un personaggio che, seppur introdotto principalmente come flirt di Meredith, è riuscito nel corso di poco tempo a farsi apprezzare per la sua tempra morale e per la sua spiccata sensibilità. Il suo character avrebbe potuto dare sicuramente di più allo show di quanto non abbia già dato il personaggio interpretato da Kevin McKidd in numerose stagioni e infinite storyline in cui è stato anche troppo spesso coinvolto.
O OLD GREY’S, WHERE ART THOU?
Anche se marginale sia rispetto alla vicenda che ha coinvolto Owen, Megan e Farouk che a quella che ha portato al crollo emotivo di Schmitt, c’è un character development che ancora non convince: si tratta di Amelia Shepherd. Chi ha amato e seguito fin dall’inizio le vicende di Amelia non può che trovare assurda la direzione che gli autori le stanno facendo prendere. Il suo personaggio è stato completamente snaturato, a partire dal cambio repentino e non approfondito del suo orientamento sessuale.
Lo stesso vale per la Bailey, che non riesce nemmeno a trovare parole di conforto per Schmitt in un momento difficile.
Sembra di trovarsi davanti a fantasmi di ciò che i personaggi erano in passato, rendendo un episodio come questo sterile e a tratti superficiale.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Si è lontani anni luce dalla golden age di Grey’s Anatomy, eppure ci si aspetterebbe almeno un po’ di rispetto sia per l’evoluzione di alcuni personaggi, che la decenza di rivelare le loro sorti all’interno della serie madre. Krista Vernoff aveva iniziato bene la stagione, ma pare che certi difetti formali ormai siano destinati a perdurare. Il rischio è quello di spremere una serie che ha dato tanto al suo pubblico fino a che non rimarrà più nulla di meritevole.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.