Homeland 7×05 Active MeasuresTEMPO DI LETTURA 4 min

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La narrazione di Homeland, da qualche stagione diventata molto paziente e scandita a tratti da improvvisi cambi di marcia che cercano di sopperire ai momenti d’attesa, ha dato uno dei primi scossoni nella precedente “Like Bad At Things“. Da “Active Measures” quindi ci si poteva aspettare un collegamento diretto che portasse avanti quanto successo in “Like Bad At Things” e così (fortunatamente) è stato. Il climax degli avvenimenti non sembra ancora aver trovato il suo picco, nonostante questo il puzzle della settima stagione, come successo per la sesta, si sta via via assemblando davanti ai nostri occhi.
Finora il racconto aveva intrecciato tre filoni narrativi: quello della madam president Keane, quello di Saul & O’Keefe e quello di Carrie (con la sua onnipresente bipolarità).Con O’Keefe fuori dai giochi, almeno momentaneamente, gli sceneggiatori non hanno rinunciato ad una frangia della loro creazione, riducendo il focus del secondo polo alla figura di Saul. Andiamo con ordine.
Destabilizzata dagli eventi della puntata precedente la Keane commette errori evidenti nella gestione della situazione, in primo luogo non dando ascolto a Saul che propone la pista russa come minaccia primaria e direttamente responsabile degli eventi di diffusione di fake news che hanno portato al “goddamn massacre”, e poi anche nel memorial alle vittime: la richiesta fatta alla vedova di un agente dell’FBI di partecipare alla commemorazione tenutasi in Virginia, un modo discutibile di riportare i due schieramenti insieme, risulterà un insperato successo, grazie soprattutto all’intervento di Mary Elkins, in precedenza scettica sulle posizioni di O’Keefe che scongiura il disastro accogliendo positivamente la presenza della donna.
Curioso come il dolore della perdita unisca tutte le donne presenti e renda superflua la strategia di repressione messa in piedi dalla madam president. La Keane appare in preda ad una confusione pressante; le sue decisioni, applicate in maniera autoritaria e manipolatrice, poco lucide e finalizzate ad un controllo maniacale del paese, rischiano di farle perdere la bussola in vista degli avvenimenti futuri. Saul segue invece l’istinto e raggiunge una fonte: Ivan (già parte del cast nella quinta stagione) che gli permette di arrivare un passettino più avanti per quanto riguarda la soluzione dell’intricata vicenda. La posizione di Saul spicca nell’episodio nonostante il tempo dedicato sia relativamente poco, una strada che gli sceneggiatori potrebbero percorrere più spesso sembra proprio quella di isolarlo e staccarlo mano a mano dalle vicende della Keane, ormai imprevedibile e difficile da controllare, per riportarlo gradualmente più vicino a Carrie.
L’ultimo pezzo del puzzle è proprio quello di Carrie. La sua storyline finora è stata la meno sopportabile: la convivenza con la malattia ha intrappolato le possibilità narrative e non in maniera marcata, come nelle prime stagioni in cui la bipolarità è stata l’epicentro dei crolli psicologici e di credibilità del personaggio nei confronti di un mondo che continuava a girare per conto suo, ma più come una presenza ingombrante, fine a se stessa e con importanza ancora da definire.
Per fortuna in “Active Measures” queste problematiche vengono lasciate da parte, e si riscopre il lato di Carrie più affascinante, quello legato allo spionaggio.
La mini-task force costruita per pedinare Simon Martin ottiene una vittoria, confinata alla facciata. La squadra messa insieme dalla nostra paladina infatti sbatte contro un muro proprio sul più bello e nella maniera più imprevedibile. Le minacce ed i ricatti non vanno a buon fine, un mistero che sembra poter collegare in qualche modo tutte le informazioni raccolte fino a questo punto, creando un cerchio che congiunge la pista russa seguita da Saul a quella seguita da Carrie che si sta rivelando decisamente più interessante del previsto.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Poco spazio dato alla bipolarità di Carrie
  • Buon utilizzo di Saul
  • Il ritorno di una necessaria dose di spionaggio
  • Nessun moralismo o scrupolo particolare nelle scene più violente
  • La Russia è un avversario leggermente di seconda mano

 

Quali motivazioni si celano dietro la mancata confessione di pestaggio e ricatto di Simon lo si scoprirà presto. Sembra chiaro ad ogni modo che il suo coinvolgimento sia molto più  profondo di quanto si potesse immaginare qualche puntata fa e che vada ricercato oltre i confini della Casa Bianca, magari nel gelo della rivale storica degli States.

 

Like Bad At Things 7×04 0.93 milioni- 0.2 rating
Active Measures 7×05 1.32 milioni – 0.3 rating

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