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House Of Cards 3×06 – Chapter 32TEMPO DI LETTURA 5 min

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Se volessimo paragonare House Of Cards ad una stagione calcistica, questo sesto episodio ci offre in un piatto d’argento la possibilità di spiegare questo bizzarro confronto. Considerati i precedenti due episodi come normali turni di campionato, possiamo tranquillamente figurarci il terzo come l’andata del turno di coppa, giocato ovviamente in casa. Ed è – in maniera ineccepibilmente matematica – al sesto episodio che si parte per la trasferta in previsione della “partita di ritorno”. Ciò che colpisce, a differenza del precedente episodio a sfondo russo, è la maggiore coerenza diretta con la storia che in “Chapter 30” e “Chapter 31” ha avuto modo di svolgersi ulteriormente. A questo punto tutto è collegato da un filo diretto, anche l’argomento che si vuole trattare in questo “Chapter 32”, nuovamente episodio a modo suo “autoconclusivo”.
La spina dorsale di “Chapter 32” è senz’altro la doppia trattativa che procede in parallelo tra Frank e Viktor (come non cogliere l’occasione per rinnovare l’apprezzamento all’interpretazione di Lars Mikkelsen?) che regala una tale quantità di chiavi di lettura da perdere totalmente il filo e rischiare di rendere inutile il ragionamento. Ma ci si proverà lo stesso.
Ai piani alti, in uno sfarzoso studio, i due capi di stato tentano di nuovo di venirsi incontro, con tutte le migliori intenzioni da parte di entrambi: lontanissimi sono infatti gli atteggiamenti spavaldi (da squadra in trasferta, verrebbe da dire) del Premier russo durante la precedente visita. E’ però ai piani bassi che si gioca realmente la partita. Claire è costretta a muovere fili determinanti per la riuscita della trattativa: facilissimo convincere un capo di stato così autoritario, se lo si confronta con il far piegare la testa ad un attivista la cui maggiore vergogna è di aver ceduto dopo sei giorni di sciopero della fame. La perplessità che destava la nuova posizione di Claire, dubitando tutti, pure noi spettatori, delle sue capacità, vengono poste nuovamente in risalto. La spavalderia del precedente episodio non basta, ora serve veramente tatto e fermezza. Lo spettatore è già quindi posto di fronte ad un principale confronto tra i due protagonisti, quando ecco che se ne materializza un altro, interno al campo d’azione della First Lady. Claire lo dice chiaro e tondo: è grazie all’arte del compromesso che si diventa politici. Ma Mike non è disposto ad accettare ciò. Lui è un attivista, un dimostrante, e la mossa più importante che un singolo individuo possa fare è quella di essere dimostrativo, lanciare un messaggio, anche simbolico se necessario. Leggere la dichiarazione imposta da Petrov equivale ad un suicidio ideologico, quindi tanto vale fare le cose per bene.
Durante tutto l’episodio noi spettatori capiamo come possiamo essere malleabili di fronte ai cambi di personalità che gli sceneggiatori ci impongono. Possiamo essere le persone più idealiste in assoluto, possiamo odiare qualsiasi forma di compromesso, qualsiasi manovra politica. Eppure questo episodio, ma forse House Of Cards in generale, ci porta a voler far cinicamente procedere la storia. Vogliamo che Mike legga quella benedetta dichiarazione e che non se ne parli più; vogliamo che America Works passi e che il pessimo Frank Underwood sbaragli la concorrenza in previsione di un possibile secondo mandato. Ed è con questo spirito che nemmeno noi, come Frank, riusciamo alla fine ad essere comprensivi con Claire. Non tanto per la liberatoria dichiarazione alla stampa (per cui è risvegliato il sentimento di cui si parlava ad inizio recensione della 3×03), quanto per essere caduta in un sonno così profondo da non prevenire un gesto estremo che in altri lidi avremmo visto come un momento toccante e commovente: in questo caso anche a noi appare solo come un fastidioso intralcio.
Tornando quindi al paragone iniziale, quello tra Frank e Claire, i due caratteri emergono e scambiano spesso ruolo, come poi è per gran parte della serie: ghiaccio lui, nel trattare con Petrov, fuoco lei, nel convincere con tutte le sue forze Mike a tornare negli USA sano e salvo; fuoco lui, nel convincere Petrov con tutte le sue forze a rivedere l’accordo, ghiaccio lei, a improvvisare un sit-in nella cella di Mike fino a che lui non avesse deciso di uscire; fuoco lei, nel vomitare il suo shock e il suo veleno alla stampa, ghiaccio lui a piegare la testa nello scusarsi pubblicamente. Ma infine, in quell’aereo dove ad inizio episodio i due avevano teneramente assistito ad un’aurora boreale, emergono gli atteggiamenti che noi tutti conosciamo: furia cieca lui, quella stessa furia cieca che lo ha portato a tanti gesti estremi e improvvisi, ultimo quello di sputare sulla statua di Gesù; dignitosa sofferenza lei, che cerca in qualche modo di giustificare un gesto umano e spontaneo, quindi naturale, e non calcolatore e circostanziale.
E c’è tempo anche per non perdere, neanche questa volta, il filo degli eventi che si trascinano da più stagioni. Degne di nota le parentesi dedicate a Gavin/Max, che altro non fanno che contribuire al senso di sottile ansia che l’episodio intero comunica. La sua recitazione, il suo fingersi malato per approcciare l’unica persona che potrebbe sapere dove si trova Rachel, riescono a tratteggiare ulteriormente un personaggio che sempre di più sta acquisendo forma solida.
Un personaggio come lui, per come è nato e per come si sta sviluppando, regala in maniera definita un quadro su quello che è il vero stile narrativo di House Of Cards. Realistico, ispirato a vicende verosimili quando non vere, eppure con derive fumettistiche e da cartoon. La pettinatura sempre uguale di Frank e Claire, la tenebrosità di Doug, la fascinosità di Jackie e la presenza camaleontica di Gavin: queste ed altre caratteristiche regalano ad un’opera realistica le caratteristiche sopra menzionate. E non ultima, l’eccezionale battuta di chiusura di “Chapter 32”.
What are you looking at?

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Doppia trattativa
  • L’Ice Truck Killer Mike e la sua scelta finale
  • Lo stato d’ansia dell’intero episodio sorretto anche dalla sceneggiata del finto Max
  • Persino la parentesi di Doug regge bene
  • Seconda esplosione di fronte alle telecamere, questa volta meno calcolata della precedente
  • Seconda grande interpretazione di Lars Mikkelsen
  • La battuta finale
  • Niente

 

Se i tempi per la perfezione potevano essere prematuri quando si era appena al terzo episodio della stagione, al sesto le cose sono già diverse. La trama – il turno di coppa, come l’abbiamo definito – sul fronte russo si rivela momento particolarmente ispirato e azzeccato per gli sceneggiatori.

 

Chapter 31 3×05 ND milioni – ND rating
Chapter 32 3×06 ND milioni – ND rating

 

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Approda in RecenSerie nel tardo 2013 per giustificare la visione di uno spropositato numero di (inutili) serie iniziate a seguire senza criterio. Alla fine il motivo per cui recensisce è solo una sorta di mania del controllo. Continua a chiedersi se quando avrà una famiglia continuerà a occuparsi di questa pratica. Continua a chiedersi se avrà mai una famiglia occupandosi di questa pratica.
Gli piace Doctor Who.

2 Comments

  1. Non vorrei esagerare, ma questa serie rasenta la perfezione. Grazie a Kevin Spacey in primis, ma anche gli altri attori non sono da meno; anzi. Danno tutti il loro contributo per rendere HoC quello che è: una Serie Tv con i controfiocchi, che ti tiene con sè ogni minuto e ti fa immedesimare come poche altre sanno fare. Il tuo "niente" in Thumbs Down ne è la riprova, e non potrei essere più d'accordo.

  2. Ti ringrazio, a mente fredda HOC non è la serie che preferisco in assoluto. Ma durante la visione non può in nessun modo lasciare indifferenti. C'è da dire però che a mio modesto parere questo episodio tocca dei picchi che non vengono altrettanto raggiunti nel resto della stagione. In ogni caso stagione estremamente coinvolgente!

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