“Questa serie è basata sulle vicende di Christiane F. Individui ed eventi del suo ambito familiare e amici sono stati romanzati o inventati.“
PRIMA DELLA SERIE
Nel 1978 i giornalisti Hermann e Rieck pubblicano sulla rivista tedesca Stern la testimonianza di una giovanissima Christiane Vera Felscherinow (divenuta famosa con il nome di Christiane F.) che, in quello stesso anno, era imputata e testimone in un processo con la condanna per detenzione di droga e ricettazione. Le registrazioni diventano un libro scritto dalla stessa Christiane F. dove racconta senza troppi fronzoli la sua adolescenza.
Il romanzo diventa un caso sia in Germania che in Europa a causa del realismo con il quale Christiane F. racconta le vicende della sua vita, vicende che vedono implicate la droga (che la ragazza inizia ad assumere all’età di 12 anni), prostituzione minorile e una situazione familiare disastrosa.
Tre anni dopo esce l’omonimo film oramai diventato un cult, ma su cui non mancano le critiche. La più feroce riguarda, secondo alcuni, l’aver messo in scena in modo sbagliato l’utilizzo di stupefacenti, rendendo l’assunzione di droghe e quello stile di vita attraente.
WIR KINDER VOM BAHNHOF ZOO
Quarant’anni dopo, la storia di Christiane e i suoi amici torna ad essere raccontata attraverso il tipo di narrazione che, negli ultimi anni, sta venendo riscoperta e sfruttata in tutto il suo potenziale: la serialità televisiva.
La scrittrice e sceneggiatrice Annette Hess è il nome dietro al progetto di Amazon Prime Video che, in otto episodi, si prende l’impegno di tornare a parlare di quei temi che hanno segnato un’intera generazione.
Annette Hess ha dichiarato di aver lavorato – assieme agli altri sceneggiatori – focalizzandosi maggiormente sulle registrazioni delle interviste tenute da Christiane piuttosto che utilizzare il materiale del film o del libro. Questo, continua Hess, ha permesso di analizzare approfonditamente le vicende del gruppo di ragazzi grazie all’ampio materiale che non è stato utilizzato per fini narrativi nel libro.
I fan probabilmente resteranno delusi, non c’è da aspettarsi nessuna fedeltà rispetto alle due opere antecedenti. Ma basta dare un’occhiata alla prima puntata per rendersi conto dei cambiamenti che sono stati apportati.
“Cuccioli” ha tutte le carte in regola per essere un pilot con i fiocchi sebbene ci siano alcune pecche. La caratteristica più interessante è quella di presentare i protagonisti singolarmente, quando ancora non si conoscono. La puntata risulta sì spezzettata in più luoghi, personaggi e intrecci che già si iniziano a formare, ma questo dà la possibilità di creare un’identità netta per ognuno di loro senza focalizzarsi solo ed esclusivamente sulla protagonista. Escamotage narrativo che, però, alla fine della visione risulta troppo pesante.
A rendere la puntata più pesante di quello che potrebbe essere è la scelta di puntare l’attenzione sulle loro vicende familiari piuttosto che sui protagonisti veri e propri. Una scelta audace, ma che combacia con i racconti sull’infanzia difficile di Christiane. Ed è qui che si presenta il vero primo cambiamento rispetto alla storia originale: Christiane nella serie ha 17 anni (e non 12) e vive assieme ai genitori. A differenza del libro in cui la ragazza vive assieme alla madre che, dopo aver divorziato, ha iniziato una storia con un altro uomo.
Sebbene sia un cambiamento che, come già detto, possa far storcere il naso ai più affezionati, la serie sembra intenzionata a voler far empatizzare lo spettatore con tutte le difficoltà di Christiane. Anche quella di vivere in un ambiente tossico e con un padre che ruba i soldi dello stipendio della moglie per investirli in qualche bislacca impresa.
Gli altri personaggi (Axel, Stella, Babsi, Benno e Michi) vengono invece presentati in modo univoco, incontrandosi, scontrandosi e mancandosi per un pelo nella stazione ferroviaria di Berlino la Berlin Zoologischer Garten.
L’ATMOSFERA
La stazione ferroviaria è il filo conduttore della puntata ed il modo in cui le vicende dei protagonisti si intrecciano in un unico iconico luogo è la parte più interessante del pilot.
L’altro luogo iconico, la discoteca Sound, viene presentata nel finale della puntata dove, simbolicamente, tutti i ragazzi sono riuniti per la prima volta. La reunion e la scritta finale con il titolo della serie lasciano intendere che dal secondo episodio probabilmente si entrerà nel vivo.
È però l’atmosfera ad essere la vera chicca: una fotografia che si alterna tra il cupo e i colori pop e una regia molto curata accompagnano i protagonisti, immersi nella cultura di fine anni ’70. Ad enfatizzarla ci pensano gli abiti che rispecchiano appieno la personalità di ognuno di loro e la colonna sonora, nella quale sono presenti due brani di David Bowie (Starman e Rebel Rebel) che aprono e chiudono la puntata. La presenza di Bowie non è dettata solo dalla volontà di rispettare l’atmosfera di quegli anni, ma anche dal fatto che il cantante ha fatto un cameo nel film.
A fare da contorno sono i temi che hanno reso prima il libro e poi il film così celebri. L’assunzione di droghe e la prostituzione minorile utilizzata come mezzo per far “soldi veloce” sono appena accennati in scene, però, di forte impatto e che non si curano di un pubblico più sensibile.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una partenza non ottima per Noi I Ragazzi Dello Zoo Di Berlino che regala un pilot indubbiamente interessante, ma non entusiasmante.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.