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“Il fine delle pene non è di tormentare ed affliggere un essere sensibile, né di disfare un delitto già commesso. Può egli in un corpo politico, che, ben lungi di agire per passione, è il tranquillo moderatore delle passioni particolari, può egli albergare questa inutile crudeltà stromento del furore e del fanatismo o dei deboli tiranni? Le strida di un infelice richiamano forse dal tempo che non ritorna le azioni già consumate? Il fine dunque non è altro che d’impedire il reo dal far nuovi danni ai suoi cittadini e di rimuovere gli altri dal farne uguali. Quelle pene dunque e quel metodo d’infliggerle deve esser prescelto che, serbata la proporzione, farà una impressione più efficace e più durevole sugli animi degli uomini, e la meno tormentosa sul corpo del reo.” (Cesare Beccaria- Dei Delitti e Delle Pene)
Il famoso intellettuale milanese Cesare Beccaria nella sua opera più importante sosteneva che la sanzione deve essere sì idonea e sicura a garantire la difesa sociale, ma al contempo mitigata e rispettosa della persona umana. Tale concetto di chiara matrice illuminista può essere facilmente ricondotto allo show di casa Netflix, dove viene chiaramente mostrato come il carcere venga inteso solo come luogo di reclusione senza che i detenuti vengano effettivamente riabilitati e anzi siano spesso vittime di abusi e maltrattamenti.
La storyline riguardante Aleida ne è l’esempio forse più lampante: uscita dal carcere il sistema non le ha permesso di reintegrarsi nella società civile e poco dopo, non che ci abbia provato molto a dire il vero, la madre di Daya torna alle vecchie abitudini e inizia a smerciare droga da far entrare al Litchfield. Il tradimento di Cindy nei confronti di Tasha è un’ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, di come il sistema penitenziario non risparmi nessuno e il concetto di altruismo non sia previsto in un ambiente così ostile. Una lezione che a quanto pare Piper ancora non ha imparato nonostante i numerosi torti subiti, un’ingenuità disarmante che può essere paragonata a quei personaggi di The Walking Dead convinti che in un mondo post-apocalittico invaso dagli zombie si possa rimanere vivi senza uccidere i propri nemici.
L’eccezione che conferma la regola è rappresentata invece da Joe Caputo, un personaggio che è cresciuto enormemente stagione dopo stagione e di cui sono stati mostrati tutti i diversi aspetti e che nel generale marasma post ribellione è l’unico che cerca di aiutare le detenute senza doppi fini. “Divide et impera” è un massima latina che ben conoscevano i Romani, concetto sul quale sono state basate le relazioni diplomatiche romane e che hanno permesso all’Urbe di dominare per secoli popolazioni spesso più forti e numerose. Lo sanno bene l’MCC e il sistema giuridico americano che senza troppe difficoltà riescono a mettere le detenute una contro l’altra, riuscendo così a trovare nuovi capri espiatori da dare in pasto ai media, per risollevare l’immagine aziendale dopo la rivolta della scorsa stagione.
In questo contesto finalmente Linda batte un colpo dimostrandosi scaltra e bloccando sul nascere la denuncia di Burset, che avrebbe dato il colpo di grazia alla già disastrosa immagine pubblica dell’azienda. Si assiste finalmente a un cambio di passo del ritmo narrativo, dopo un inizio molto titubante. La trama avanza velocemente con continui cambi di fronte, omicidi falliti e regolamenti di conti, col fanta-inmate sempre sullo sfondo. La sorpresa peggiore della puntata è sicuramente la pessima gestione dell’aggressione a Ruiz, un fatto che poteva essere utilizzato in mille modi diversi e invece viene relegato a puro e semplice momento di follia di una singola detenuta. Semplicemente senza senso. La parte comedy dell’episodio affidata a Suzanne non è certo migliore, visto che nonostante il grande talento dell’attrice, dopo sei stagioni alcuni dialoghi e alcune battute risultano essere scontate per non dire fastidiose, aggettivo spesso riferito a Frieda, che ancora una volta riesce a trovare il modo di cavarsela. Highlander.
La storyline riguardante Aleida ne è l’esempio forse più lampante: uscita dal carcere il sistema non le ha permesso di reintegrarsi nella società civile e poco dopo, non che ci abbia provato molto a dire il vero, la madre di Daya torna alle vecchie abitudini e inizia a smerciare droga da far entrare al Litchfield. Il tradimento di Cindy nei confronti di Tasha è un’ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, di come il sistema penitenziario non risparmi nessuno e il concetto di altruismo non sia previsto in un ambiente così ostile. Una lezione che a quanto pare Piper ancora non ha imparato nonostante i numerosi torti subiti, un’ingenuità disarmante che può essere paragonata a quei personaggi di The Walking Dead convinti che in un mondo post-apocalittico invaso dagli zombie si possa rimanere vivi senza uccidere i propri nemici.
L’eccezione che conferma la regola è rappresentata invece da Joe Caputo, un personaggio che è cresciuto enormemente stagione dopo stagione e di cui sono stati mostrati tutti i diversi aspetti e che nel generale marasma post ribellione è l’unico che cerca di aiutare le detenute senza doppi fini. “Divide et impera” è un massima latina che ben conoscevano i Romani, concetto sul quale sono state basate le relazioni diplomatiche romane e che hanno permesso all’Urbe di dominare per secoli popolazioni spesso più forti e numerose. Lo sanno bene l’MCC e il sistema giuridico americano che senza troppe difficoltà riescono a mettere le detenute una contro l’altra, riuscendo così a trovare nuovi capri espiatori da dare in pasto ai media, per risollevare l’immagine aziendale dopo la rivolta della scorsa stagione.
In questo contesto finalmente Linda batte un colpo dimostrandosi scaltra e bloccando sul nascere la denuncia di Burset, che avrebbe dato il colpo di grazia alla già disastrosa immagine pubblica dell’azienda. Si assiste finalmente a un cambio di passo del ritmo narrativo, dopo un inizio molto titubante. La trama avanza velocemente con continui cambi di fronte, omicidi falliti e regolamenti di conti, col fanta-inmate sempre sullo sfondo. La sorpresa peggiore della puntata è sicuramente la pessima gestione dell’aggressione a Ruiz, un fatto che poteva essere utilizzato in mille modi diversi e invece viene relegato a puro e semplice momento di follia di una singola detenuta. Semplicemente senza senso. La parte comedy dell’episodio affidata a Suzanne non è certo migliore, visto che nonostante il grande talento dell’attrice, dopo sei stagioni alcuni dialoghi e alcune battute risultano essere scontate per non dire fastidiose, aggettivo spesso riferito a Frieda, che ancora una volta riesce a trovare il modo di cavarsela. Highlander.
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Un episodio pieno di avvenimenti che fa ben sperare visto la scena finale. A soli due episodi dal termine Orange is the new black finalmente riemerge con una puntata scritta e recitata bene, nonostante il lungo minutaggio continui a non aiutare la serie. Per il massimo dei voti tuttavia manca ancora qualcosa, che potrebbe apparire nel season finale, nel corso del quale si prevedono diversi colpi di scena, visto che lo show è già stato rinnovato per una settima stagione.
Chocolate Chip Nookie 6×10 | ND milioni – ND rating |
Well This Took A Dark Turn 6×11 | ND milioni – ND rating |
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.