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Outlander 6×02 – AllegianceTEMPO DI LETTURA 3 min

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Outlander 6x02 recensioneLa serie creata da Ronald. D. Moore si prende tutto il suo tempo, forse anche troppo, con un ampio minutaggio a disposizione che sfora l’ora di visione per compensare il numero ridotto di episodi previsti per questo ciclo stagionale, causa problemi di produzione legati alla pandemia mondiale.

LA GRANDE ATTESA


Appare evidente come questa sesta stagione possa essere concepita in due modi: un enorme prologo in attesa dello scoppio della guerra (pochi anni dopo il presente narrato in Outlander) da sviluppare poi nella settima stagione, già confermata, oppure, probabilmente nella seconda metà di stagione e tramite un time skip, lo scoppio immediato delle ostilità già in questa stagione.
Al momento, sia la season premiere che questa puntata, fanno presagire che questo sesto ciclo stagionale possa fare da ponte verso lo scoppio della Rivoluzione Americana, destinata a  cambiare inevitabilmente e non di poco la vita di tutti i personaggi della serie.
Il nuovo ruolo di Jamie come agente della corona presso gli Indiani è molto interessante e utile per avere un ulteriore punto di vista sul delicato momento storico e politico in corso nelle colonie inglesi. Il maggior screen time dedicato ai nativi è sicuramente una buona notizia e si spera che vengano coinvolti sempre di più all’interno della storia.
Da segnalare come le location in cui si svolge la narrazione americana siano veramente splendide, come al solito quando di parla di Outlander, mentre la narrazione stenta a decollare: questa “Allegiance” è una puntata ancora molto di transizione e visto anche la durata ridotta della stagione, dopo due episodi da oltre un’ora (“Echoes” è durata ben centoventi minuti)  ci si aspettava decisamente qualcosa di più.

FURORE RELIGIOSO


Thomas Christie, vecchio compagno di prigionia a Ardsmuir di Jamie, rappresenta la vera novità di questa sesta stagione, un character complesso e sfaccettato che si fa fatica a comprendere a pieno, con tutte le potenzialità  per diventare il villain stagionale o essere invece una semplice spina nel fianco.
Il character è animato da un malsano furore religioso protestante che guida tutte le sue decisioni, andando inevitabilmente a scontrarsi con chiunque non la pensi esattamente come lui.
Il figlio di Thomas (Allan) invece, sembra per ora lasciato in secondo piano, al contrario della figlia Malva che promette bene a livello narrativo, non solo per la sua curiosità verso la medicina e per il pessimo rapporto con il padre, ma anche e soprattutto per quello sguardo sul finale di puntata che fa presagire potenziali sviluppi drastici.
Da segnalare poi come in questo secondo appuntamento vengano affrontate diverse tematiche importanti: dal tema della diversità (vedasi il nuovo figlio di Marsali e Fergus o il razzismo verso gli Indiani) a quello della condizione femminile, ma sempre contestualizzate all’epoca, senza forzature eccessive o ridicole, in piena linea con il contesto sociale di questi tempi e non attraverso una visione moderna che inevitabilmente si scontrerebbe con l’ambientazione storica dello show.
A proposito di Fergus, nonostante la spiegazione fornita per il suo comportamento, questo cambio repentino del personaggio appare comunque forzato e tale gestione non convince, per un character che è sempre stato di tutt’altra natura.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Le location dell’ambientazione “americana” sono splendide
  • Un maggior coinvolgimento degli Indiani
  • Thomas Christie mina vagante a Fraser’s Ridge, può essere un’ottima variabile interna insieme alla figlia Malva
  • Il tema della diversità e della condizione femminile contestualizzato all’epoca, senza forzatura eccessive

  • Puntata ancora molto di transizione. Certo c’è ancora tempo, ma visto la durata ridotta della stagione, dopo due episodi da un’ora e oltre ci si aspettava di più
  • La gestione del personaggio di Fergus continua a non convincere

 

Un buon episodio per la serie di punta di casa Starz che tuttavia, nonostante una sesta stagione dal formato ridotto, se la prende molto comoda e si concede il lusso di un paio di puntate puramente di assestamento e transizione. Al di là della qualità dello show, ormai appurata, e di diversi spunti narrativi interessanti, la trama orizzontale stenta a decollare, motivo per cui si sceglie una sufficienza abbondante ma nulla di più, sicuri che Outlander anche quest’anno sfornerà episodi pregevoli come sempre ha fatto.

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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