Una battuta di caccia tra soli uomini, un colpo di fucile che sospende, per un solo istante, la naturale quiete boschiva, lo sguardo vacuo di un cervo senza vita che, inconsapevole, ha incontrato prematuramente il suo triste destino. Si apre così, con queste tre immagini suggestive, questo quarto appuntamento stagionale con i nostri Peaky Blinders. Un’uccisione, quella che accompagna la sigla d’apertura, inizialmente priva di significato (se non quello di sottolineare la misera eredità valoriale lasciata da un padre poco presente ai propri figli) e diventata, al termine dei consueti cinquanta minuti di girato, un potente strumento simbolico in grado di farci comprendere pienamente la catarsi emotiva di Thomas, compiutasi nei minuti finali dell’episodio.
Il cervo, infatti, oltre che essere intoccabile secondo le superstizioni gipsy (lo stesso Curly dice a Tommy che sparare a un cervo porta sfortuna, ndr), è anche storicamente legato a Cristo nella tradizione cattolica. Appare doveroso, dunque, che in un episodio segnato da atipici atti religiosi – la confessione di Polly in stato di ebbrezza, l’atto forzato di contrizione da parte di Tommy – la morte della bestia giunga proprio di Venerdì Santo. La resurrezione pasquale, però, stavolta tocca a Thomas, miracolosamente sopravvissuto all’ennesimo pestaggio brutale e lasciato in fin di vita, cieco e in un bagno di sangue, con lo sguardo perso nel vuoto a rievocare quegli occhi neri e immobili visti a inizio episodio. Il tutto però sempre conservando l’ostinazione degli Shelby e riuscendo a lanciare un ultimo disperato attacco contro la Economic League, spingendo i sovietici all’atto di guerra, nella speranza di salvare i suoi compagni Peaky Blinders, agnelli sacrificali in questa parabola oramai discendente.
L’intera struttura dell’episodio poggia su una particolare forma di dualismo che vede da una parte, l’illegalità e dall’altra, l’immoralità, due facce della stessa medaglia, legate indissolubilmente l’una all’altra attraverso un robusto, quanto impercettibile, rapporto d’interdipendenza. Durante la loro vita all’insegna della criminalità, gli Shelby hanno sempre agito secondo i propri principi. Quantomeno sono sempre stati abili a piegare tali principi in modo tale da giustificare i loro comportamenti criminosi. Tommy giustifica l’uccisione del cervo dicendo che gli avanzi andranno ai poveri, Polly giustifica la pratica dell’omicidio se eseguita ai danni di una cattiva persona, stesso discorso per la rapina alla fabbrica, idealmente ultimo lavoro prima di iniziare a rigare dritto.
A tal proposito, non si può evitare di pensare allo scambio di battute tra Tommy e Linda, scontro verbale vinto a mani basse dalla moglie di Arthur che così rivela la sua vera natura calcolatrice, finora ammantata dietro l’immagine da innocente timorata di Dio. In realtà Linda non è l’unica donna a mostrare gli artigli. In questo quarto episodio, infatti, la contrapposizione tra generi si fa più forte, opponendo alle solite figure maschili forti, altrettante esponenti del gentil sesso. In questo senso, la sequenza più esplicativa è senza dubbio il grottesco giro di casa Shelby guidato da Tatiana, orientato alla veicolazione di un messaggio preciso: gli Shelby infrangono continuamente la legge ma seguono determinate regole perché guidati dalla paura. Se fossero realmente liberi non occorrerebbero giustificazioni per motivare le proprie azioni. Thomas, secondo la duchessa, si comporta in casa sua, e così nella vita, come un ragazzino che si è intrufolato dalla finestra, vedendo così nella sua impossibilità di essere libero il suo più grande punto debole.
Cillian Murphy regala al pubblico forse una delle sue migliori performance, non solo all’interno della serie ma, parlando in termini generali, anche della sua carriera professionale. L’intera sequenza conclusiva riesce a restituirci un’immagine quasi pittorica del suo personaggio, un’immagine affrescata dall’attore grazie a un’interpretazione che trae tutta la sua forza espressiva dall’intensità del dolore, fisico e mentale, provato da Thomas in seguito all’aggressione subita dagli sgherri di padre Hughes. Bastano così poche semplici battute, un sapiente utilizzo dei primi piani e un’incredibile capacità di rappresentazione della sofferenza da parte di Murphy ed ecco che la magia si compie: tormento, paura e determinazione diventano un tutt’uno mettendo a nudo, anche grazie al viso scavato e all’inconfondibile sguardo glaciale dell’attore, l’angoscia e la collera che da tempo consumano il leader della famiglia Shelby. L’accettazione della sua condizione critica, che lo porta ad arrendersi all’eventualità della sua dipartita, arriva quasi a rompere la quarta parete, chiudendo l’episodio con uno sguardo in camera che gioca con la percezione dello spettatore, rivelando invece, grazie al pensiero rivolto alla tanto vituperata figura paterna, l’effettivo destinatario delle sue parole.
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Episode Three 3×03 | ND milioni – ND rating |
Episode Four 3×04 | ND milioni – ND rating |
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Ventinovenne oramai da qualche anno, entra in Recenserie perché gli andava. Teledipendente cronico, giornalista freelance e pizzaiolo trapiantato in Scozia, ama definirsi con queste due parole: bello. Non ha ancora accettato il fatto che Scrubs sia finito e allora continua a guardarlo in loop da dieci anni.