“Sol is the light.”
Dopo nove episodi di Raised By Wolves, se si è arrivati fino a qui, si avrà un certo numero di domande irrisolte che non riguardano solo la trama ma più generalmente le scelte che hanno condotto lo spettatore a consumare circa otto/nove ore della propria vita guardando le disavventure su Kepler-22b. La trama di Raised By Wolves si è contraddistinta per essere un susseguirsi di drammi, guerre intestine, cambi di fazione, morti di Father, morti di personaggi secondari a caso, morti di animali selvatici e tante scene oniriche. Non ci sarebbe (quasi) niente di male se tutto fosse teso ad un gran finale con una trama orizzontale chiara ma, arrivati al penultimo episodio, duole ammettere che non si è ancora capito che tipo di direzione si voglia dare allo show. Ed il tutto avrebbe una proporzione peggiore se HBO Max non avesse già confermato alla serie una seconda annata per spiegarsi.
Hunter: “Hey, Father. Say something. Father?”
Father: “An android, a black hole, and a glass of milk walk into a bar.”
Hunter: “Father!”
“Umbilical” non è il peggior episodio della stagione, e questo è un dato di fatto, però risente ovviamente di una scrittura e di una regia che lasciano più volte spiazzati, e non in senso buono. Si è lodato più volte nelle varie recensioni il taglio stilistico dato alla serie, specialmente ai suoi colori tenui e molto “seppia”, ma da un paio di puntate a questa parte con la suddivisione geografica della trama principale si è assistito costantemente a salti sconclusionati per provare a mantenere una parvenza di ritmo. Sfortunatamente ne è venuto meno il filo conduttore dell’episodio. Ecco quindi che si passa da un Paul che va a bruciare le piastre metalliche appena trovate ad un Marcus/Caleb che cammina senza meta nel deserto, oppure dal gruppo di bambini guidati da Sue/Mary nell’astronave distrutta a Mother e Tempest che li incontrano all’improvviso. Troppi salti spaziali ed una generale mancanza di elementi temporali non aiutano la comprensione.
Campion: “What’s wrong with your stomach, Mother?”
Mother: “Would you like to say hello to Number Seven, Campion? It’s just a temporary name. We’ll have to come up with a permanent one soon. Perhaps you’d like to choose one.”
Aaron Guzikowski, ritornato per l’occasione alla scrittura degli ultimi due episodi, sembra voler dare un’accelerata alla trama accompagnando lo spettatore verso la nascita di una nuova forma di vita (Number Seven) grazie a Mother e, sembrerebbe, un’evoluzione della specie umana dal lato mitraico grazie a Marcus/Caleb dopo aver ingoiato l’occhio di Mother. Ancora una volta quindi la serie prova a mantenere quel bilanciamento tanto caro allo showrunner ma a questo punto un po’ troppo forzato, soprattutto considerata la rapidità di tutti gli eventi di questo episodio (44 minuti totali) contro una media di uno o due avvenimenti nelle scorse puntate (più o meno sempre intorno ai 55 minuti). Almeno Father è tornato a fare le battutine.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.