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Raised By Wolves 2×06 – The TreeTEMPO DI LETTURA 3 min

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Raised By Wolves 2x06 recensioneLa serie di casa HBO prosegue piena di misteri e questioni irrisolte, per una storia in continua evoluzione sin dalla season premiere.
Tuttavia, lo show finora non solo non ha fornito spiegazioni adeguate agli spettatori, ma continua ad aggiungere diverse sottotrame complesse, con la speranza che tutto si ricongiunga nella storyline principale. Ma giunti a soli due episodi dal termine ci sono molti dubbi al riguardo.

UNA GRAN CONFUSIONE


Dopo lo spegnimento di Trust su Kepler 22-b a livello teorico Mother sarebbe al comando, in realtà regna l’anarchia, con continui pericoli e cambi di fronte dei vari character.
Basti pensare a Marcus che dopo aver passato mezza stagione a costruire la sua personale setta, nella puntata precedente ha perso tutti i suoi seguaci e si ritrova di nuovo al punto di partenza.
Sono moltissimi i punti di domanda della serie e, appurato che lo scontro atei-mitraici rappresenta il passato, si è puntato sui misteri della pre-colonizzazione del pianeta tra la creatura vista da Marcus sottoterra e il nuovo androide “Grandmother“, riattivato pienamente grazie a Campion; senza dimenticare gli artefatti antichi disseminati ovunque su Kepler. Un androide estremamente affascinante non solo a livello visivo, ma in particolar modo per la sua presunta natura, simile a Mother, e per il bagaglio di conoscenza notevole che si porta dietro.
A non convincere, invece, è l’esito della gravidanza di Tempest. Rilevato che la scena in cui Tempest perde il bambino è bella e inquietante da vedere, a livello narrativo è una scelta molto sbrigativa e forzata, considerando che non viene ovviamente spiegato perché la creatura al tatto bruci solo Tempest e non il bambino.
Insomma, come al solito si è in presenza di tanti spunti anche interessanti ma di cui non viene fornita nessuna spiegazione, generando nello spettatore un senso di grande confusione.

L’ALBERO


La ricomposizione improvvisa del trio Marcus-Sue- Paul in formato famiglia, come nella prima stagione, poteva avere un senso a livello narrativo nel momento in cui sono diventati tutti dei veri seguaci di Sol, ma l’armonia ritrovata è stata di breve durata.
Senza dubbio la cosa più sconvolgente della puntata è la trasformazione di Sue nel “famoso albero” di cui si parla da svariati episodi, con l’apertura improvvisa del manufatto antico e conseguente trasformazione: un evento di cui non si capisce il senso e che rappresenta un buon colpo di scena ma, per ora, toglie di mezzo anche uno dei personaggi principali della serie.
Un albero che è letteralmente vivo con tanto di battito cardiaco (di Sue si presume) che si può ascoltare e in grado di sfamare gli essere umani visto che produce frutti commestibili. Resta ora da capire quale sia la vera funzione del sopracitato albero e in che modo possa collegarsi a tutti i misteri che attanagliano la storia del pianeta.
A livello visivo la serie è sempre bella da vedere e dotata di una sua estetica particolare e riconoscibile, purtroppo, però, la narrazione continua ad essere molto lenta e rende ostica la visione, già di per sé non facile viste le discutibili e quasi mai comprensibili scelte autoriali.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • A livello visivo la serie è sempre bella da vedere e dotata di una sua estetica particolare e riconoscibile
  • Bella e inquietante la scena in cui Tempest perde il bambino…
  • Sue che diventa il famoso “albero”
  • “Grandmother” è sicuramente affascinante come androide, soprattutto per quello che può sapere
  • Ritmo narrativo molto sostenuto
  • …ma come soluzione narrativa è abbastanza sbrigativa e poco convincente
  • Sue che diventa il famoso “albero”
  • A livello generale regna una grande confusione e le pochissime spiegazioni fornite sicuramente non aiutano

 

Un episodio ricco di colpi di scena per la serie creata da Aaron Guzikowski che continua ad aggiungere pezzi nel puzzle, senza però che gli spettatori abbiano la possibilità di completarlo. A livello visivo Raised By Wolves rimane un prodotto televisivo molto affascinante e bello da vedere, ma caratterizzata da una narrazione lenta e assai confusionaria che non rende agevole la visione. La valutazione non può andare oltre una sufficienza striminzita, ma a due episodi dal termine ci si aspettava molto di più.

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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.

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