American Horror Stories 2×08 – LakeTEMPO DI LETTURA 3 min

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Recensione 2x08 american horror storiesCon questo episodio si conclude la seconda stagione di quella che si può definire “l’antologica dell’antologica”. E lo fa con un episodio purtroppo non all’altezza, chiudendo una stagione che, comunque, si può serenamente dire essere nettamente migliore della precedente.

DIGHE CHE NASCONDONO


Da europei, sentir parlare di città (o, meglio, villaggi) sepolti sotto ad un lago artificiale creato da una diga nella Georgia americana, potrebbe far sorridere. Infatti esistono molti villaggi sommersi da dighe create dall’uomo, molto spesso anche per fine personali. Quindi storie simili a quella di questo episodio ce ne sono state sicuramente lungo la storia, dove uomini senza scrupolo decidono di uccidere chi si ribella ai loro piani di arricchimento.
Essendo una serie horror, ovviamente la parte legata alla vendetta delle vittime non può essere prescindibile, soprattutto se è legata alla storia della famiglia dei protagonisti dell’episodio. Un precedente illustre in tal senso è stato Les Revenants, serie francese di successo del 2012 che intorno ad una cosa del genere era riuscita a farne due stagioni molti interessanti e inquietanti (il remake in lingua inglese è andato invece malissimo)

OSPITE D’ECCEZIONE


Almeno per chi scrive, fa effetto vedere come protagonista dell’episodio Alicia Silverstone, star degli anni ’90 in molti film e video importanti, sparita dalla star system o, comunque, con la carriera molto ridimensionata. Qui è la madre che ha perso un figlio in una lago maledetta, quando questi si trovava in gita con la sorella e altri amici.
Il lago, sentendo che il suo sangue era lo stesso del magnate senza scrupoli che l’ha creato, sacrificando qualche contadino non proprio felice di vedersi sottratta la terra per le manie di grandezza e di lucro del signor Prescott, ha reclamato la sua vendetta, affogando il figlio dell’avvocato che si scoprirà dopo essere anche lui un discendente dei Prescott che inoltre si occupa di impedire attraverso azioni legali lo smantellamento dalla diga stessa.
La Silverstone ricopre un ruolo fondamentale nella scoperta del motivo per cui suo figlio è morto in quel modo, ma non brilla in particolar modo per la sua recitazione, come anche il resto del comparto attori, caratterizzati troppo superficialmente per offrire una qualche forma di tridimensionalità (oltre a non essere particolarmente dotati in termini recitativi).

UNA STORIA POCO APPASSIONANTE


La pecca più grande di questo episodio è il non essere sufficientemente coinvolgente. La trama è costruita in maniera troppo banale e prevedibile e, come detto prima, i personaggi non offrono dimensioni drammatiche percepibili ma soltanto dichiarate da dialoghi senza infamia.
La figlia Finn, per esempio, è stata ricoverata in una clinica psichiatrica per qualche mese dopo la tragedia del fratello ma nell’intero episodio non viene mai mostrata realmente instabile ma anzi le sue visioni vengono accettate, insieme a quelle della madre, molto velocemente, superando un topos sicuramente logoro come quello legato alla credibilità del personaggi che hanno le visioni assurde nel mondo reale, ma non aggiungendo nessun altro tipo di spessore drammatico.
In sostanza un episodio riempitivo che non colpisce neanche da un punto di vista estetico, cosa sempre rilevante nei prodotti Murphy & co., scorrendo quindi inesorabile in una sostanziale inutilità. Come ultima cosa, non sembra avere neanche alcun legame con la “cosmologia” della serie madre, come è accaduto in altri episodi.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il ritorno di Alicia Silverstone
  • Trama e intreccio senza mordente
  • Lato estetico non particolarmente curato
  • Personaggi poco caratterizzati e molto stereotipati

 

Diciamo subito che il Save è stato dato anche in relazione ad una stagione forse più a fuoco della precedente che per l’episodio in sé. Sicuramente ha giovato affidare quasi tutti le storia a pochi sceneggiatori, tra i quali spicca Manny Coto. Magari potrebbe essere la strada giusta per mantenere interesse verso la serie.

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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