American Horror Story: Delicate 12×03 – When The Bough BreaksTEMPO DI LETTURA 3 min

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american horror story 12x03Forse le cose si stanno muovendo verso un direzione più horror in questo terzo episodio della dodicesima stagione del franchise che dovrebbe fare della paura il suo tema principale. Dovrebbe…

INASPETTATAMENTE, UN INIZIO SOTTOTONO


Come si diceva qui, a differenza di alcune stagioni precedenti (la maggior parte, a dire il vero), l’inizio sembra decisamente stentare a suscitare interesse. Arrivati al terzo episodio, ancora non è chiaro cosa c’è da aspettarsi in questo thriller sicuramente con una tematica molto drammatica (la gestazione di un feto e il conseguente aborto) ma ancora scarso nell’esplorare l’aspetto horror che si può celare dietro.
La paranoia di Anna, che finora risultava abbastanza prevedibile nello sviluppo (non creduta da nessuno perché pazza o esaurita), non offre ancora spunti interessanti alla trama. Le due figure che compaiono in questo episodio, con seguito di capre nere, sono appunto apparizioni senza avere ancora un ruolo nella trama. Lo si comincia forse ad intuire nel finale quando si scopre che il feto non è affatto morto. Si intuisce che la colpa abbia a che fare con queste figure nere ma è solo una supposizione. Ancora troppo poco dopo tutto questo minutaggio.

SONO TUTTI COMPLICI


È evidente che Anna sia circondata da persone che apparentemente vogliono il bene per lei ma le nascondono qualcosa. O, almeno, è questo il messaggio insistito che la storia sembra voler ribadire in ogni scena, quasi in preparazione di un ribaltamento di scena che farà vedere tutto da un’altra prospettiva.
Proprio questo insistere sulla sua paranoia e i salti temporali ad essa connessa più che suscitare interesse fanno provare noia, cosa strana se si pensa a cosa normalmente si prova quando si vede una qualsiasi stagione di American Horror Story. Le sensazioni sono sempre state le più disparate ma la noia non sembra essere mai stata in quella lista.
La poca partecipazione di Murphy e Falchuk a favore della showrunner Halley Feiffer si fa sentire in tal senso e sicuramente l’essersi vincolati per la prima volta ad un storia tratta da un libro (non ancora pubblicato!!!) in questo caso ha limitato molto l’estro e l’anarchia narrativa per cui la serie è famosa.

COSA VALE LA PENA


Chi scrive non ha mai seguito nulla della travagliata storia della famiglia Kardashan ma rimane incuriosito nel vedere le scene dove Kim appare. Niente di sconvolgente ma di una cosa va dato “merito” a Murphy: incuriosire lo spettatore delle sue scelte attoriali, buttando nella mischia personaggi improbabili e cavarne dal buco sempre qualcosa. Ovviamente in un’ottica guilty pleasure.
Da apprezzare alcune scelte di regia della figlia di Lynch, Jennifer Lynch appunto, come la scena nel seminterrato, quando Anna scopre la porticina verso il paese degli orrori, pieno di feti e sede di una sala ostetricia da far rabbrividire.
Infine, va dato atto alla serie di essere sempre in sintonia con le tematiche d’attualità. Il ruolo della gravidanza per una donna, soprattutto in carriera, è un tema che difficilmente viene messo al centro di una serie. Peccato che l’occasione sembra non essere stata colta appieno (ancora?).

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Il cast è ovviamente di matrice camp ma sembra reggere il tono drammatico molto bene.
  • Alcune scelte di regia sono interessanti.
  • Emma Roberts che non usa (troppo) le sue urla stridule diventa sopportabile.
  • Parecchie parti ancora noiose e prevedibili. Troppa insistito il carico dato all’incompresa paranoia di Anna.
  • C’è qualcuno che sopporta Matt Czuchry?

 

Siamo ancora in attesa che questa stagione cominci a darci qualche brivido. Piccolissime avvisaglie si sono viste ma non ancora così rilevanti da far supporre un cambio di registro a questo inizio a tratti noioso. La divisione in due parti potrebbe non giovare nel mantenere interesse.

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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