La terza e ultima stagione di Ragnarok si conclude con un finale deludente, insensato e che fa arrabbiare moltissimo. Praticamente un insulto all’intelligenza. Inutile girarci attorno perché quanto visto non ha alcun senso e, anzi, getta un’ombra nerissima sulla serie nel suo complesso, sia per come è stata costruita ma soprattutto per come è stata sviluppata nel proseguo delle stagioni.
Uno dei problemi principali delle ultime due puntate è sicuramente il modo in cui i personaggi cambiano idea senza alcuna spiegazione, un qualcosa che era già presente nelle altre stagioni ma che qui, così come negli altri episodi, diventa impossibile da difendere.
Si può pensare per esempio a Magne che, nel corso della serie, è diventato improvvisamente un leader “carismatico” e determinato di un gruppo di disadattati, il tutto per poi diventare di colpo arrogante e irresponsabile per via dell’influenza (maligna?) del martello, che poi scompare tanto improvvisamente quanto era arrivata. Lo stesso vale per Saxa che, dopo essersi riconciliata con la sua famiglia, all’improvviso per “amore” di Magne non solo cede alla tregua durante la battaglia finale ma compare anche come una stalker in mezzo ai boschi di Edda.
Ovviamente non si può non dare una menzione d’onore al bambino a cui Ran ha scoccato una freccia nell’occhio, bambino che è stato nell’ordine: colpito (“Losing My Religion“), dimenticato (“My Precious“), rispolverato nel finale di “A Farewell To Arms” per poi sembrare destinato a sostituire Wotan (viste le somiglianze fisiche) fin quando è risultato completamente inutile o, per meglio dire, utile solo all’immaginazione di Magne.
Comportamenti incoerenti con la caratterizzazione dei personaggi che risultano delle bandieruole che, oltre ad apparire e scomparire a piacimento del duo di sceneggiatori di questo scempio Adam Price ed Emilie Lebech Kaae, sono anche estremamente difficili da sostenere emotivamente.
ERA TUTTO UN SOGNO?
Sia “A Farewell To Arms” che “Ragnarok” sono due episodi ampiamenti discutibili ma lo sono per motivazioni diverse: il primo porta con sé tutta la tristezza nel vedere distrutta anche l’unica possibilità di uno scontro tra le due fazioni che di fatto non si affrontano come si deve dalla morte di Vidar; il secondo invece (oltre a portare con sé il peso di un combattimento che non è mai avvenuto) è così vuoto e fuorviante da risultare come uno schiaffo in faccia allo spettatore che alla fine è costretto a questionare la veridicità di tutto quello che è avvenuto.
Il già citato scontro tra dei asgardiani e giganti del ghiaccio si conclude in modo anticlimatico e bambinesco: dopo aver preparato il terreno per il tanto atteso scontro tra le due forze, la serie si risolve in un semplice accordo (tra l’altro nemmeno vocale ma tacito) con le due fazioni che decidono di non combattere perché una verrebbe annientata facilmente dall’altra.
L’ultima puntata è addirittura peggiore delle precedenti. Il fatto che la battaglia tra Magne e Laurits sia ispirata dai fumetti di “Young Thor” che legge Magne, è una scelta comprensibile solo per una questione di minutaggio e budget ma altrimenti non ci sono altre giustificazioni. Oltretutto, viene abbinata a dei flashback che ricordano che Magne ha problemi psichici da sempre, il che diventa un insulto allo spettatore che ora potrebbe aver visto 3 stagioni di qualcosa che è accaduto solo nella testa del protagonista.
Il finale non funziona quindi per due motivi perché se da un lato la serie non riesce a mettere in mostra un po’ di azione dopo averla promessa per tre anni, dall’altro poi mette in dubbio tutto. Era tutto un sogno nella mente di Magne? Oppure è realmente accaduto? Qualsiasi risposta gli si voglia dare, sfortunatamente la reazione non è delle migliori perché lo spettatore si sente preso in giro e non c’è un giusto o sbagliato ma è una semplice scelta tra uno schiaffo in faccia e un calcio sulle palle d0ve quest’ultimo è rappresentato dalla possibilità che sia tutto frutto dei problemi mentali di Magne.
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La terza stagione di Ragnarok è un gigantesco passo indietro rispetto alle prime due. La trama è deludente e insensata, i personaggi cambiano idea senza spiegazione, e l’ultima puntata è un vero e proprio insulto allo spettatore. Un finale che lascia un senso di delusione e di incompiutezza.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.