La serie danese-norvegese ideata da Adam Price e distribuita su Netflix continua a raccontare la lotta a Edda tra i Giganti e quel che rimane degli dei asgardiani, una faida resa più interessante dall’arrivo di Loki, mezzo Gigante e mezzo Dio, maestro dei complotti e del doppio gioco.
TROPPA FRETTA
Se nel primo ciclio stagionale 6 episodi erano sembrati più che sufficienti vista la natura fortemente introduttiva della stagione, questa seconda al contrario soffre di un numero eccessivamente ridotto di puntate, forse un unicum nel panorama seriale visto che la stragrande maggioranza dei prodotti televisivi soffre del problema opposto.
Come ben visibile in “Brothers in Arms” e anche nell’episodio precedente, l’eccessiva fretta con cui avviene tutto, basti pensare alla facilità con cui Laurits accetta questioni enormi e inizia il suo cambiamento, trasmette la sensazione di una rilevante forzatura narrativa sotto molti aspetti.
Ma non tutti i personaggi sono coinvolti in questa decisa accelerazione, visto che Fjor per ora è un character completamente inutile sotto ogni punto di vista, anche se con il plot twist finale si spera assuma maggior rilievo all’interno della narrazione.
Lo stesso si può dire per Magne che non ha ancora trovato la sua arma e la cui stupidità nella ricerca del martello di Thor a volte è disarmante, vista la splendida idea di forgiare Mjolnir, l’arma più potente del mondo antico, partendo da un pezzo creato in officina e semplicemente mettendolo sopra una fiamma. “Geniooo!” direbbe qualche regista troppo italiano.
LA TRASFORMAZIONE DEFINITIVA
In questo terzo episodio si assiste alla definitiva trasformazione di Laurits in Loki, con tanto di spiegone sulla mitologia norrena anticipato del professor Erik.
La grande ambiguità del fratellastro di Magne non deve certo sorprendere visto che Loki è la divinità ambigua per eccellenza e quindi Laurits non poteva essere da meno. La scena dell’iniezione di sangue con il personaggio interpretato da Jonas Strand Gravli è sicuramente affascinante, soprattutto a livello visivo, ma rientra perfettamente nel discorso sopracitato di un’eccessiva fretta nel mettere in moto determinati eventi, destinati a scatenare poi grandi cambiamenti nei character.
E’ sicuramente un bene invece il coinvolgimento attivo di Wotan, nome germanico di Odino, all’interno della storia, per un personaggio molto affascinante anche nella sua versione “casa di cura”, sperando sia più intelligente di Wenche che evidentemente non ha visto la fine di Rickon in “The Battle Of Bastards“, altrimenti come minimo avrebbe volato a zig-zag.
PLOT TWIST
Il colpo di scena finale con la morte di Vidar giunge veramente inaspettato visto che lo battaglia decisiva era ormai prossima. Lo scontro scatenatosi tra il capofamiglia dei Giganti e Magne che ha voluto salvare la vita al fratellastro è stato rapido e dall’esito imprevedibile.
Con la morte del personaggio più forte dello show e capostipite dell’antica dinastia gli equilibri all’interno della serie sono destinati a cambiare radicalmente, un vero e proprio terremoto destinato a stravolgere quanto visto sino ad ora.
Se tale cambiamento verrà gestito in maniera adeguata non potrà che essere un bene per l’evoluzione della serie, ma vista la discutibile e improvvisa celerità narrativa mostrata sino ad ora, qualche preoccupazione al riguarda rimane.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una puntata che avrebbe meritato una semplice sufficienza e niente di più visto le diverse criticità riscontrate sia a livello narrativo che nella gestione di alcuni personaggi. Tuttavia grazie al plot wist finale che, inaspettatamente. regala agli spettatori la prima morte eccellente della serie scandinava, la valutazione è superiore, sperando tutto venga gestito con le giuste tempistiche.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.