Con “Love Don’t Cost A Thing”, il team di sceneggiatori capitanato da Krista Vernoff sceglie di omaggiare in maniera abbastanza evidente le dinamiche delle prime stagioni dello show, fatte di feste in casa degli specializzandi originali, triangoli amorosi e delusioni sentimentali.
L’obiettivo principale era quello di creare situazioni nostalgiche, sfruttando proprio il rimando a quelle verificatesi in passato e che mancavano in scena da molto tempo. Purtroppo, non tutto è andato secondo i piani.
QUALCUNO HA DETTO “HOUSE PARTY”?
Grey’s Anatomy sceglie di guardare al passato e di rifarsi all’“house party”, contesto ideale per tanti momenti importanti dello show, in particolar modo nel corso delle primissime stagioni.
La casa è la stessa, ma a cambiare sono gli inquilini, che non restano certo con le mani in mano e fanno di tutto per movimentare la situazione. Nonostante il loro impegno, tuttavia, l’atmosfera non è affatto spontanea e certe situazioni risultano forzate, addirittura ripetitive.
Se il triangolo che coinvolge Simone e Lucas vuole rifarsi all’originale formato da Meredith-Derek-Addison, farebbe meglio a farsi da parte. Il pubblico non conosce Trey ed è difficile interessarsi a qualcosa che non si può comprendere.
Se c’era una cosa in cui lo show in passato era infallibile, era la capacità di introdurre gradualmente ma in modo intelligente e ben studiato, tutti i nuovi personaggi, quasi a introdurli e a dargli importanza senza dare nemmeno nell’occhio. Ora, personaggi sconosciuti entrano in modo prepotente nello show senza un minimo di introduzione o di qualche elemento con cui il pubblico possa empatizzare. Lo stesso Trey arriva in un momento in cui Simone si è finalmente sistemata al Grey Sloan e ha trovato la sua gente e una sorta di serenità.
Queste scelte non fanno che confermare come il team di sceneggiatori avrebbe potuto giocarsi le proprie carte in modo migliore, considerando che i nuovi specializzandi possono essere sfruttati molto meglio di così, avendo materiale completamente nuovo da esplorare.
COPPIE CHE SCOPPIANO
Se i nuovi specializzandi (o quasi tutti) si divertono alla festa nell’iconica (ex) casa di Meredith, non si può dire certo lo stesso della vecchia guardia. Ad eccezione di Jo e Link, che stanno ancora esplorando il loro rapporto, sembra che il resto del cast storico dello show stia vagando senza una meta.
Owen e Teddy non sono certo aiutati dalle performance scadenti di Kevin McKidd e Kim Raver che, episodio dopo episodio, non fanno altro che ricordare al pubblico come i loro personaggi avrebbero meritato un destino diverso, meglio ancora se fuori dallo show. Il loro continuo litigare non convince, soprattutto considerando che, almeno agli occhi degli autori, i battibecchi vengono intesi come un siparietto comico che si sta protraendo ormai da troppo tempo. Tutto il minutaggio dedicato alla cena tra adulti risulta sprecato, ridondante e a tratti fuori luogo. Si potrebbe tagliare completamente questa parte e l’episodio non ne risentirebbe affatto, anzi, ne gioverebbe.
Come se non bastasse, anche Miranda e Ben sono risucchiati in questa spirale autodistruttiva, facendo in modo che la scelta di colpevolizzare Miranda da parte di Ben si riveli totalmente out of character, fortemente incoerente con il personaggio interpretato da Jason George.
L’altra coppia a scoppiare è quella formata da Maggie e Winston, anche loro impegnati da episodi in una crisi dalla quale non riescono a uscire.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Se la diciannovesima stagione di Grey’s Anatomy era partita con il piede giusto, dopo a malapena 9 episodi si è già ricaduti nel baratro del nonsense e dello scontato. L’uscita di scena di Meredith ha portato a galla alcuni difetti di cui gli sceneggiatori non riescono a liberarsi.
I nuovi elementi creano dinamiche che sembrano la brutta copia di quelle precedenti, mentre il vecchio cast non ha più nulla da offrire ed è intrappolato in una crisi generale attualmente senza via d’uscita. Nemmeno i casi convincono come quelli di un tempo. Se lo show ha ancora qualcosa da dire, occorre tirare fuori l’asso nella manica, perché di questo passo nessuno si interesserà più a cosa accade al Grey-Sloan.
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Un tempo recensore di successo e ora passato a miglior vita per scelte discutibili, eccesso di binge-watching ed una certa insubordinazione.