Le promesse del precedente episodio sono state disattese e re Viserys I non ha ancora tirato le cuoia, tutt’altro. Il sovrano ha vissuto e procreato per i successivi dieci anni e nonostante tutte le fisime mentali dei primi cinque episodi riguardo l’eredità, è ancora lui che siede sul trono di spade.
Alicent: “You are the King’s firstborn son and what they know, what everyone in the realm knows in their blood and in their bones is that one day, you will be our King.”
UN SECONDO PILOT. 10 ANNI DOPO
Il notevole salto temporale della storia porta l’episodio a ramificarsi in due direzioni: da un lato, esattamente come un pilot, l’episodio deve reintrodurre i personaggi principali e le nuove vite, inserendo -senza eccessivi spiegoni- una serie di informazioni che aiutano lo spettatore ad orientarsi nella nuova scacchiera di Westeros.
Per altro verso, il sesto episodio deve continuare a tracciare il gioco politico sulla cartina dei Sette Regni e al tavolo del Consiglio Ristretto riecheggiano nomi familiari quali Martell, adesso nuovi alleati della Triarchia negli Stepstones.
Al riguardo, bisogna tristemente notare come la narrazione politica sia al momento leggermente trascurata dalla serie, che tesse molto lentamente le sue trame più fini e interessanti. Un modo di operare che, tuttavia, i veterani di Game Of Thrones conoscono benissimo, coscienti come un sussurro possa far rovesciare i potenti dai troni.
PROSSIMI CONGIUNTI
La lunga dinastia dei Targaryen ha alle spalle un complesso albero genealogico che pare chiaro per i parenti in linea retta, ma comincia a complicarsi allo spuntare di sorelle, fratelli, cugini, zii, nipoti e affini fino al quarto grado.
La casa dei draghi si arricchisce, in quest’episodio, di nuove pedine che rendono la tela dei Targaryen sempre più fitta e il gioco del trono sempre più rischioso.
La regina Alicent teme per la vita dei figli Aegon e Aemond, che dalla linea di successione sembrano aver ereditato solo nemici. Al di là della scacchiera si affaccia la principessa Rhaenyra con i suoi tre figli, tutti frutto del tacito accordo tra lei e il cugino-consorte Velaryon di dividere il mutuo ma non il letto.
A complicare le cose è il fatto che il padre naturale dei tre figli della principessa sia Ser Harwin Strong, Comandante delle guardie, figlio del Primo Cavaliere di re Viserys e fratello di Larys, fedele sostenitore della regina (o di chiunque si trovi a favore del vento).
Seppur lontano dalla ragnatela di Approdo Del Re, il sesto episodio non dimentica poi Daemon Targaryen che, dopo l’uccisione della prima moglie, trova la gioia della vita coniugale accanto alla cugina (…di secondo grado) Laena Velaryon e le loro due figlie, Rhaena e Baela.
La morte di Laena Velaryon e il rifiuto della regina alla proposta della principessa di far sposare i rispettivi figli segnano l’inizio di grandi cambiamenti in casa Targaryen. Gli equilibri stanno per spezzarsi.
HOTD E QUELL’INCREDIBILE SOMIGLIANZA CON LA SERIE MADRE
Come già sottolineato nelle recensioni precedenti, non è difficile inquadrare certe dinamiche in qualcosa di già visto in Games Of Thrones. Se questo sia un pregio o un difetto è ancora presto per dirlo, certo è che la serie non fa fatica a camminare sulle proprie gambe, nonostante qualche paragone particolarmente difficile.
Il confronto più sofferto è il carisma dei personaggi. Characters come Arya Stark, Joffrey Baratheon, Cersei, Tyrion, Varys e via discorrendo, bucano lo schermo fin dalla prima apparizione sulla scena; diversamente pare essere per l’attuale compagine. Allo stato attuale, infatti, solo Daemon sembra l’unico capace di reggere la scena o un’intera narrazione da solo, mentre per gli altri è ancora un po’ presto, dovendo cercare supporto a vicenda per condurre il minutaggio.
Sebbene nessuno abbia apprezzato la deriva narrativa di GOT, è innegabile che le primissime stagioni abbiano regalato un prodotto curato nei minimi dettagli: costumi, ambientazione, resa scenica, personaggi carismatici, intrecci politici. Dettagli che in House Of The Dragon non sono ancora emersi. Vero è che il worldbuilding e i molteplici protagonisti a disposizione costituiscono una buona promessa per una serie che ha ancora tempo per sviluppare il proprio potenziale.
Probabilmente smettere di fare paragoni con la serie madre porterebbe tutti a godere meglio della visione di questo prequel, ma è innegabile che il gusto stia proprio lì. D’altronde se è vero che possono cambiare le pedine del gioco, le regole sono sempre quelle: o si vince o si muore.
MA HA ANCHE DEI DIFETTI
Breve parentesi sull’introduzione dei nuovi attori, apparentemente più adulti rispetto ai personaggi che dovrebbero interpretare. Per un salto temporale di dieci anni si dovrebbe essere di fronte a dei ragazzi al massimo venticinquenni, che certamente non sono gli anni dimostrati da Rhaenyra e Leanor.
Discorso simile per Ser Harwin Strong e suo padre. Sebbene la loro presenza sullo schermo sia durata quanto un gatto in tangenziale, la differenza di età tra i due poteva essere non più di dieci anni. Non esattamente un padre e un figlio.
Chi invece ha bucato lo schermo al primo colpo è stata proprio la regina Alicent, vestita a pennello dalla centratissima Olivia Cooke.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Il lungo antefatto narrato nei primi cinque episodi ha portato alla costruzione di un secondo pilot che ramifica la trama in più direzioni senza lasciare indietro nessuno. Un buon inizio.
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Lunatica, brutta, cinefila e mancina. Tutte le serie tv sono uguali, ma alcune sono più uguali delle altre.