Mr. Corman 1×09 – Mr. CormanTEMPO DI LETTURA 3 min

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Arriva il momento della deflagrazione per l’interessante serie di Gordon-Levitt. In senso letterale.
Come era intuibile già da tempo e rinforzato dall’avvento del lockdown a Los Angeles dell’episodio scorso, finalmente la serie presenta quello che si può considerare il suo “villain”, Artie, il padre di Josh, interpretato da un sempre ottimo Hugo Weaving spesso evocato in precedenza e su cui finora tutti i personaggi (e gli spettatori) hanno concentrato le “colpe” sulla deriva delle proprie vite. Dopo quasi 3 anni, i due si incontrano poiché Artie teme di avere un infarto e necessita dell’aiuto del figlio per raggiungere l’ospedale.

Mr. Corman Senior:You hate yourself, just like me! You can’t stop thinking about all the things you should’ve done and why you didn’t do ‘em. Now it’s too late. And your brain goes round in circles, just like mine does. The difference is, I don’t blame anybody but myself. And you blame me. And that’s nice, isn’t it? To have it be someone else’s fault, not your own. Yeah. Feels good. Sort of like a drug.

AMORE INCONDIZIONATO O OPPORTUNISTICO?


Va detto subito che la trama dell’episodio rimane molto semplice: padre e figlio si rincontrano dopo tanto tempo e hanno modo di confrontarsi intensamente. Chi è Artie? Ne esistono diverse versioni a seconda del punto di vista da chi si sceglie di partire.
Come il figlio, Artie era un musicista con del potenziale che ha tentato a lungo una carriera mai realmente esplosa a cui si è aggiunta la dipendenza da droghe che l’ha portato ad avere deliri paranoici come si evince dal flashback.
Artie è stato anche un padre amorevole che teneva alla partecipazione della sua famiglia in uno dei giorni più importanti della sua vita e che salva i propri figli da “un’apocalisse imminente”.
Artie è un nonno disattento e inaffidabile che rischia la vita del proprio nipote per salvare un altro bambino.
Artie è lo specchio di Josh e il suo riflesso è insopportabile, tanto da far cadere finalmente il meteorite nella vita del professor Corman.

QUEL RIFLESSO INSOPPORTABILE


Che Josh Corman fosse una persona che faticava a prendersi le proprie responsabilità si era capito da tempo ormai. Nessuno intorno a lui era esente da responsabilità per la sua tremenda insoddisfazione mista a depressione. Però la madre Ruth, il coinquilino Victor e la ex fidanzata Megan, in tre episodi diversi, hanno mostrato quanto sia facilmente ribaltabile questa lettura delle cose nelle testa di Josh.
Il padre Artie non è da meno ed in maniera molto più violenta (emotivamente) ribalta di nuovo la visione di Josh, mostrando quanto, nonostante i notevoli limiti degli altri (in primis sicuramente quelli del padre), la sua visione di non sia mai stata sincera. Josh non vuole ammettere di essere padre e padrone delle proprie azioni e rifugge quindi a qualsiasi responsabilità. Questo suo tremendo limite però sembra essere stato in qualche modo tollerato dagli altri, come se proprio chi lo circonda dimostrasse quell’amore nei suoi confronti molto di più di quanto lui non faccia verso se stesso. In sostanza, tutti finora hanno tollerato la complessità di Josh amandolo per quello che era, senza mai rinfacciarglielo direttamente.
Adesso, con l’arrivo della pandemia e tutto il carico di cambio di prospettiva che ha portato nelle vite di ognuno (magari focalizzandosi su cosa conta veramente nelle propria vita), il mondo di supporto di Josh si è disintegrato e ogni parola proferita da chi conta o è contato nella sua vita, devasta il mondo interiore. Portando alla luce una realtà difficile da accettare ma fondamentale per poter andare avanti.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • L’arrivo di Hugo Weaving era il tassello che mancava per essere tutto praticamente… perfetto
  • Nulla

 

Essendo una delle prime serie che tratta l’impatto della pandemia nelle vite di tutti, Mr Corman affronta temi fondamentali e necessari della vita del suo protagonista in maniera egregia. In attesa dell’ultimo episodio della stagione (serie?).

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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