Marty: “Ruth, please. Come on. Javi dies, everything that we worked for just falls apart.”
Ruth: “Welcome to my fucking world.”
Era facile prospettare una seconda parte stagione simile ad un bagno di sangue e questo primo episodio sembra volerne dare un assaggio però con delle connotazioni fortemente anticlimatiche. La puntata riparte esattamente dove si era conclusa “Sanctified”: Ruth alla guida e scossa dal ritrovamento di Wyatt (e Darlene) morto; Javi in totale controllo in maniera più che spregiudicata; i Byrde in fase meditativa riguardo a come affrontare il possibile scontro tra Langmore e Navarro.
“The Cousin Of Death” riparte da quel preciso momento tradendo in un certo tal senso le aspettative. Un vero e proprio confronto tra Javi e Ruth non avviene e la morte di quest’ultimo sopraggiunge solo in conclusione di puntata e senza aver ricevuto particolare focus. Si tratta di un episodio che prende tempo e cerca piuttosto di scavare nelle reazioni umane e nelle emozioni di Ruth, privata dell’ultima persona che le è stata accanto fin da bambina. Lo show incede sul passato di Ruth e sul suo rapporto con il cugino, sul loro desiderio di diventare ricchi e “farsi un nome” o, più semplicemente, di avere una vita normale.
Un espediente che funziona dal lato emozionale, regalando un episodio che, come detto, scruta nell’animo di Ruth, ma che non rispetta le attese e forse spreca un’occasione grossa (la morte di Javi) in modo discutibile.
ILLMATIC, NAS E KILLER MIKE
Come leitmotiv della puntata, che come detto esamina il passato di Ruth, il rapporto con Wyatt ed il suo desiderio di cambiamento (importante ricordare che in “Sanctified” la ragazza stava abbandonando Osage Beach prima di trovare il corpo esanime del cugino) è l’album di debutto del rapper Nas (all’epoca ventenne), Illmatic, pubblicato nel 1994. Il rapper newyorchese nel suo album tratta di tematiche quali la rivalità tra gang, la povertà urbana dei sobborghi in cui vive, l’uso della droga e la violenza in generale. Tutti temi ampiamente affrontati all’interno dei brani ed esposti con narrazioni in prima persona facendo immedesimare l’ascoltatore nelle vie del Queens, negli odori del quartiere e nella criminalità che si percepisce anche solo dai dialoghi campionati come basi musicali. In un’intervista rilasciata diversi anni dopo, Nas afferma che “when I made Illmatic I was a little kid in Queensbridge trapped in the ghetto. My soul was trapped in Queensbridge projects”.
Facile constatare il desiderio da parte di regia e sceneggiatura di utilizzare il gangsta rap di Nas ed i suoi testi per ricollegarsi alla vita passata e presente di Ruth, cercando di presentarne il trauma e l’impossibilità di sfuggire dal mondo criminale cucitole addosso (“è la via di Carlito” direbbe qualcuno).
Un espediente che funziona a metà sia perché Ruth sotto questo preciso aspetto risulta già ampiamente approfondita, sia perché la scelta del parallelismo con Nas potrebbe far storcere il naso per la poca attinenza. Soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che per dare maggior adito al tutto, Ruth incontra casualmente in un bar a Chicago il rapper Killer Mike con cui disquisisce brevemente proprio dell’album e delle sensazioni che l’ascolto trasmette. Un’apparizione abbastanza immotivata, in realtà, anche se Killer Mike non rappresenta una voce nuova per Ozark: il rapper infatti fa parte del duo Run The Jewels che ha scritto la canzone utilizzata come traccia per la sequenza conclusiva di “All In” Ooh, La La.
Lo show di Chris Mundy non è nuovo all’inserimento di artisti all’interno dello show, basti citare Kevin Cronin sfruttato come guest star e collegamento con il cartello dei Navarro nei primi episodi della terza stagione; e lo show non è nemmeno nuovo all’utilizzo di soundtrack volutamente hardcore hip hop/gangsta rap, tuttavia in questo particolare caso il cameo risulta eccessivamente sopra le righe e poco attinente a quanto sta avvenendo.
“I’m destined to live the dream for all my peeps who never made it
‘Cause yeah, we were beginners in the hood as Five Percenters
But somethin’ must’ve got in us, ‘cause all of us turned to sinners
Now some restin’ in peace and some are sittin’ in San Quentin
Others, such as myself, are tryin’ to carry on tradition.”
(Life’s a Bitch, Nas)
JAVI VS RUTH
La puntata, oltre a voler veicolare il messaggio riguardo l’impossibilità per Ruth di sfuggire dal mondo criminale, elimina Javi. Un personaggio rancoroso, vendicativo e che portava con sé una rabbia senza eguali. Basti, per esempio, citare la scena della cena con il suo ex professore universitario. Javi, parlandone, aveva appuntato come l’uomo lo trattava ai tempi degli studi come un ragazzo non di rilievo o con un buon acume. Una cosa che Javi, a distanza di tempo, ancora sembra rimuginare. Quando il cameriere versa l’ultimo sorso di vino al professore (nonostante il bicchiere di Javi fosse evidentemente più vuoto) qualcosa sembra scattare nel neo capo del Cartello.
Un rancore accumulato da tempo che sfocia come un fiume in piena travolgendo il professore e qualsiasi possibile accenno di buon gusto che Javi sembrava aver trasmesso fino a quel momento. Aver eliminato Javi con questa rapidità rappresenta una mossa coraggiosa, sicuramente, ma che dovrà trovare riscontro in una sceneggiatura in grado di colmare rapidamente il vuoto politico lasciato nel Cartello e nell’FBI di cui Javi era una talpa. C’è il rischio che aver trattato così superficialmente il personaggio porti ad un ritorno di fiamma abbastanza pericoloso.
“I never sleep, cause sleep is the cousin of death.” (N.Y. State of Mind, Nas)
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
|
|
Ruth è segnata da un passato e da un presente criminale, come ampiamente detto. Ma il futuro? Quello è ancora da scrivere e aspetta soltanto lei. Un futuro che, tuttavia, si è intorbidito notevolmente con la morte di Javi. Un’eliminazione che rischia di rovinare il piano dell’FBI stretto tra Navarro e Byrde, distruggendo tutto quanto. Ma a Ruth di tutto ciò non interessa assolutamente nulla visto che il suo mondo è crollato in maniera repentina fin dal primo incontro con Marty Byrde ad Osage Beach.
Quanto ti è piaciuta la puntata?
0
Nessun voto per ora
Tags:
Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.