A un solo episodio dal termine di questa seconda stagione, la serie di casa HBO sforna una puntata non indimenticabile, nonostante vi siano diversi avanzamenti di trama. Il problema. già riscontrato in diversi episodi, riguarda lo spostamento del racconto fuori dall’aula di tribunale con diverse sottotrame inutili che ingolfano la narrazione. Il risultato ormai evidente è che fuori dall’aula di giustizia questo prodotto televisivo perde molto del suo potenziale.
IL RITORNO DI STRICKLAND
Sin dalla season premiere ci si era lamentati di uno scarso utilizzo di Shea Whigham, con il suo personaggio che da principale era diventato secondario, probabilmente a causa di altri impegni lavorativi dell’attore.
In questo settimo appuntamento invece vi è un maggior coinvolgimento del character di Pete Strickland e questo è sicuramente un elemento positivo, ma la gestione di questo ritorno è poco convincente.
Il problema nasce dalla puntata precedente dove Mason, inspiegabilmente, non sospetta nemmeno per un minuto che possa essere stato l’amico a tradirlo visto che lavora per Milligan, situazione poco verosimile. Per questo il suo repentino ritorno da Perry Mason, con tanto di confessione, scazzottata chiarificatrice e collaborazione alle indagini risulta abbastanza tirato.
Rimane il fatto che la complessità del personaggio, con tutte le sue incongruenze, e l’ottima interpretazione di Whigham rendono Pete Strickland uno dei personaggi migliori e più interessanti di tutto lo show.
SOLUZIONI SCONTATE
In questi 50 minuti vi sono diverse soluzioni alla lunghissima serie di misteri che contraddistinguono questo secondo ciclo stagionale ma non tutte all’altezza della situazione, soprattutto perché scontate e intuibili da diversi episodi per uno spettatore avvezzo a questo genere televisivo.
Anche se a livello tecnico la serie si conferma di evidente qualità con regia e fotografia impeccabili, la scrittura invece ha qualche passaggio a vuoto, in particolar modo la sottotrama dedicata a Paul Drake che si conferma la peggiore di tutta lo show, nonostante i continui richiami alla società razzista dell’epoca che, come oggi a dire il vero, discrimina la minoranza afroamericana.
Il coinvolgimento diretto di Miss Nygaard nell’ affaire McCutcheon, personaggio senza dubbio affascinante, è interessante ma al tempo stesso palesemente scontato fin dalle sue prime apparizioni e al momento ancora non è stato spiegato in modo adeguato.
Almeno viene fatta finalmente chiarezza sul coinvolgimento del padre della vittima, con i loschi traffici di Lydell McCutcheon in combutta con i giapponesi per la vendita di petrolio e coinvolto anch’esso nella morte dei figlio.
Resta ora da capire come queste rivelazioni si andranno a incastrare con il processo in corso contro i fratelli Gallardo che rimangono comunque colpevoli e in che modo Perry Mason riuscirà a cavarsela in questo caso di evidente colpevolezza dei suoi assistiti.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Una puntata abbastanza deludente per Perry Mason che ottiene la sufficienza piena ma nulla di più. Sinceramente a un solo episodio dal termine della stagione ci si aspettava ben altro dalla serie di casa HBO che invece conferma numerose debolezze che hanno contraddistinto questo secondo ciclo stagionale. Nonostante un ottimo cast e l’evidente qualità del comparto tecnico, la sceneggiatura a volte lascia a desiderare e il risultato finale è uno show che non riesce mai a decollare veramente. Peccato perché gli elementi per fare bene ci sono tutti, ma al momento non sono stati sfruttati in maniera ottimale.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.