“Chapter Thirteen” è senza dubbio un episodio che alza l’asticella in termini di intensità rispetto agli episodi precedenti, concentrandosi sulla fase di giudizio e sulla difesa in tribunale da parte di Mason. Questa scelta narrativa è in linea con il format di molte serie procedural legal drama, in cui la parte processuale diventa spesso l’elemento principale dell’episodio. Formula adottata in molti altri show come Law and Order, Boston Legal e The Good Wife, solo per citarne alcuni.
Tuttavia, il reboot di Perry Mason si differenzia da questi show grazie alla sua ambientazione in un’epoca passata (anni ’30) e alle tematiche sociali che affronta, come la segregazione razziale e l’omofobia. Questo conferisce alla serie una profondità tematica che spesso manca in altri legal drama.
Ciò che, invece, rappresenta un punto debole della serie sono le sottotrame parallele che riguardano sia Perry Mason, sia le due spalle narrative: Della Street e Paul Drake. Queste, infatti, rischiano di togliere l’attenzione dalla trama principale e di diluire il ritmo dell’azione in tribunale.
PERRY MASON IL MODERNO
Tornando all’episodio in questione, la presentazione delle prove durante il processo risulta particolarmente coinvolgente e la difesa di Mason è efficace nello smontare gli attacchi dell’accusa. Tuttavia, come sottolineato nel precedente paragrafo, le sottotrame parallele sembrano spesso essere un po’ troppo distanti dalla trama principale, rischiando di far perdere di vista il filo conduttore della storia, diluendo in maniera non necessaria la storia e allungando, di fatto, il minutaggio della puntata.
Un’altra nota negativa di questa stagione è la mancanza di Shea Whigham, che ha ridotto il suo ruolo ad un semplice guest actor. Tuttavia, nonostante questi elementi negativi, Perry Mason è ancora in grado di incollare lo spettatore alla sedia grazie alla cura dei dettagli e alla bravura degli attori.
Sebbene sia un reboot di una serie televisiva classica, Perry Mason si differenzia dalle sue controparti procedurali a sfondo legale grazie ad una struttura più complessa e articolata, che presta molta attenzione ai personaggi secondari e alle loro storie personali, nonché alla cura della ricostruzione dell’epoca.
D’altra parte la serie originale era molto più legata alla moralità e alla giustizia, con Perry Mason sempre pronto a difendere la verità e a smascherare i veri colpevoli. Elemento questo ad oggi trascurato all’interno del reboot in favore di una storia ben più dinamica ed imprevedibile.
CROLLO DI ASCOLTI
Inoltre, uno dei principali meriti di “Perry Mason” è il modo in cui riesce a trasportare lo spettatore in una Los Angeles degli anni ’30: dalla ricostruzione degli ambienti al design degli abiti e degli oggetti. La fotografia della serie è in grado di creare un’atmosfera suggestiva e unica, che si mescola alla perfezione con la trama e con il mondo dei personaggi. Una cura al dettaglio che non sta venendo ripagata in termini di ascolti. La prima stagione del reboot, andata in onda nel 2020, ha riscosso un buon successo rappresentato da uno zoccolo duro di circa 1 milione di spettatori a puntata. Questa seconda stagione invece ha visto una vera e propria emorragia: quasi tutti gli episodi si attestano a circa 300mila spettatori. Un calo di ascolti significativo, che potrebbe portare, facilmente, alla sua cancellazione.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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“Chapter Thirteen” rappresenta l’episodio di cui questa serie aveva bisogno per alzare leggermente l’asticella e guardare con un po’ più di fiducia al futuro. Il problema resta quello che riguarda le sottotrame parallele alla storia principale che appesantiscono la puntata diluendo in maniera spesso inutile sia i colpi di scena, sia i risvolti processuali. Analizzare i personaggi secondari dello show può essere un’arma a doppio taglio e Perry Mason sembra scoprirlo a proprie spese. Un maggior focus sul processo in questi ultimi tre episodi potrebbe risollevare la valutazione generale, ma l’emorragia di ascolti sembra difficile da poter arginare anche con una buona storia.
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Conosciuto ai più come Aldo Raine detto L'Apache è vincitore del premio Oscar Luigi Scalfaro e più volte candidato al Golden Goal.
Avrebbe potuto cambiare il Mondo. Avrebbe potuto risollevare le sorti dell'umana stirpe. Avrebbe potuto risanare il debito pubblico. Ha preferito unirsi al team di RecenSerie per dar libero sfogo alle sue frustrazioni. L'unico uomo con la licenza polemica.