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Perry Mason 2×08 – Chapter SixteenTEMPO DI LETTURA 3 min

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Perry Mason 2x08 recensioneE anche questa seconda stagione di Perry Mason è giunta al termine e con essa è anche il momento di porsi qualche domanda circa la soddisfazione generale che ne deriva.
Si aveva criticato in passato il modo di gestire la stagione da parte dei due nuovi showrunner, Jack AmielMichael Begler, che avevano sostituito Rolin JonesRon Fitzgerald, critiche arrivate per la gestione delle storyline secondarie (did you say Della e la fidanzata dimentica e ricomparsa magicamente per mezzo secondo in “Chapter Thirteen“?), spesso evitabili e comunque poco interessanti, ma anche per il caso principale che ha visto la scoperta del colpevole dell’omicidio in un anticlimatico quarto episodio. A posteriori è giusto dire che quelle critiche fossero corrette e ora ancora più motivate dalla risoluzione di un caso e di alcune dinamiche personali che non giustificano delle scelte fatte in precedenza visto che non hanno avuto alcun impatto a livello di trama. Anzi.
Chi ne ha guadagnato nel lungo termine è stato il caso dei fratelli Gallardo, un caso gestito in maniera discutibile fino a metà stagione ma che successivamente ha preso una direzione diversa (e migliore), trasformandosi sia nello smascheramento di una cospirazione ben più grande, sia nell’assunzione delle responsabilità da parte dei diversi character, Mason in primis.

Perry:Is real justice possible or is it just an illusion?

NESSUN VINCITORE, MOLTI VINTI


Ad un certo punto, nelle interviste che seguono la chiusura del caso dopo l’ammissione di colpevolezza di Mateo Gallardo, un giornalista chiede a Perry “are you upset about losing?” e la risposta è tanto onesta quanto si sarebbe potuto avere: non è una sconfitta. A dirla tutta non è nemmeno una vittoria visto e considerato che non si è giunti ad un verdetto di colpevolezza ma, anzi, è arrivata direttamente una confessione e una gita in carcere di qualche mese. Vista e considerata la potenziale rimozione del titolo di avvocato e la relativa possibilità di esercitare, forse è quasi una vittoria, quasi.
La realtà è che Amiel e Begler hanno optato per un finale dolceamaro che vede compiersi una sorta di giustizia sommaria, giustizia che però apre le porte a diverse investigazioni che, in teoria, dovrebbero portare ad altri casi e allo smantellamento di quella fitta rete di poteri forti gestita da Camilla Nygaard che acquista il ruolo di semi-villain pronta a tornare nel caso la serie venga rinnovata.

PUZZA DI CANCELLAZIONE


Come discusso più approfonditamente nel podcast, nonostante una stagione tutto sommato buona e in crescendo, gli ascolti in prima serata di Perry Mason sono assai deludenti (400.000 spettatori in media contro 900.000 della prima stagione) e sono un segnale allarmante per quanto riguarda le possibilità di rinnovo per una terza annata che, al momento in cui si scrivono queste righe, non è ancora stata annunciata.
Se è vero che gli ascolti delle prime visioni non sono più sinonimo di affidabilità viste le visioni in streaming, con i DVR e via dicendo con qualsiasi altro metodo di fruizione, è altresì vero che danno una buona idea dell’hype che circonda il progetto, hype che non sembra essere moltissimo. La qualità rimane abbastanza alta, le performance di Matthew Rhys e Juliet Rylance valgono da sole la visione ma nel caso di un rinnovo (e considerando come è stato posizionato Paul Drake a questo punto) i due showrunner dovrebbero riconsiderare la gestione dell’intera stagione per renderla più snella e dritta al punto.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Molto apprezzabile il finale “con senso di responsabilità” per Perry
  • Svolta “sociale” per Paul Drake che si distacca da Perry e Della
  • Arringhe finali
  • Confronto con Hamilton Burger
  • Camilla Nygaard sotto investigazione ma di fatto impunita
  • Confermata l’inutilità delle sottotrame personali di Della e Perry

 

La seconda annata di Perry Mason si conclude qui, con un finale dolceamaro che getta luce su una prima parte di stagione piuttosto discutibile che però si è ripresa da tutta la sua anticlimaticità con delle scelte audaci culminate con l’incarcerazione di Perry. E questo potrebbe essere il perfetto punto di partenza per ricominciare l’eventuale terza stagione, sperando sia migliore di questa.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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