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Physical 1×01 – Let’s Do This ThingTEMPO DI LETTURA 4 min

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Physical 1x01 recensioneNel Gennaio 2020 Apple aveva annunciato l’inizio della produzione di Physical, nuova dark-comedy con protagonista assoluta Rose Byrne, di recente vista nell’ottimo Mrs. America nel ruolo di Gloria Steinem. Niente di anomalo o degno di nota fino a qua (anche se chiaramente fa sempre piacere vedere la Byrne protagonista), ma qualcosa di un po’ diverso emerge parzialmente dalla trama: nella San Diego degli anni ’80, Sheyla (Byrne) affronta i suoi complessi esistenziali con l’aerobica. Bene ma non benissimo.
A volte, però, le sorprese migliori arrivano proprio quando la trama non sembra essere interessantissima, e dopo aver visto in anteprima il pilot di Physical si può serenamente affermare che sia questo il caso: una voce narrante che si potrebbe definire bipolare, una rappresentazione degli anni ’80 che enfatizza il non-ruolo della casalinga nella società americana ed uno stranissimo umorismo sono le chiavi per fugare ogni pregiudizio iniziale. Pure con una certa facilità.

Sheila:Fuck, that’s good! Three famous cheeseburgers, three large fries and a chocolate shake. Thanks.
[…] Tomorrow I will eat clean, healthy food. I will find a new dance class. I will walk on the beach. Tomorrow I will have a nice day.

L’APPARENZA DEGLI ANNI ’80


Dopo la visione dei 35 minuti di “Let’s Do This Thing” è impossibile negare che la showrunner Annie Weisman abbia preso una storia leggermente banale e l’abbia trasformata in qualcosa di molto più profondo. È innegabile perché il connubio tra anni ’80 e rappresentazione della vita di una casalinga media, di recente sempre più sdoganato da vari prodotti di successo (Mrs. America, Why Women Kill, Minari e, perchè no, WandaVision), sta assumendo sempre più importanza come riflesso di una società chiaramente non ideale come si voleva far credere e la Weisman lo sa.
Partendo da questo presupposto, la sinossi relativamente semplice della serie funge da MacGuffin per esplorare tutte quelle sfaccettature tra realtà, finzione, falsi sorrisi e depressione che molte casalinghe americane vivevano giorno dopo giorno. Il pilot mostra fin da subito questo contrasto sia grazie ad un’intrigante regia di Craig Gillespie (di recente assurto agli onori della cronaca con Crudelia), sia grazie a dei dialoghi che si fondono in un misto tra subconscio e triste realtà. Magari si potrebbe provare un po’ di confusione ma più si prosegue nella visione e più emerge la personalità della Sheila interpretata magistralmente dalla Byrne.

BIPOLARITÀ O FLUSSO DI COSCIENZA?


Il focus principale di Annie Weisman è chiaramente uno solo: sviscerare il dramma interno e metterlo in netto contrasto con l’apparente perfetta realtà californiana. Ecco allora che nei primi secondi del pilot si parte da uno spoiler del futuro, per l’esattezza nel 1986, con una Sheila apparentemente protagonista di uno show tutto suo come ballerina, per poi ritornare drasticamente nel “passato” del 1981 e mostrare il netto contrasto.
L’approccio è interessante perché delinea fin da subito due versioni di Sheila nettamente diverse tra loro, con la Sheila del 1986 molto più carismatica e confident rispetto alla Sheila del 1981 chiaramente succube di un matrimonio che non la rende felice. L’aerobica non è il tema portante del pilot, anzi, viene affrontato solo leggermente nei minuti finali perché è il mezzo di redenzione che sembra portare la protagonista alla sua evoluzione, praticamente come un escamotage.
Il focus principale per la Weisman è comunque quello di esternare il flusso di coscienza di Sheila che si manifesta con frasi diametralmente opposte nei colloqui col marito (che palesemente non la rispetta) e con un’abbuffata di hamburger e patatine quotidiana nella solitudine di un motel. Lì dove nessuno può giudicare l’esternazione di uno squilibrio comportamentale chiaramente dettato da un’insoddisfazione generale della propria vita esemplificata divinamente dalla voce interna di una Sheila che sembra arrivare direttamente dal 1986.

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • Rose Byrne in splendida forma
  • La voce narrante (e “bipolare”) della protagonista è il tocco in più che smarca la serie dalle altre
  • Gli anni ’80 ricoprono un ruolo cruciale nella serie
  • Regia di Craig Gillespie molto interessante
  • Spoiler iniziale dal futuro 
  • Potrebbe esserci un generale senso di confusione derivante dalla mancanza di razionalità che si fa fatica a comprendere, ma è anche parte integrante della serie

 

La penna di Annie Weisman e la regia di Craig Gillespie formano un’accoppiata vincente a cui va messa sopra un’ottima performance recitativa di Rose Byrne, in pieno spolvero in un ruolo che può sembrare facile ma non lo è. Physical è una piacevolissima sorpresa che va ad arricchire il catalogo di Apple TV+ e che promette di evolversi in maniera istrionica.

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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.

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