È tempo di tirare le somme e dolorosamente, ma non proprio sorprendentemente, bisogna ammettere che Tales Of The Walking Dead è un completo fallimento. Sei episodi concepiti per essere un qualcosa di differente dal brodo riciclato e riscaldato sotto tutte le forme e salse da AMC con il franchise The Walking Dead, sei episodi per provare a fare la differenza, sei episodi per domarli, trovarli, ghermirli e nel buio incatenarli per dare un senso al lavoro di una persona che, di fatto, è riuscita ad affondare l’intero franchise con il benestare dello stesso network che l’ha scelto come Chief Creative Officer e gli rinnova quotidianamente la fiducia: Scott M. Gimple.
Arrivato come terzo showrunner nella serie madre, all’inizio sembrava essere in grado di ridare lustro a The Walking Dead salvo poi dimostrare subito dopo, puntata dopo puntata e stagione dopo stagione, una corposa superficialità nella scrittura fatta di frasi fatte, discorsi filosofici qualunquisti, una costante riproposizioni di situazioni già viste il tutto farcito da attori di seconda, terza e quarta categoria che non farebbero bella figura nemmeno in una fiction di Canale 5.
Eppure, nonostante i fallimenti collezionati negli anni, bisogna ripeterlo, Tales Of The Walking Dead poteva rappresentare una piacevole sorpresa nel franchise di cui Gimple è il demiurgo ma in cui, e va sottolineato, non firma una sceneggiatura da anni (l’ultima risale al season finale dell’ottava stagione di The Walking Dead) e, semplicemente, dà ordini dall’alto del suo trono continuando a creare porcherie. Perché questo è quello che è Tales Of The Walking Dead: una porcheria.
L’ENNESIMA OCCASIONE SPRECATA
“La Doña” è l’ennesima conferma che era lecito avere qualche speranza ma purtroppo la penna è finita nelle mani sbagliate ed il risultato alla fine è l’ennesima accozzaglia di cose con l’unico pregio di discostarsi leggermente dal solito modus operandi, sfociando più nell’horror delle case maledette tra fantasmi e streghe, piuttosto che nel classico ambiente fatto di non morti.
Le premesse per fare qualcosa di leggermente diverso dal solito c’erano e si vede fin da subito che l’obiettivo non è andare a trattare di un mondo governato dagli zombie, eppure dopo un intro tutto sommato onesto, cominciano a sorgere i soliti problemi sia a livello di sceneggiatura che recitativo.
Come già scritto sopra, Gimple non si sporca le mani con delle sceneggiature che possano marchiargli ancora più a fuoco il curriculum e quindi manda allo sbaraglio sceneggiatori su sceneggiatori, in questo caso la carne da macello ha il nome e cognome di Lindsey Villarreal, giustamente non nota a nessuno. Dal punto di vista recitativo i due protagonisti, Daniella Pineda come Idalia e Danny Ramirez come Eric, non brillano sotto alcun punto di vista ma Ramirez, tra le altre cose già visto in The Falcon And The Winter Soldier, riesce a toccare un nervo scoperto che difficilmente poteva risultare peggiore.
In un mix di machismo, personaggi che si evitano, visioni che si susseguono ed un finale che avrebbe potuto svolgersi anche dopo 10 minuti di visione, la sensazione di aver perso altri 40 minuti abbondanti di vita c’è ed è supportata da una puntata che dovrebbe far riflettere i vertici di AMC circa il tipo di investimento e di fiducia riposto fin qua. Perché chiaramente si può fare di meglio.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Pur non essendo l’episodio peggiore di questo discutibilissimo spin-off antologico e pur constatando un paio di qualità, alla fine Gimple ed i suoi schiavi riescono a fallire anche questo sesto tentativo che ci si augura sia anche l’ultimo.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.