La corsa alle produzioni originali non accenna a fermarsi in casa Apple TV+ e prende sempre più il largo. La piattaforma streaming si sta infatti stabilizzando nel nuovo mercato grazie a prodotti di qualità e ad una scelta di cast generalmente di ampio valore.
Una nicchia ben diversa quella scelta da Apple che si differenzia dai generi più commercializzati di alcuni suoi concorrenti (Netflix) preferendo prodotti più accurati. E non a caso è stata proprio Apple TV+ ad aggiudicarsi anzitempo i diritti per la distribuzione streaming di CODA, fresco vincitore come miglior film degli Oscar 2022.
E nella categoria delle ultime uscite da tenere d’occhio di Apple TV+ arriva anche Slow Horses. Spy thriller basato sull’omonimo romanzo del 2010 di Mick Herron, la serie è stata concepita per la durata di due stagioni totali, ognuna composta da sei episodi, di cui l’attuale basata sul suddetto primo romanzo, mentre la seconda sul sequel di Herron del 2013, intitolato Dead Lions.
UN CAST D’ECCEZIONE
Come già accennato ad inizio recensione, uno degli aspetti più significativi dei prodotti Apple TV+ è sicuramente la scelta mirata del cast. Anche grazie al genere più ricercato delle sue serie, gli attori protagonisti risultano spesso grandi star che scelgono Apple per il loro passaggio sul piccolo schermo. Sono tanti, infatti, i volti noti che si stanno susseguendo su questa piattaforma streaming: dal trio Jennifer Aniston, Reese Witherspoon, Steve Carell (The Morning Show), ad Octavia Spencer e Aaron Paul (Truth Be Told), fino a Paul Rudd a Will Ferrell (The Shrink Next Door). Non sfigurano neanche i cast delle nuove serie attualmente in onda: da Severance con Adam Scott, a Suspicion con Uma Thurman, fino a The Last Days Of Ptolemy Grey con protagonista Samuel L. Jackson e WeCrashed con Jared Leto e Anne Hathaway. E questo solo per fare alcuni esempi e ne abbiamo parlato anche nel podcast.
Attori e attrici che si differenziano tra alcuni ormai esperti di serie tv ed altri che si cimentano per la prima volta. Tra questi ultimi, dopo la recente “iniziazione” di Samuel L. Jackson, arriva il turno di un altro attore di alto calibro: Gary Oldman che con Slow Horses si ritrova per la prima volta protagonista di una serie tv.
Per l’occasione, il ruolo dell’attore premio Oscar del 2017 è quello dell’agente Jackson Lamb, capo della Slough House, un ufficio degradato e apparentemente inutile dove vengono mandati gli agenti del MI5 caduti in disgrazia a causa di missioni fallite. E Gary Oldman si cala sin da subito perfettamente nella parte, attraverso sia una riuscita trasformazione fisica che una perfetta performance caratteriale dove spicca il ruolo di trasandato agente lontano dai fasti di una carriera ormai andata.
Ma Gary Oldman non è il solo nome di spicco di Slow Horses: tra gli altri protagonisti emergono l’attore Jack Lowden, Olivia Cooke e soprattutto Jonathan Pryce e Kristin Scott Thomas (con quest’ultima già in simbiosi con Oldman dopo aver recitato insieme in Darkest Hour).
UNA SQUADRA DI FALLITI
River: “All right, so what do we do then?”
Lamb: “What we always do here. Absolutely nothing.”
Sulla carta, Slow Horses può apparire come qualcosa di già visto, facilmente associabile a qualsiasi altra serie di spionaggio tipica inglese. E infatti gli elementi di base sono essenzialmente quelli: servizi segreti inglesi, imbrogli politici, attentati da sventare, estremisti da fermare. Fatti e situazioni spesso protagoniste di serie del genere e negli ultimi anni anche incoraggiati dalla realtà. Tuttavia, più che la sostanza, a colpire in Slow Horses è la forma. La sceneggiatura di Will Smith (il comico inglese già co-produttore di Veep, non l’attore recentemente bannato da mezzo mondo dello spettacolo), riesce a creare un mix perfetto nell’unire ad una storia basica un contorno intrigante al punto giusto.
Tra i fattori più che riusciti di Slow Horses vi è soprattutto la caratterizzazione dei personaggi: un gruppo di agenti caduti in disgrazia a causa di errori commessi in servizio, che gli è valso l’esilio nel più remoto degli uffici dell’MI5. Agenti, però, non presentati come incompetenti, bensì con ancora molto da dire e che riescono a catturare l’attenzione sin dai primi minuti portando lo spettatore a coinvolgersi maggiormente nell’intera trama. Il tutto a partire, come detto, dalla grande performance di Gary Oldman che, tra ironia pungente e un approccio alla vita ormai esasperato, presenta un character stranamente incline a catturare l’attenzione. E se anche il resto del cast non è da meno, con la figura dell’agente Diana Taverner a creare la giusta controparte, anche il personaggio di River Cartwright è piuttosto riuscito, il più dinamico del team ed elemento fondamentale per smuovere l’intero assetto della Slough House.
Un gruppo di personaggi che funzionano, quindi, unito ad una storia che, seppur non innovativa, viene ben costruita durante il pilot, ponendo delle buone basi per dare adito ad un caso che per i prossimi episodi sembra già promettente.
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Una sufficienza più che abbondante per il pilot di Slow Horses che si presenta con un bel mix di elementi che colpiscono al punto giusto ottenendo l’effetto sperato: convincere nel continuare la visione.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.