The Crown 6×03 – Dis-Moi-OuiTEMPO DI LETTURA 3 min

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the Crown 6x03 Dis-Moi-OuiDopo la cold open del primo episodio, si arriva al momento clou di questa prima parte della stagione finale di The Crown: l’incidente stradale dove Lady Diana perde la vita insieme a Dodi Al Fayed e al loro autista, schiantandosi sotto il ponte dell’Alma a Parigi.

FARE UNA SCELTA


L’episodio si focalizza sostanzialmente sull’ultimo giorno di vita di Diana e la strada per raccontarlo è quella che esplora il concetto di scelta, non solo dei personaggi coinvolti ma anche dall’autore stesso della serie, Peter Morgan.
È complicato scegliere come raccontare la morte di uno dei personaggi più importanti del secolo scorso. Ci si può schierare completamente da una parte, magari dando spazio alle varie teorie complottistiche tirate fuori per giustificare una morte così tragica nella sua banalità. Oppure trattarla come solo un evento emotivo andando a raccogliere quell’empatia del pubblico così facile in queste narrazioni.
Morgan si prende lo spazio di un episodio per raccontare chi fossero in quel momento Diana e Dodi, lontano dalle aspettative che ognuno aveva su di loro e tralasciando quella componente romantica, appiccicata dalla stampa, in favore di una sessione di terapia collettiva, molto al passo coi tempi.

AMICI


Quello che si vuole far emergere è quanto quel rapporto, appena nato, fosse basato su due personalità in cerca di un equilibrio, lontano dalle aspettative degli altri (nel caso di Diana, del mondo intero).
Diana, per esempio, viene raccontata come una donna alla costante ricerca di un focus su se stessa, spesso confuso cercandolo in un uomo che possa accompagnarla lungo il percorso. Quindi non realmente innamorata di Dodi ma di un’idea di vita che non poteva permettersi al tempo, immersa in un mondo folle, alimentato anche da lei stessa.
Dodi, per contro, non mostra mai un sentimento vero ma mediato da quello che dovrebbe fare per essere felice, la cosa giusta al momento giusto. Questo in aggiunta alle aspettative di un padre ingombrante e richiedente.
Narrativamente parlando, la tensione e la risoluzione successiva che accompagna la telefonata tra padre e figlio, rivela come la scelta necessaria per vivere in linea con la propria esistenza non è assolutamente perseguibile in quel mondo, se non attraverso un percorso lungo e tortuoso.
Al di là del bacio tra i due, sarà la stretta di mano a segnare cosa rappresenta il loro rapporto: fondamentalmente un rapporto di amicizia per come può essere inteso in un mondo dove si perde totalmente il controllo al di fuori delle quattro mura che li circondano. Dove si rischia tutto, persino la vita.

LA VERITÀ


Non si saprà mai la verità su cosa provassero queste due persone poco prima di perdere la vita. Soprattutto cosa ha portato alla loro morte. La scelta narrativa sembra quella di un certo grado di ineluttabilità. Non c’era spazio in questo mondo. Da vivi, almeno.
Per chi scrive, ricordare quel periodo, relativamente molto vicino nel tempo, è complicato. Qualsiasi chiave gli si applichi sarebbe limitante. Per questo la scelta di Morgan risulta efficace perché tenta di parlare a tutti, chiedendo di riflettere su cosa muove ogni essere umano nelle proprie azioni, lasciando lo spettatore quindi perso nelle grandi questioni esistenziali (diverse per ognuno) e, in sostanza, privandolo degli aspetti più triviali legati al puro pettegolezzo. Scelta coraggiosa, aiutata da un recitazione sempre di alto livello dei due attori protagonisti dell’episodio (Elizabeth Debicki e Khalid Abdalla).

 

THUMBS UP THUMBS DOWN
  • I confronti tra Diana e Dodi
  • Le interferenze esterne, terzo protagonista dell’episodio, sempre più asfissianti
  • Niente da segnalare

 

Episodio inevitabilmente coinvolgente e importante nell’economia della serie che denota come la mano ferma di un autore può sempre regalare punti di vista interessanti anche su storie sovraesposte come la morte di Diana.

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Dopo miliardi di ore passate a vedere cartoni giapponesi e altra robaccia pop anni ’80 americana, la folgorazione arriva con la visione di Twin Peaks. Da allora nulla è stato più lo stesso. La serialità è entrata nella sua vita e, complici anche i supereroi con le loro trame infinite, ora vive solo per assecondare le sue droghe. Per compensare prova a fare l’ingegnere ma è evidentemente un'illusione. Sogna un giorno di produrre, o magari scrivere, qualche serie, per qualche disperata tv via cavo o canale streaming. Segue qualsiasi cosa scriva Sorkin o Kelley ma, per non essere troppo snob, non si nega qualche guilty pleasure ogni tanto.

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