Un secondo episodio ricco di avvenimenti che conferma un inizio di buon livello per questa quinta (e penultima) stagione che, dopo la season premiere, non perde tempo ed entra subito nel vivo della storia ripartendo da una faida che non si è mai sopita: la guerra totale tra Serena e June è ufficialmente iniziata.
Si perché tale scontro tra i due character, resi molto più simili di quanto pensino dall’odio su cui si basa Gilead, è all’ennesimo capitolo.
SERENA VS. JUNE. DI NUOVO.
Se da una parte è innegabile il fascino che può avere sugli spettatori una guerra totale tra le due, dall’altra sicuramente si è di fronte ad un espediente narrativo molto abusato, per usare un eufemismo.
É sicuramente bella la contrapposizione tra la vita delle due protagoniste, con la signora Waterford che torna a casa nella sua nazione e subito conquista la ribalta, mentre June prova, con risultati altalenanti, a vivere una vita normale, mentre continua a essere letteralmente sull’orlo di una crisi di nervi. Crisi resa magistralmente dall’interpretazione di Elisabeth Moss.
L’apice di tale contrasto visivo si ha nella parte finale della puntata, la migliore di questi 60 minuti, dove alla mestizia del funerale si alternano la gioia e la musica del balletto che invece trasmettono la voglia di vivere, in un’evidente contrapposizione tra la vita e la morte.
La colonna sonora, unita alla fotografia, confermano ancora una volta l’eccellenza del comparto tecnico di questo prodotto televisivo. La resa scenica della serie è veramente notevole, specialmente nelle scene ambientate a Gilead, caratterizzate da una fotografia fredda che si contrappone allo sfarzo del funerale di Stato di Fred dove, con la presenza di Hannah, Serena sfida apertamente June.
In ultimo, resta da capire se Esther, sempre che non sia morta, possa avere un ruolo in questo scontro, considerata la sua presenza a Gilead e la stima verso June, suo modello ideale.
UNA SERIE ATTUALE COME NON MAI
A volte la società teocratica di Gilead sembra lontana anni luce dal nostro mondo, ma basterebbe approfondire le politiche sui diritti civili di Stati europei come Ungheria e Polonia per capire che, con i dovuti paragoni ovviamente, non è così. La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti riguardante il diritto all‘aborto, non più garantito dalla Costituzione, emessa il 24 Giugno 2022, non 50 anni fa, ne è un’ulteriore dimostrazione.
Senza aprire il capitolo sulla mascolinità tossica presente nella nostra società e i numerosissimi, purtroppo anche in Italia, casi di femminicidio, argomenti per i quali non basterebbe una tesi di dottorato, si capisce subito che serie come The Handmaid’s Tale non sono solo importanti, ma anche necessarie.
Una volta ribadita l’importanza valoriale e pedagogica dello show, è bene però sottolineare anche che sei stagioni (la serie è stata appena rinnovata e confermato anche lo spin-off su “The Testaments”) sono veramente troppe per una narrazione che, in buona parte, riprende il romanzo di Margaret Atwood composto da circa 400 pagine a seconda delle edizioni. E i tanti alti e bassi della stagioni precedenti ne sono la prova lampante.
THUMBS UP | THUMBS DOWN |
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Un ottimo episodio per la serie di casa Hulu che, nemmeno a dirlo, si contraddistingue ancora una volta per il lato tecnico e le splendide interpretazioni della Moss e della Strahovski. Lo show è partito molto forte e promette una guerra totale tra le due carismatiche protagoniste, sperando però che vengano approfonditi a dovere anche altri aspetti della storia. Dopotutto, con tale contesto socio-politico gli spunti sono innumerevoli e sarebbe un peccato non sfruttarli.
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Venera due antiche divinità: Sergio Leone e Gian Maria Volontè.
Lostiano intransigente, zerocalcariano, il suo spirito guida è un mix tra Alessandro Barbero e Franco Battiato.