Con “Gold Summit” HBO regala un episodio che segna un punto di svolta nella serie, consolidando l’ascesa di Oswald Cobblepot come figura centrale del crimine a Gotham City e fornendo, forse per la prima volta nella serie, un antipasto di quello che dovrebbe essere il Pinguino.
L’episodio riesce a combinare momenti di forte tensione, introspezione e sviluppo dei personaggi, portando avanti la trama principale (anche se non tantissimo) e aggiungendo profondità alle dinamiche interpersonali.
Il salto temporale, mai esplicitamente quantificato, fa immediatamente percepire allo spettatore un cambiamento radicale rispetto all’episodio precedente: se il quinto episodio si concludeva con Oz e Vic intenti a esplorare una metropolitana abbandonata per avviare la distribuzione della nuova droga Bliss, “Gold Summit” proietta lo spettatore in una realtà completamente trasformata visto che la metropolitana è ora il cuore pulsante di un impero criminale in piena espansione, popolata da un esercito di individui che lavorano per Oz come delle brave formiche operaie (della droga). Questo salto narrativo è tanto efficace quanto necessario per trasmettere la rapidità con cui Oz ha saputo capitalizzare il vuoto di potere lasciato dalla caduta dei Falcone e dei Maroni.
L’EVOLUZIONE CRIMINALE DI VIC E OZ
La puntata esplora con precisione chirurgica il modo in cui Oz cerca di consolidare il suo dominio, specialmente grazie ai discorsi motivazionali che tiene alle sue “formiche della droga” che sono un perfetto esempio di come il personaggio utilizzi carisma e astuzia per guadagnarsi la fedeltà di chi lo circonda.
Colin Farrell continua a eccellere nel ruolo, dando vita a un Oswald che alterna fascino manipolativo a una vulnerabilità che lo rende incredibilmente umano. È chiaro che la serie sta lavorando per mostrare non solo l’ascesa di un criminale, ma anche la costruzione di una figura complessa, un antieroe che cattura l’attenzione e l’empatia dello spettatore.
Tuttavia, il cuore pulsante dell’episodio è rappresentato dalla crescita di Vic nel ruolo di braccio destro di Oz. Il ragazzo, che già nella terza puntata aveva mostrato segni di lealtà crescente verso Oz, compie qui il suo passo più significativo verso una vita criminale. Il confronto con Squid, uno spacciatore insolente e potenzialmente pericoloso per l’operazione di Oz, culmina nel primo omicidio di Vic, un omicidio che arriva come unica scelta plausibile per un Vic che è decisamente più maturo rispetto allo stesso Vic che veniva bullizzato dallo stesso in passato. La scena è gestita con grande tensione e mostra chiaramente il conflitto interiore del personaggio che alla fine sceglie di proteggere il suo capo a discapito di qualsiasi residuo di innocenza.
Questo momento segna un punto di non ritorno per Vic, rendendolo non solo un alleato più stretto di Oz, ma anche un riflesso delle conseguenze del mondo in cui entrambi si muovono.
CIAO EVE, MI CHIAMO SOFIA
Parallelamente, la trama di Sofia Falcone continua a svilupparsi in maniera intrigante visto che continua a non muoversi come una villain standard. Nella sua continua ricerca di Oz alla fine arriva ad un confronto con Eve e questo dialogo tra le due donne è uno dei momenti più memorabili della puntata.
Nick Towne, sceneggiatore dell’episodio, riesce a costruire un’interazione onesta e profonda, in cui Sofia ed Eve trovano un terreno comune e un rispetto reciproco che aggiunge complessità a entrambe le figure (ma specialmente a quest’ultima perché Sofia ha già ricevuto moltissimo approfondimento). Questo momento non solo arricchisce la caratterizzazione delle due donne, ma rappresenta anche un raro esempio di come una serie crime possa esplorare relazioni interpersonali con una tale delicatezza e profondità, specialmente se si pensa al modo in cui Eve tratta The Hangman Sofia, quasi completamente senza timore reverenziale nonostante la reputazione e la pistola sempre ben in vista.
I PUNTI DEBOLI DEL PINGUINO
Se ci sono lamentele da fare a “Gold Summit”, queste sono legate sia al ritmo in alcuni momenti specifici (vedasi tra Oz e sua madre) sia alle scelte di scrittura forzate (alcuni personaggi muoiono ma altri sopravvivono perché è giusto così).
Quando Sofia entra nella casa dove si trovano sua madre Frances e Vic, impegnati a ballare, la tensione è palpabile e la scena si chiude lasciando lo spettatore con più domande che risposte ma è palese che né Vic né Frances vengano uccisi in quel momento e la decisione di Sofia di risparmiarli (soprattutto di risparmiare Vic) appare leggermente incoerente rispetto alla spietatezza mostrata finora. Questa scelta è giustificata dalla volontà di Sofia di infliggere una vendetta più elaborata e dolorosa e ha senso per Frances ma non ha senso per Vic che è semplicemente un ragazzino che deve rimanere in vita solo perché nella stanza degli sceneggiatori hanno deciso così.
E sempre parlando di Frances, le dinamiche tra lei e Oz, pur rilevanti per il sottotesto emotivo della serie, a tratti rallentano l’episodio, spezzando una tensione che altrimenti sarebbe stata costantemente alta. È chiaro che la relazione tra i due ha un ruolo cruciale nella definizione del personaggio di Oz, ma alcune scene sembrano eccessivamente prolisse e rischiano di appesantire la narrazione.
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“Gold Summit” è una puntata eccellente che dimostra come The Penguin stia trovando la sua identità, bilanciando momenti di violenza brutale con introspezione e costruzione dei personaggi (le scene tra Eve e Sofia ne sono l’emblema). L’episodio non solo porta avanti la trama principale, ma offre anche alcuni dei momenti più intensi e memorabili della stagione finora. Se la serie riuscirà a mantenere questo livello di qualità nei prossimi episodi, potrà confermarsi come una delle migliori del 2024.
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Fondatore di Recenserie sin dalla sua fondazione, si dice che la sua età sia compresa tra i 29 ed i 39 anni. È una figura losca che va in giro con la maschera dei Bloody Beetroots, non crede nella democrazia, odia Instagram, non tollera le virgole fuori posto e adora il prosciutto crudo ed il grana. Spesso vomita quando è ubriaco.