HBO, Kate Winslet, political satire. Sulla carta, The Regime aveva tutti gli elementi per presentare l’ennesimo buon prodotto del network americano.
Dopo due episodi, però, il risultato non sembra virare in una buona direzione. Con già il pilot che non aveva pienamente convinto, “The Foundling” ripropone una storia artefatta che viene meno al senso stesso che si voleva ottenere.
A portare avanti il peso dell’intera serie ci pensa una Kate Winslet in panni decisamente insoliti, ma che non risultano forzati. Infatti, laddove la storia appare esagerata nella sua rappresentazione, l’interpretazione della Winslet risulta invece perfettamente amalgamata al contesto.
TRA DITTATURA E PARANOIA
Come detto, sulla carta gli elementi di The Regime appaiono ben predisposti per creare un prodotto apprezzabile. Il genere political satire è sicuramente il più adatto per creare storie che tra una risata e l’altra lasciano dietro di sé un amaro messaggio attraverso un’ironica trasposizione.
Il ruolo cucito addosso a Kate Winslet risulta genuino per ricreare tali stilemi, con il personaggio della Cancelliera Elena Vernham prototipo di alcune figure dittatoriali guidate da manie di grandezza o disturbi paranoici. La protagonista, dunque, funziona in tutto il suo squilibrio mentale che, di episodio in episodio, la sta portando anche ad assumere più consapevolezza del suo potere.
A fare da contraltare alla Cancelliera, c’è un altrettanto buon Matthias Schoenaerts con il suo sconnesso personaggio. Herbert Zubak si presenta a metà tra psicolabile e burattinaio, con forse un piano più grande da mettere in atto. Tuttavia, per quanto i due personaggi presi singolarmente riescano a presentarsi in maniera effettiva, a venir meno è l’effetto congiunto. Seppur il lavoro di Zubak sta funzionando sulla mente soggiogata della Vernham, le loro scene non riescono a creare una solida base di affiatamento narrativo, risultando spesso artificiose ed esagerate.
SATIRA FORZATA
Satira /sà·ti·ra/: 1. composizione poetica a carattere moralistico o comico, che evidenzia e mette in ridicolo passioni, modi di vita e atteggiamenti comuni a tutta l’umanità, o caratteristici di una categoria di persone o anche di un solo individuo, che contrastano o discordano dalla morale comune (e sono perciò considerati vizî o difetti). 2. Critica più o meno mordace (dal sarcasmo alla caricatura) verso aspetti o personaggi tipici della vita contemporanea. La satira mira a far ridere criticando i personaggi e deridendoli in argomenti politici, sociali e morali.
Ma a non convincere realmente in The Regime è sicuramente la parte dedicata ad una non pervenuta satira politica. Da un certo punto di vista, gli elementi per identificare alcune situazioni di critica non mancano e la sempre perfetta regia svolge un ottimo lavoro nel metterli in risalto. Salta subito all’occhio un contorno ibrido dove ad un’atmosfera da The Crown si contrappongono scelte di abiti molto più vicine a The Handmaid’s Tale.
I riferimenti a uno stile dittatoriale in cui l’intero Stato (e i collaboratori più stretti) sono soggetti al carattere lunatico del capo di turno ci sono tutti, così come non passa inosservata la situazione venutasi a creare tra lo Stato della Cancelliera e il suo scontro con l’America. Tutti elementi che portano chiaramente ad un messaggio ben definito di critica politica, peccato che in tutto questo manchi l’effetto satira.
Nei primi due episodi di The Regime gli elementi per un’amara risata non sono pervenuti. Tutto ciò che accade nella storia appare confusionario e senza un focus ben stabilito, con le problematiche che mutano velocemente passando da situazioni più reali ad altre totalmente irrealistiche ed esagitate. Situazioni che nella loro assurdità non portano ad alcun tipo di critica sociale, tanto meno ad una satira non pervenuta sia nelle battute che nei fatti.
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Una serie confusa che prova ad abbaiare ma non riesce a farlo, tanto meno a mordere.
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Nata con la passione per telefilm e libri, cresciuta con quella per la scrittura. Unirle è sembrata la cosa più naturale. Allegra e socievole finché non trova qualcosa fuori posto, il disordine non è infatti contemplato.
Tra una mania e l'altra, si fa carico di un'estenuante sensibilità che la porta a tifare per lo sfigato di turno tra i personaggi cui si appassiona: per dirla alla Tyrion Lannister, ha un debole per “cripples, bastards and broken things”.